Le elezioni sono passate, ma la creazione di una maggioranza parlamentare rimane una grande questione. I vincitori sono sottoposti a un’enorme pressione sia all’interno della Bulgaria che da parte dell’Unione Europea e della NATO.
Quello che era previsto prima delle elezioni parlamentari in Bulgaria è successo. Con una sola sorpresa, quella del risultato ottenuto dal gruppo “Velichie” (Grandezza). La coalizione leader è “Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria, Unione delle Forze Democratiche”, o, in breve, il GERB-SDS, guidato da Boyko Borisov, ha ottenuto circa il 24% dei voti e 68 seggi. Hanno perso un seggio rispetto alle elezioni precedenti, ma nonostante ciò hanno ottimi motivi per festeggiare. La distribuzione dei mandati è tale che senza Boyko Borisov non è possibile formare in nessuna variante una maggioranza parlamentare. Il GERB-SDS diventa il Partito centrale nel sistema politico bulgaro e lo stesso Borisov, dopo tutte le accuse di corruzione e abusi, è stato “politicamente riabilitato dagli elettori” e la sua “vita in politica” è stata prolungata. Nonostante gli annunci di tre anni fa, secondo cui la caduta dal potere sarebbe stata anche la fine della sua carriera politica, ciò non è avvenuto.
Distribuzione dei seggi nel parlamento bulgaro
Nella corsa per il secondo posto, che comprendeva ben tre liste con valutazioni simili, ha vinto il Movimento per i diritti e le libertà, un’organizzazione creata nel 1990 come Partito della minoranza nazionale turca. Tuttavia, secondo i risultati del recente censimento, il numero massimo di turchi in Bulgaria è del 9%, mentre il Movimento per i diritti e le libertà ha ottenuto il 16,5% e ben 45 seggi in queste elezioni (9 in più rispetto alle elezioni precedenti). E’ possibile che questa volta un numero maggiore di rom abbia votato per questo Partito: si tratta di un elettorato più disciplinato che si reca alle urne regolarmente e senza esitazione, oppure è possibile che ciò sia il risultato di una bassa affluenza alle urne complessiva (di questo si parlerà più avanti nel testo).
La coalizione filo-occidentale “Continuiamo il cambiamento” e “Bulgaria democratica” (PP-DB), guidata da Kirill Petkov, che l’UE vorrebbe vedere al potere, si è classificata al terzo posto, guadagnando circa il 14%, più o meno lo stesso valore della posizione del presidente Emmanuel Macron in Francia. Naturalmente, anche i Partiti “mainstream” in Bulgaria, quelli che nelle loro campagne elettorali giurano fedeltà all’UE e alla NATO, possono essere classificati come filo-occidentali. Ma qui, come spesso accade, “il diavolo è nei dettagli”. Quando Boyko Borisov parla a Bruxelles e Washington e parla di UE e NATO, lo accolgono con favore perché è nel loro interesse. Ma dal punto di vista dei valori culturali del cosiddetto “mondo civilizzato” creato dalle organizzazioni internazionali occidentali, dalle corporazioni e da varie altre Società, l’Occidente non lo ha mai accettato come suo pari. A titolo illustrativo, potrebbero avere un incontro formale con Borisov, ma non lo inviteranno mai a una cena privata.
I tecnocrati del PP-DB sarebbero accettati come “uno dei loro” a Bruxelles perché condividono gli stessi valori. Ma il naufragio che hanno subito, perdendo ben 24 seggi tra i due cicli elettorali, passando da 64 a 40 seggi in parlamento, non li rende seri candidati per un ruolo di primo piano nel periodo post-elettorale in Bulgaria e in Europa, nonostante la simpatia per l’Occidente politico. Inoltre, alla fine della campagna elettorale, questa coalizione ha dichiarato chiaramente che in nessun caso avrebbe formato un futuro governo né con Borisov né con Deljan Peevski, il leader del Movimento per i diritti e le libertà. Con chi andranno allora?
Il Partito della Rinascita di Kostadin Kostadinov si è classificato al quarto posto, mantenendo la sua percentuale precedente, ma ricevendo un altro mandato aggiuntivo nell’Assemblea popolare (ora hanno 38 deputati in parlamento). Molto indietro, al quinto posto, ci sono i “resti” del “Partito socialista bulgaro”, un tempo potente e dominante, che continua a perdere deputati in parlamento, e che con il 7% dei voti ha ottenuto 19 seggi (4 in meno rispetto all’ultima volta). Dietro di loro c’è il movimento del Partito “Ci sono persone così”, guidato da Slavi Trifonov, che ha circa il 6% degli elettori e 17 seggi in parlamento. A proposito, hanno ottenuto risultati migliori di quanto previsto dai sondaggi di opinione pubblica.
Il fenomeno della lista “Velichie”
Infine, la principale sorpresa delle scorse elezioni è stata la lista “Velichie” (Grandezza), che ha conquistato la fiducia di circa 100.000 elettori e ha ottenuto 13 seggi con il 4,5% (nel sistema elettorale bulgaro, che è puramente proporzionale, il limite è del 3%). Uno dei leader di questo movimento, Ivelin Michajlov, era vicino a Kostadinov, quindi forse alcuni volti dal Partito Rinascita sono andati alla lista “Velichie” impedendo a Kostadinov di raggiungere il terzo, e forse il secondo posto nella classifica delle elezioni. Nel suo primo discorso dopo le elezioni, Michajlov ha sottolineato: “Sulla questione del sostegno all’Ucraina, non siamo d’accordo con Rinascita. Kostadinov è a favore dell’aiuto alla Russia e noi siamo a favore della neutralità. Sosteniamo categoricamente e chiaramente la permanenza nella NATO e nell’UE, anche se non siamo euro-atlantici, ma siamo bulgari, e crediamo che questa sia la soluzione migliore per la Bulgaria in questo momento”. A differenza di Kostadinov, che è riuscito a “completare” ideologicamente il suo Partito e spostare il focus dell’azione su questioni di identità nazionale, geopolitica e ricerca di un paradigma di sviluppo alternativo, “Velichie” sembra ancora un gruppo non sistemico di persone raccolte casualmente che cercano di spiegare la loro posizione in disaccordo, il che li rende originali. E’ anche possibile che con la citata dichiarazione vogliano raccomandarsi per l’adesione al governo, poiché sia la NATO che l’UE vorrebbero impedire a Kostadinov ogni possibile combinazione per creare una maggioranza parlamentare. Tra l’altro, dal conteggio di tutti i voti è risultato che in generale i cosiddetti Partiti “piccoli” hanno ottenuto il sostegno del 15% degli elettori: hanno ottenuto un punteggio dal 2,89% allo 0,04% e non hanno raggiunto la soglia limite. Dato che il parlamento bulgaro conta 240 seggi, ora, come già cinque volte negli ultimi tre anni, si pone il problema di trovare la maggioranza dei 121 deputati.
Quattro possibili scenari
Il primo scenario vede il fallimento dei tentativi di trovare una maggioranza e dopo un po’ di tempo si andrebbe nuovamente al voto. Considerando il rapporto tra i politici bulgari, l’enorme numero di liste e fazioni che sono entrate in parlamento, nonché l’attuale situazione in Bulgaria, questa può sembrare l’opzione più logica. Tuttavia, l’affluenza alle urne in queste elezioni è stata al minimo storico di appena il 33%, il che significa che su 6,6 milioni di elettori registrati, solo 2,2 milioni hanno votato.
Naturalmente, va tenuto presente che la lista degli elettori è “gonfiata”, cioè contiene molte “anime morte”. Questo, tra l’altro, è il caso di tutti i Paesi dei Balcani. La migrazione della popolazione è molto elevata, milioni di persone provenienti dai Balcani vivono e lavorano in Europa occidentale, ma come cittadini sono ancora iscritti nelle liste elettorali nei loro Paesi d’origine. E’ il caso della Bulgaria, dove attualmente vivono e lavorano meno di 6 milioni di persone. Quindi in realtà l’affluenza alle urne è stata leggermente più alta, ma è comunque sorprendente che abbiano votato solo 2,2 milioni di persone. Allo stesso tempo, questo è un ottimo avvertimento per i politici. I bulgari sono stanchi delle elezioni (queste elezioni sono state le seste in tre anni), sono stanchi dei “litigi” interpartitici. Se venissero indette altre elezioni parlamentari anticipate, l’affluenza alle urne potrebbe essere ancora più bassa, mettendo seriamente in discussione la legittimità del processo e la sostenibilità del sistema politico. I Partiti politici non esistono solo per se stessi! Pertanto, mi piacerebbe credere che i Partiti politici faranno ogni sforzo per trovare un compromesso e formare una maggioranza parlamentare, ma allo stesso tempo i cittadini saranno tolleranti nei confronti della possibile nascita di “coalizioni senza principi”. In queste condizioni, è meglio avere un governo piuttosto che non averne affatto.
Pertanto, in un altro scenario, Borisov e Peevski dovrebbero accordarsi sulla cooperazione tra la coalizione GERB-SDS e il “Movimento per i diritti e le libertà” (hanno un totale di 113 mandati), e poi cercare un terzo partner. Che potrebbe essere Slavi Trifonov o, forse, “Velichie”. Esiste anche la possibilità che le fazioni di alcune liste possano unirsi a Borisov e Peevski e formare così un governo.
Ma in questa situazione, il problema per la Bulgaria potrebbe essere la reazione della NATO e dell’UE, dal momento che Deljan Peevski è soggetto alle sanzioni degli Stati Uniti e del Regno Unito ai sensi della legge Magnitskij dal 2021 per “corruzione, concussione e appropriazione indebita”. Inoltre, i politici turchi provenienti dalla Bulgaria sono indissolubilmente legati alla Turchia, ed Erdoğan rappresenta attualmente più un problema per gli Stati Uniti e l’UE che una parte della soluzione a questioni controverse. Inoltre, non è chiaro alla NATO e all’UE come Borisov si comporterà in tali circostanze in futuro. Borisov ha governato sovranamente la Bulgaria per 12 anni come uno “stabilocrate” sostenuto da Washington e Bruxelles, ma dopo aver perso il potere nel 2021, gli Stati Uniti e l’UE non sono venuti in sua difesa e hanno chiarito che non contavano seriamente su di lui. Altri politici bulgari entrarono nelle loro grazie e Borisov rimase solo. E’ vero, sia durante questa che durante le precedenti campagne elettorali, Borisov si è affermato come un candidato aperto alla cooperazione con l’Occidente, non ha criticato troppo le politiche degli Stati Uniti e dell’UE, ma rimane ancora aperta la questione: quanto in questo comportamento sia stata la mimica, quanto una retorica forzata, quanto una tattica e quanto sincera convinzione?
Per questo motivo, come terza opzione viene presa in considerazione la possibilità che PP-DB diventi un partner in seno al governo. Naturalmente entreranno nel governo se Washington e Bruxelles lo richiederanno. L’ostacolo a questa opzione non è solo il rifiuto del PP-DB di concludere un accordo con Borisov e Peevski, ma anche il fatto che questi dovranno essere “azionisti di minoranza” in questo nuovo allineamento delle forze politiche. Non riceveranno la carica di primo ministro, non riceveranno nemmeno più di due ministeri chiave, il che significa che non potranno imporre la loro politica al nuovo governo.
Occorre quindi considerare un quarto scenario possibile. Si tratta della creazione di un cosiddetto “governo di specialisti tecnici”, che sarà sostenuto da un blocco più ampio di Partiti e che, su proposta di questi Partiti, includerà nuovi politici, intellettuali ed esperti. In verità, tutti i precedenti tentativi di creare e gestire “governi di esperti” negli Stati balcanici si sono conclusi senza gloria. Non c’è motivo di credere che un progetto simile avrà successo in Bulgaria. Ma in una situazione di pressione da tutte le parti, se non ci sono altre soluzioni, questa opzione non dovrebbe essere esclusa. E anche se a prima vista sembra la cosa più logica organizzare nuove elezioni, c’è il rischio enorme che gli elettori bulgari lo percepiscano come un comportamento del tutto irresponsabile e puniscano i politici con un assenteismo di massa alle urne.