Bruxelles ha trovato una sorta di escamotage per sequestrare gli interessi appartenenti alla Russia, stimati in 3 miliardi di euro. Mosca ha bollato il piano, annunciato dalla Commissione europea, come “furto e rapina” e ha minacciato ritorsioni, che in realtà possono superare di parecchie volte gli eventuali danni alla Russia.
La trojka, composta della Cina, dell’Arabia Saudita e dall’Indonesia, mette la UE in guardia contro il sequestro dei beni statali russi
L’esperienza della Russia, che ha visto congelare dall’Occidente le proprie attività miliardarie, preoccupa seriamente molti Paesi del mondo. La Cina, l’Arabia Saudita e l’Indonesia hanno inviato una lettera collettiva all’Unione europea per chiedere con insistenza “di non sostenere l’idea di confiscare i beni russi congelati”. I tre Paesi hanno chiesto “privatamente” a Bruxelles di “continuare a resistere alle pressioni degli Stati Uniti e del Regno Unito sulla confisca di 210 miliardi di euro (260 miliardi, secondo Mosca, N.d.R.) di beni statali, tra denaro e titoli della Banca centrale della Russia. Nel loro messaggio i tre Paesi hanno sottolineato che la “confisca costituirà un pericoloso precedente”, che “danneggerà seriamente la reputazione degli istituti finanziari europei” e inevitabilmente “causerà un fuga di capitali senza precedenti dalle banche europee”.
Il messaggio della trojka arabo-asiatica ha fatto seguito all’annuncio, fatto a marzo del 2024, secondo cui la Commissione europea “intende utilizzare gli interessi maturati in due anni sulle finanze russe congelate, per l’acquisto e la successiva fornitura di attrezzature militari all’Ucraina”. A seconda dei tassi di interesse, i ricavi generati dai beni immobilizzati, dovrebbero fruttare circa 3 miliardi di euro nel 2024 che andrebbero a beneficio di Kiev.
Il piano europeo: “non toccare i fondi principali, ma sequestrarne gli interessi”.
Dopo la proposta, avanzata dall’Alto rappresentante della UE, Josep Borrell, di “destinare il 90% di queste entrate alla fornitura di attrezzature militari attraverso il Fondo europeo per la Pace”, anche il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che “è stato raggiunto un accordo tra i leader dell’Unione, che aprirebbe alla possibilità di un utilizzo del denaro russo a favore dell’Ucraina già a partire dal luglio 2024”.
Nel momento in cui Bruxelles sembra arrivare al dunque del suo piano, bollato dal Cremlino come “furo e rapina”, la Cina con gli alleati ha messo in guardia l’Occidente che “rischia di pagare con ritorsioni e perdita di forza finanziaria il ricorso agli asset congelati di Mosca per andare in soccorso del regime di Kiev”. Specie dopo la perdita formale di legittimità come presidente, Zelensky, che a differenza di Vladimir Putin, non ha voluto rischiare e ha annullato le elezioni presidenziali in Ucraina, che erano previste dalla Costituzione per il 31 marzo.
Le leggi europee, britanniche e statunitensi relative alle sanzioni prevedono “solo il congelamento dei beni, ma non la loro confisca”. L’unica eccezione riguarda i beni considerati come “proventi derivati da attività illecite”, ma mancano norme specifiche relative ai “profitti generati dai beni già congelati” e proprio su questo punto “debole” si basa la strategia europea. In parole povere, “non toccare i fondi principali, ma sequestrarne gli interessi”, rappresenterebbe una specie di compromesso trovato dall’Unione europea per evitare il più possibile problemi legali e impiegare parte delle risorse finanziarie della Russia in favore dell’Ucraina.
L’annuncio dell’intesa riguardante il sequestro dei beni di Mosca ha messo in stato di fibrillazione le banche del Vecchio Continente, che temono di subire azioni legali da parte della Russia, qualora dovessero essere costrette a partecipare al trasferimento di denaro russo verso l’Ucraina. Ma c’è chi sostiene che la “longa manus” di Bruxelles possa arrivare addirittura a “sequestrare gli interessi dei beni contenuti nei conti di persone fisiche o di società russe sottoposte a sanzioni europee”.
Nei due anni passati dall’inizio del conflitto in Ucraina, Bruxelles ha iscritto sulle liste “nere” e ha congelato i conti bancari di oltre 2.200 cittadini della Federazione Russa. Allo stesso tempo il Servizio tributario russo ha detto che alla fine dell’anno scorso 539.100 cittadini russi detenevano circa 70 miliardi di euro su 1,82 milioni di conti in banche estere.
La possibile risposta della Russia
Da parte sua la Russia ha minacciato “ritorsioni contro tutte le persone che potrebbero essere coinvolte nell’operazione”, definendola come una violazione del diritto internazionale e ha provveduto nei due anni passati a sequestrare beni di aziende occidentali. Le società, che da una parte sono state messe con le spalle al muro dalle politiche antirusse dell’Occidente e quindi obbligate ad abbandonare i ricchissimi mercati della Russia, dall’altra parte sono state costrette dal Cremlino a svendere le loro attività con enormi sconti.
Come ha dichiarato il 26 febbraio del 2024 in un’intervista all’agenzia stampa “RIA Novosti” il ministro delle Finanze della Russia, Anton Siluanov, “circa il 70% dei 260 miliardi di euro di titoli e contanti della Banca centrale russa, sono congelati nei conti della società belga di servizi finanziari Euroclear, e che nei primi 9 mesi del 2023 hanno maturato gli interessi di circa 3 miliardi di euro”. Secondo il cauto Siluanov, nei due anni passati anche la Russia “ha congelato beni occidentali per una cifra identica”.
In realtà, i beni occidentali congelati dal Cremlino, superano quelli russi di parecchie volte. Lo speaker della Duma di Stato (Camera bassa del Parlamento russo), Vjacheslav Volodin, ha stimato gli investimenti esteri congelati in 500 miliardi di dollari. (464 miliardi di euro circa). Da parte sua la stessa Banca centrale della Russia ha scritto che il “volume complessivo delle attività straniere nell’economia russa è pari a 1.180 miliardi di dollari”, mentre quello degli investimenti diretti esteri (IDE) è stato stimato in 505 miliardi, dei quali gli IDE dell’Unione europea, del G7, dell’Australia e della Svizzera al momento dell’inizio dell’operazione militare speciale della Russia in Ucraina hanno totalizzato i 288 miliardi di dollari (267 euro circa).
“Ciò che veramente preoccupa gli europei, oltre al rischio che le attività europee ancora presenti in Russia subiscano un analogo trattamento, è che la confisca possa pregiudicare l’attrattiva all’estero del sistema dell’euro”, ha scritto Francesco Lenzi sul Fatto Quotidiano. Per molti Paesi del mondo si tratterebbe di una nuova azione illegale dell’Occidente, che potrebbe essere paragonata alle invasioni non autorizzate in Afghanistan, Iraq e Libia.