Più passa il tempo e più diventa probabile che ci siano altre forme di vita nell'Universo. La domanda del nuovo anno appena iniziato è: come possiamo comunicare con gli extraterrestri quando facciamo così tanta fatica a intenderci tra noi?
Annata traboccante di sorprese, il 2024 si è chiuso con una pretesa invasione di oggetti volanti di grandi dimensioni, avvistati a migliaia nei cieli degli Stati Uniti. Nel resto del mondo se ne è parlato poco, ma lì è suonato l’allarme; alle precedenti accuse alla Cina se ne sono aggiunte di nuove all’Iran, con le televisioni affollate da gente che gridava: “Il governo non riesce a dirci cosa diavolo svolazza sulle nostre teste!”. L’FBI e il portavoce per la sicurezza nazionale non hanno fornito spiegazioni convincenti, anzi hanno aggravato vecchie illazioni. Donald Trump non ha spento i timori popolari, anzi ha soffiato sul fuoco, twittando: “Misteriosi droni sono avvistati dovunque. Non penso che possa accadere senza che il governo ne sia a conoscenza. Chiarite ora. Altrimenti abbatteteli”.
La paura di un attacco militare ha esacerbato il sentimento di vulnerabilità: quale sicurezza c’è, se i cieli sono impunemente navigati da oggetti sconosciuti? E se portassero armi chimiche, nucleari o batteriologiche? Molti si dicono sicuri che si tratta di alieni, con un dubbio soltanto: che siano di arrivo o di partenza (in questa versione, gli alieni starebbero scappando: la nave terra affonda e gli alieni, mica scemi, si spostano verso mete meno incasinate).
Si è osservato che “Siamo soli?” è una delle tre cervellotiche domande che hanno tormentato gli esseri umani fin dai tempi delle caverne, nelle pause accademiche intorno ai primi falò. Le altre due sono “Che succede dopo la morte?” e “C’è un Dio, giudice e creatore?”. La meditazione sugli extraterrestri si confonde con il timore del diavolo e del Padreterno, in scomoda attesa del castigo e dell’aldilà; è, fin da Omero e Virgilio, una costante dell’immaginario occidentale.
L’ufologia non è una variante terra terra della teologia, ma una scienza, spiegò J. A. Hynek, nel 1972. La visione benevola del firmamento culminò nel film Incontri ravvicinati del terzo tipo, del 1977, che diede agli extraterrestri raffigurazioni antropomorfe e casalinghe – all’altro estremo c’è la stupefacente genialità immaginativa di Solaris, Солярис, nel 1972, di Andrej Tarkovskij, uno dei capolavori nella storia del cinema. Аėlita, Аэлита, di Aleksandrovič Protazanov era stato nel 1924 un colossale precursore.
Hollywood ha raffigurato il tema dell’insicurezza dei cieli con un illuminante capostipite, nel 1956, Invasion of the Body Snatchers (letteralmente, l’invasione degli scippatori di corpi), che ha avuto un’infinità di variazioni e riproposizioni, soprattutto Alien, che nel 1979 codifica il topos: gli xenomorfi si impadroniscono dei corpi umani, assumendone l’apparenza fisica – credi di stare parlando con tua zia e invece è un immondo alieno. Si è impossessato di lei e delle sue sembianze. Non ti puoi più fidare di nessuno. Roba da esorcista.
Soltanto un passo separa l’idea che gli alieni possono vivere camuffati intorno a noi, dall’idea che siano dentro di noi. Qualche sospetto serpeggiava da tempo. L’idea che il colpevole siamo noi è antichissima, giganteggia nell’Edipo re di Sofocle e arriva a quella striscia di Pogo che è entrata nella leggenda: We have met the enemy, and he is us.
Riconoscere che, in un certo senso, il nemico è dentro di noi e che i primi malintenzionati siamo noi, potrebbe portare a riscoprire forme oggi impensabili di collaborazione tra nemici
Non tutto il male vien per nuocere. Riconoscere che, in un certo senso, il nemico è dentro di noi e che i primi malintenzionati siamo noi, potrebbe portare a riscoprire forme oggi impensabili di collaborazione tra nemici, ma che in maniera altrettanto impensabile sono già avvenute nel passato. Tra gli anni Cinquanta e Ottanta, durante i decenni peggiori della Guerra Fredda, mentre tra americani e sovietici esistevano attrezzi, progetti, minacce reciproche di aggressione e devastazione nucleare, è esistita un’improbabile alleanza tra USA e URSS: radioastronomi dei due Paesi hanno onestamente collaborato nella ricerca sulle civiltà extraterrestri, pur vivendo in un ambiente strategico e comunicativo totalmente e reciprocamente ostile.
L’inconfessabile collaborazione si svolgeva in maniera coperta. Soltanto adesso, a fine 2024, è stata fatta una prima luce su questa vicenda quasi sconosciuta. La cortina di ferro non era poi così sprangata, tanto è vero che su entrambi i lati emerse un campo comune di intesa. Come nella radioastronomia si è intrecciata una complessa e sommersa rete di interessi convergenti, lo stesso è avvenuto in tanti altri settori. Americani e sovietici erano ostili, estranei, alieni gli uni agli altri, ma alcuni capivano il valore di una collaborazione.
Dal paradosso di Fermi ai due assiomi di Liu Cixin, per molti versi gli extraterrestri hanno fatto la loro parte, ricordandoci che siamo davanti alla responsabilità di sopravvivenza dell’unicità dell’avventura umana. Potrebbero essere maligni e perversi, ma c’è già tanto di preoccupante tra noi, senza bisogno che ne piova anche dal cielo. Il virus H5N1 ha compiuto un preoccupante salto di specie, tra i bovini del Texas, senza bisogno che nessuno lo paracadutasse dalle nuvole. Secondo Le Monde, gli Stati Uniti stanno mettendo in pericolo il mondo intero.
La domanda sulla vita negli spazi sconfinati dell’universo alimenta infine una domanda intima e inquietante su noi stessi: come possiamo comunicare con gli extraterrestri quando facciamo così tanta fatica a comunicare, a ragionare, a intenderci tra noi? Molti se lo chiedono. L’ignoto cosmico si rimpicciolisce se mescoliamo il celeste e il terrestre.
Una speranza è ricordare che esiste in noi una fondamentale propensione alla comunicazione, alla connessione, alla socialità. Nella Bibbia, Dio riconosce che l’uomo non può vivere da solo e la naturale socialità umana è magnificamente argomentata sin all’inizio, da Confucio e da Aristotele. Anche senza gli extraterrestri, dobbiamo sperare che da qualche parte, in silenzio, qualcuno stia lavorando ad un 2025 di ritrovata intesa sulla sopravvivenza dell’umanità – non una sopravvivenza agli alieni, ma alle nostre nefaste pulsioni.