Un articolo di: Andrea Beltratti

Il secondo mandato presidenziale di Donald Trump potrebbe sconvolgere le economie mondiali: l'importante sarà gestire il cambiamento e non subirlo. I dazi, scorciatoia semplice alla crescita economica, rappresentano un grosso rischio per l'Europa. E non solo.

Nel lungo periodo la pace porterebbe grandi benefici a tutti

Il Presidente eletto Donald Trump ha vinto l’elezione mediante una comunicazione efficace che molti definiscono come “pura retorica”. In realtà Trump ha sfruttato la forza di avere idee chiare su alcuni punti ben definiti. Comunicare poche cose è più facile che descrivere grandi programmi elettorali che mirano ad affrontare in dettaglio molti problemi. Ciò non significa che “sia meglio” avere poche idee ma chiare, in quanto la oggettiva complessità globale di molti problemi rende illusoria l’idea che sia possibile risolverli mediante pochi provvedimenti. Ma poter comunicare qualche idea in modo efficace è di estrema importanza in tutti gli ambiti. Quali sono i punti principali del programma di Donald Trump? Ne considero quattro: guerra militare (Ucraina), guerra economica (dazi), capitale naturale (sostenibilità), cripto-valute (bitcoin).

La guerra militare: si tratta del miglior esempio di retorica, in quanto il futuro Presidente ha affermato che avrebbe risolto il problema della guerra tra Ucraina e Russia “in pochi giorni” (coerentemente, due anni fa aveva affermato che se fosse stato Presidente la guerra non sarebbe mai iniziata). È anche un esempio di come la retorica si trasforma in narrazione, e la narrazione a volte produce risultati come enfatizzato in un recente saggio del premio Nobel Robert Shiller sulla “narrative economics”. Persino il Presidente Zelensky ha recentemente previsto che “la guerra finirà nel 2025” auspicabilmente con una “pace giusta”. Ma sembra davvero difficile da capire come la guerra possa finire in pochi mesi nel modo descritto quando la Russia intensifica le operazioni sul terreno e modifica la sua “dottrina nucleare” nello stesso momento in cui gli Stati Uniti e alcuni paesi europei consentono all’Ucraina di usare le armi in territorio russo. Certamente, la pace potrebbe produrre dividendi economici rilevanti, anche se nel breve periodo meno elevati di quanto sperato da alcuni, tenendo conto della riduzione di domanda aggregata in spese militari. Nel lungo periodo la pace porterebbe grandi benefici a tutti, non tanto dal punto di vista della domanda quanto da quello della allocazione delle risorse, che verrebbero usate per promuovere attività di ricerca e sviluppo invece che per produrre armi che distruggono vite (e riducono ulteriormente il capitale produttivo) e inquinano e rischiano di far tornare alcune grando economie indietro di decenni. Il dividendo della pace sarebbe molto elevato per i paesi europei più sensibili al costo dell’energia, Germania e Italia in testa.

 

La guerra economica: il protezionismo è una tentazione tipica di tutti i regimi che cercano scorciatoie semplici all’obiettivo di crescita economica e ritengono che gli altri paesi possano convincere i consumatori ad acquistare i loro beni e servizi tramite favori fatti alle aziende locali e quindi adottando pratiche scorrette dal punto di vista commerciale. Data la giungla di norme e la molteplicità di accordi bilaterali e multilaterali nel commercio internazionale è ormai difficile dire con certezza quale paese sia il più protezionista. Certo è che la guerra dei dazi può avere un impatto significativo sull’Europa, di nuovo in particolare su Germania e Italia. In questo momento siamo in una fase ancora fluida di dichiarazioni e non è possibile pensare a scenari in maniera fondata. Una ventata di ulteriore protezionismo spezzerebbe le supply chain mondiali e sarebbe certamente inflazionista, con un impatto anche sulla politica monetaria e i tassi di interesse.

Il capitale naturale: il rapporto tra Trump e il capitale naturale (inteso come l’insieme degli esseri viventi e delle risorse) non è mai stato molto intenso. Il futuro Presidente sembra più vicino alla “cowboy economy” (l’economia lineare descritta nei film di Sergio Leone in cui nessuno si preoccupa di rispettare un ambiente con una offerta infinita rispetto alla domanda) che alla “spaceship economy” (l’economia circolare descritta dallo stile di vita di film come 2001 Odissea nello Spazio o The Martian in cui ogni singolo grammo di risorse è essenziale per la sopravvivenza). Questo è probabilmente l’elemento che può avere l’impatto più elevato sull’economia mondiale, che anche senza Trump non sembra essere in grado di coordinarsi per risolvere l’annosa questione della “tragedy of the commons” illustrata da decenni nell’economia ambientale, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico (ricordiamo peraltro che secondo la survey di Yale quasi il 30% degli americano non credono che esista davvero un cambiamento climatico indotto dal nostro stile di vita). L’obiettivo di Parigi di impedire un aumento medio della temperatura superiore di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali è un obiettivo già fallito secondo i dati del 2024. L’implicazione potrebbe essere che nei prossimi anni ci dovremo rassegnare non a prevenire ma ad adattarci al cambiamento climatico, scenario che potrebbe richiedere di spendere una enorme quantità di risorse per investimenti nelle infrastrutture (si pensi solo alla nostra rete ferroviaria e autostradale e alla sua sensibilità agli eventi climatici estremi e all’innalzamento del livello del mare).

 

L’elezione di Donald Trump potrà avere conseguenze importanti sull’economia. Sbagliato essere contro queste possibilità in modo aprioristico

Le cripto-valute: in campo economico vale la pena ricordare ciò che Trump NON ha dichiarato, vale a dire l’intervento sul monopolio delle big tech, in particolare delle “sette magnifiche” che stanno determinando da mesi il forte rialzo della borsa americana nella speranza che l’Intelligenza Artificiale possa aumentare la produttività dell’economia. Ciò dimostra che Trump non ha un programma liberista tipico delle migliori amministrazioni repubblicane, ma un programma protezionista, ben descritto dal desiderio di “rendere di nuovo grande l’America”. Trump si scaglia però contro un altro monopolio: quello della moneta. Il futuro Presidente è un entusiastico sostenitore delle cripto-valute, che negli scritti degli economisti liberali rappresentano l’equivalente moderno del tentativo di liberalizzare l’offerta di moneta tramite il coinvolgimento di imprese private. Non è ancora chiaro quali effetti potrebbe produrre il riconoscimento del valore legale del bitcoin (e di altre cripto-valute) sull’equilibrio economico. Potrebbe essere equivalente a sistemi storicamente verificati, anche se non particolarmente rilevanti dal punto di vista quantitativo, di bimetallismo e di circolazione di monete parallele? Siamo in un terreno sconosciuto e il miglior riferimento è in questo caso l’importante saggio di Hayek, premio Nobel per l’Economia nel 1974, che nel 1978 pubblicò una versione estesa delle sue riflessioni su “denationalisation of money”. Questo cambiamento strutturale, se effettuato, potrebbe essere la più grande eredità di Donald Trump, anche se con conseguenze pratiche ancora imprevedibili.

Conclusioni: la seconda elezione di Donald Trump potrà avere conseguenze importanti sull’economia americana e mondiale. Non dobbiamo essere contro queste possibilità future in modo aprioristico, in quanto il cambiamento è una costante delle nostre vite e dobbiamo gestirlo e indirizzarlo invece di subirlo, scenario che rappresenta il principale rischio per un’Europa concentrata su equilibri politici tra partiti che hanno poche idee originali e spesso confondono, da tutte le parti, la visione di breve periodo e l’ideologia con il pragmatismo. In questo momento più che mai l’Europa deve decidere che cosa fare del proprio futuro. Gli Stati Uniti hanno risolto il problema bellico nel 1945 e si sono impegnati a investire risorse nella ricostruzione di un continente distrutto. È tempo di crescere, notare che siamo confinanti con i grandi Paesi dell’est e che potremo avere grandi difficoltà, anche a causa dei trend demografici, a mantenere il nostro stile di vita nei prossimi decenni.

Economista, Academic Director EMF - Executive Master in Finance

Andrea Beltratti