Intervista al Professor Giulio Sapelli
Nato a Torino nel 1947, laureato in Storia Economica ha conseguito successivamente la specializzazione in Ergonomia. Ha svolto attività di ricerca alla Scuola delle scienze politiche ed economiche di Londra, all’Università di Barcellona ed all’Università di Buenos Aires. È stato direttore di studi alla scuola degli Alti Studi in Scienze Sociali di Parigi. È Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano.
Professore, non trova che l’Europa sia troppo timida nel verificare la consistenza dell’iniziativa di pace del presidente cinese Xi Jinping?
L’iniziativa di pace di Xi Jinping vuole soprattutto rafforzare la potenza dell’imperialismo cinese, non certo realizzare la pace in Ucraina. Naturalmente i cinesi sono molto preoccupati per la continuazione della guerra perché la destabilizzazione non favorisce la situazione cinese, che poi è molto grave da un punto di vista economico interno. Questo però non vuol dire che le intenzioni di Xi Jinping siano di una campagna di pace, è un’iniziativa innanzitutto propagandistica.
In questo contesto la Cina può avere un ruolo nella fine della guerra?
Può avere forse un ruolo nella pressione sulla Russia per il cessate il fuoco, perché non è interesse della Cina avere la continuità delle sanzioni americane contro la Russia che danneggiano non solo l’Europa e in primis la Germania, ma di riflesso anche la Cina. Gli americani vogliono indebolire l’asse teutonico russo-cinese.
Vede degli spiragli di pace al momento?
Al momento non vedo neanche uno spiraglio per il cessate il fuoco, però vedo che i sottili fili di una relazione diplomatica si stanno lentamente ricucendo. Anche i contatti di Blinken e alcuni emissari russi sono tutte cose che circolano negli ambienti diplomatici. Ci sono una serie di contatti che mi fanno ben sperare per un cessate il fuoco, che è diverso dalla pace. Io punterei sul cessate il fuoco che sarebbe già molto importante.
Nella prima giornata di un consueto vertice europeo di inizio primavera, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha esortato gli europei a non isolare la Cina in un contesto internazionale incertissimo, sottolineando «l’impegno al multilateralismo» in un momento di crisi mondiale. Come valuta le parole del segretario?
Guterres sente fortemente le pressioni imperialistiche cinesi e molto spesso non parla da presidente dell’ONU, ma da personaggio molto influenzato dalle pressioni cinesi. Naturalmente questo succede anche perché deve tenere conto che una larga parte di coloro che sono presenti all’ONU si sono schierati di fatto in una posizione di assoluta neutralità nei confronti dei due. E questo a sua volta perché gli Usa pagano ancora l’errore che hanno fatto nel 2003 con l’invasione dell’Iraq senza l’autorità dell’ONU. Gli Stati Uniti sono in una situazione internazionale, al di là anche essi del loro multilateralismo liberale, di grande difficoltà. Diciamo che secondo me Guterres è un po’ sbilanciato.
La risoluzione del 01/11/2007 con cui l’ONU mette al bando le armi all’uranio impoverito non è stata votata da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, ma 122 Paesi del mondo, Italia compresa, l’hanno votata ed approvata. L’Italia di Meloni e Schlein terrebbe oggi la stessa posizione all’Onu del 2007?
Una delle forze che ha avuto l’Italia è fare ciò che all’imperatore non è concesso, da buon vassallo attivo. Ovvero un ruolo di mediazione attiva. Credo che l’Italia dovrebbe avere un maggiore ruolo di mediazione attiva soprattutto puntando sempre sul fatto che per noi è molto importante rafforzare il fianco sud della Nato e quindi la presenza italiana nel Mediterraneo, ben prima delle questione dei migranti, proprio perché abbiamo visto come i disordini dopo la guerra siriana ormai partono dal Mar d’Azov e arrivano fino al Mediterraneo.
Quali processi ha accelerato in Europa la guerra in Ucraina?
Ha accelerato qualcosa che Putin non aveva previsto, ovvero una maggiore unificazione diplomatica e una maggiore prepotente presenza dell’imperialismo nord americano attraverso la Nato e ha profondamente ritardato tutte le ipotesi di un esercito europeo. Ha sconfessato la tesi di Macron che la Nato era avviata ad una morte cerebrale, invece ha reso manifesto che la vera partita oggi si gioca tra gli Stati uniti e la Germania.