Salgono le temperature, aumenta la richiesta d'acqua e al tempo stesso le risorse idriche, in particolare nel Vecchio mondo. La Russia, oltre che di gas e petrolio, è ricca anche di acqua. Ma l'Occidente oggi appare in agonia e teme tutto e il contrario di tutto. Ecco perché può andare sottacqua e può contemporaneamente soffrire la sete...
Man mano che le temperature globali aumentano diminuiscono drammaticamente le risorse idriche. Più di 2 miliardi di persone non hanno acqua potabile
I cambiamenti climatici hanno conseguenze in termini di siccità. Le temperature aumentano e aumentano le richieste di acqua potabile, che invece diminuisce: in sempre maggiore quantità evapora prima di arrivare sul terreno. Si innalzano i mari e diminuiscono le risorse idriche.
È in corso una desertificazione di vaste aree della Grecia, dell’Italia, della Spagna. Nella culla dell’Occidente, nelle isole del Mare Egeo, sono all’opera 57 dissalatori, particolarmente energivori. Il problema non riguarda soltanto il Mediterraneo. Ad esempio, secondo un recentissimo rapporto dell’U.S. Geological Survey, l’approvvigionamento di acqua pulita è a rischio in vaste aree di Long Island. Decenni di sciupio di acqua dolce (inclusi idromassaggi e piscine) hanno favorito l’infiltrazione di acqua salata nelle falde sotterranee. Il problema riguarda posti come Great Neck, Brooklyn, Queens, Nassau County, che sono state location della vecchia, grande America di una volta. Negli Stati Uniti, secondo una ricerca, in quasi la metà delle decine di migliaia di pozzi esaminati in tutto il Paese, la quantità di acqua sotterranea è diminuita notevolmente. I livelli odierni di pompaggio sembrano insostenibili.
Nel 2020, si stimava che più di 2 miliardi di persone non avevano acqua potabile sicura. Oggi sono circa 4,4 miliardi. La contaminazione fecale è il responsabile maggiore. La sete accomuna i climi più aridi del pianeta in un assortimento eterogeneo: coinvolge gli Stati più ricchi, come gli Emirati Arabi Uniti, e i più poveri, come quelli dell’Africa sub-sahariana. A mezzogiorno di luglio, nell’aeroporto di Dubai, secondo una rilevazione ufficiale, la combinazione degli oltre 40 gradi effettivi e dei livelli di umidità all’80 per cento, ha generato una temperatura percepita di 62 gradi.
L’Oriente ha imparato dall’Occidente.
Non vale l’opposto. Parigi ha preso l’acquazzone che Pechino aveva evitato 16 anni fa
Non è che l’acqua stia scomparendo; diventa più anomala, imprevedibile, violenta: tornado, tempeste, grandinate, trombe marine, inondazioni, alluvioni colpiscono in maniera improvvisa e devastante. Gli choc climatici si susseguono sempre più paradossali e frequenti, innescando spirali di carestie e migrazioni. Pur non escludendo un altro diluvio universale, si spendono milioni e milioni nei tentativi di governare il cielo. Con il dinamismo e lo scientismo che caratterizzano il suo straordinario sviluppo, la Cina ha condotto ardite sperimentazioni con il cloud seeding, l’inseminazione delle nuvole; in particolare, nello Xinjiang, si stanno usando positivamente i droni per penetrare nel punto giusto delle nuvole e favorire precipitazioni a comando, in aree mirate. Quella tecnologia che sta cambiando i cieli della guerra può essere utilizzata per migliorare i cieli della pace.
Ancora una volta, una vecchia scoperta occidentale, nata nell’estate del 1946 nei gloriosi laboratori della General Electric, è stata ripresa, rivista, migliorata in Cina. Come insegna il caso (recentemente tornato di attualità) dei Giochi Olimpici del 2008. Una lezione cinese che non è stata studiata a Parigi nel 2024: allora, a Pechino, per garantire una celebrazione senza galosce, impermeabili, ombrelli, comunisti riflessivi decisero di “svuotare” le nuvole prima che scialacquassero su Pechino. Nessun Capo di Stato rimase bagnato fradicio nella cerimonia di inaugurazione. È un esemplare di un ben più ampio campionario: l’Oriente ha imparato dall’Occidente.
Non vale l’opposto.
La Russia non solo ha giacimenti immensi di petrolio e gas ma anche di acqua. Da dove viene la parola “vodka”
In un contesto di urgenze, sperimentazioni, rischi, paure, si dice che una soluzione sarebbe mettere le mani sulle riserve della Russia, padrona non soltanto di giacimenti immensi di petrolio, di gas, di minerali rari e preziosi. Nello sterminato territorio russo, nel Paese più vasto del mondo, è stato detto e ripetuto, c’è tanta acqua dolce da dissetare due pianeti: 120.000 fiumi, più di 2 milioni di laghi, paludi grandi come Italia, Spagna e Francia messe insieme. Lo sfruttamento di queste risorse è una possibilità praticamente realizzabile, attraverso una rete di acquedotti, simile a quella degli idrocarburi. Energia, acqua, minerali: la Russia è una terra dell’abbondanza per un modello di sviluppo sempre più energivoro (come Riccardo Fallico ha sottolineato su Pluralia qui l’articolo). Per saccheggiare la Russia, però, è necessario demolire il suo sistema politico, dunque si è utilizzato ogni mezzo, secondo un’occhiuta strategia che, testimonia Jeffrey Sachs, è all’opera dal 1991.
Non si vive di sola acqua. La vodka è ritenuta un simbolo della Russia, accomunata all’acqua già nella dizione, per la comunanza della radice “vod-”, che designa appunto l’acqua, con in più il suffisso diminutivo e vezzeggiativo “-ka”. La vodka è in Russia una presenza ubiquitaria e una vertigine identitaria, quasi filosofica, come attesta il detto: “Se non bevi e non fumi, creperai in buona salute”. Non è fatalismo, ma per un verso è calcolo di costi e benefici, per un altro verso è specifico compendio del problema ontologico. Lungo le rive dei possenti fiumi siberiani e dentro un’aurora boreale, il senso della vita non è come a Disneyland.
La necessità del consenso, lo scambio tra consumo e consenso, la sovrapposizione di società affluente e società democratica, riportano a galla un dilemma primario, ragionato sin dalla nascita del vocabolario occidentale. Una teoria dice: l’essere non vive per il consumo o per la guerra, non è per servire una cieca volontà di potenza o di annientamento, ma si realizza nel superamento della propria miseria creaturale. La trascendenza può cominciare in questa terra attraverso il lavoro, dunque richiede prudenza, conoscenza e pace. È una teoria tra le tante, incarnata nel “lavoro vivo” del proletariato globale. Tra le alternative, c’è la riduzione dell’umano a supina moltitudine, estenuata nelle stragi e nell’inganno – oltre che in acqua reflua da bere e da godere.
Insomma, il vecchio mondo teme tutto e il contrario di tutto: può andare sottacqua e può contemporaneamente soffrire la sete. Per i pessimisti, l’Occidente è una civiltà in agonia, parola che deriva da agone, combattimento, e che designa l’ultima battaglia, prima dell’inevitabile fine, in un progressivo affievolimento delle funzioni vitali, a cominciare dalla coscienza. A volte un’agonia può durare a lungo – comunque questa non finirà in buona salute.