Un articolo di: Francesco Sidoti

Da Abramo Lincoln a Elon Musk, una lunga serie di leader del mondo occidentale è stata ed è quantomeno... originale. Purtroppo tra questi ci sono anche i prossimi due candidati alle presidenziali USA: Joe Biden, che non ha memoria, e Donald Trump, che confonde Nikki Haley con Nancy Pelosi

Sir Winston Churchill

La storia dei grandi dirigenti politici dell’Occidente è spesso storia di matti da legare. Non matti in un senso generico o bonario, ma proprio matti con il certificato medico. Il punto è autorevolmente documentato da Sigmund Freud, nel volume che scrisse insieme all’ambasciatore William Christian Bullitt, a proposito di Woodrow Wilson, che pure viene considerato un grande presidente. Freud era in buona compagnia: John Maynard Keynes descrisse un Wilson visibilmente ritardato, perfino incapace di comprendere quello che gli altri dicevano nell’interesse suo e dell’Europa, durante le trattative per il Trattato di Versailles del 1919. Clemenceau e Lloyd George sbagliavano, Wilson non capiva. Di recente, uno stimato storico americano, Patrick Weil, ha scritto a proposito di Woodrow Wilson un libro dal titolo chiarissimo: The Madman in the White House, Il pazzo alla Casa Bianca.
Un altro grande statista occidentale, Winston Churchill, soffriva di un disordine bipolare, a quanto si comprende leggendo i dettagliati ricordi del suo medico curante, Lord Moran, un amico intimo di Churchill, accanto a lui giorno per giorno, per anni e anni. Pur contestato dalla vedova e dagli ammiratori di Churchill, Lord Moran è stato autorevole come pochi: per il coraggio da soldato e per la professionalità da scienziato gli furono attribuite le massime onorificenze durante la guerra del 1914-1918 e poi la più antica decorazione britannica nel 1938, ben prima che diventasse il medico personale del Primo ministro. Secondo il DSM-5, un periodo “anormalmente e persistentemente elevato di attività o energia” è un criterio primario per caratterizzare un disturbo bipolare. Dopo questa fase, c’è il crollo nel polo opposto. Per non sprofondare nella depressione, Churchill si tenne su di giri, curandosi con quantità leggendarie di alcool: cognac, gin tonic, whisky, porto, champagne a fiumi, a colazione, a pranzo, a cena e per merenda, dalla mattina appena sveglio fino alla sera prima di coricarsi. Anche in tempo di guerra – quella guerra che fu vinta da Alan Turing, da Ann Caracristi, da Enrico Fermi, da Arturo Toscanini, e, soprattutto, da Georgij Konstantinovič Žukov. In un momento di lucidità, Churchill scrisse a Stalin, 27 settembre 1944: “È stato l’esercito russo a sventrare la macchina da guerra nazista”.

A novembre un potenziale paziente diventerà potenziale caporeparto del neurodeliri globale

In questa serie stravagante che comincia con Abramo Lincoln, gli ultimi arrivati sono Biden e Trump. Il primo è stato apertamente e ampiamente deriso per le sue attuali capacità intellettive (il 63% degli americani pensa che “non ha la lucidità mentale per essere presidente”, secondo un sondaggio del 2023) e il secondo è stato oggetto di catastrofiche diagnosi di decine di esperti. Un fortunatissimo volume del 2017 chiamava a raccolta 27 eminenti psichiatri che gli raccomandavano la camicia di forza. Poi, secondo Baker e Glasser, perfino collaboratori insigni del gabinetto presidenziale hanno discusso la possibile applicazione del 25° emendamento, che prevede la sostituzione di un presidente non all’altezza del ruolo. Trump mandò a quel paese i suoi critici, rispondendo modestamente, proprio come quelli si aspettavano: “Sono un genio molto stabile”. Insomma, su questo profilo piovono accuse incrociate da entrambe le parti. A novembre sapremo in compagnia di quali di queste accuse e credenziali, un potenziale paziente diventerà potenziale caporeparto del neurodeliri globale.
Non accuse, ma sottili disquisizioni farmacologiche e procedurali, riguardano invece l’uomo più innovativo e creativo dell’Occidente, Elon Musk, “a once-in-a-generation genius” che consumerebbe marijuana, Lsd, cocaina, ecstasy, funghi magici, chetamina e cocktail vari, a quanto dicono inchieste prestigiose, nutrite di rapporti confidenziali, deposizioni in tribunale, sentenze come quella della Delaware Court of Chancery, ovvero quel tribunale che ha annullato la retribuzione che lo stesso Elon Musk, da amministratore delegato di Tesla, aveva riservato a sé stesso per il 2018: appena 55 miliardi di dollari, cioè la stessa sommetta che un impiegato medio americano raggiungerebbe in 2 milioni di anni. Tra varie esortazioni a darsi una calmata, Musk ha twittato: “Se i medicinali (drugs) effettivamente aiutassero a migliorare la mia produttività netta nel tempo, li prenderei sicuramente!”.

Elon Musk

In discesa lungo la scala, da Musk in giù, c’è un problema di massa. Vedi l’uso di massa della cocaina e del Fentanyl, la droga dei poveri, responsabile di 137.000 morti per overdose nel 2023. Nel 2015 il Senato americano all’unanimità ha votato il Clay Hunt Suicide Prevention for American Veterans Act, per reagire all’ondata di suicidi dei soldati americani: più di quelli morti in Afganistan. Nel 2021 una ricerca ha stimato che più di 30.000 veterani dei conflitti successivi all’11 settembre sono morti per suicidio, un numero che è più di quattro volte superiore ai 7.057 militari statunitensi uccisi all’epoca in quei conflitti. Almeno 17 veterani si suicidano ogni giorno, in particolare i marines.
In breve, la follia serpeggia in Occidente ed è lussureggiante nelle aree tenebrose del pensiero strategico, dalla più bombarola teoria mattoide (non a caso detta MAD, Mutual Assured Distruction) fino alla rassicurante prospettiva del Second Strike in caso di conflitto. Secondo quest’altra spensierata dottrina della deterrenza, non sarebbe cruciale essere attaccati da bombe atomiche, quanto la capacità di contrattaccare con maggiore potenza letale. Dunque, uno a uno perché non vinca il peggiore.
Come all’inizio della celeberrima scena di The Deer Hunter, Il cacciatore, l’Occidente tiene il dito sul grilletto – ma c’è soltanto una pallottola nel tamburo. Non sa per chi sarà il colpo in canna: per sé stesso o per i suoi nemici, e non sa nemmeno se si tratta di un colpo a vuoto. In alcuni malati terminali, desiderio di immortalità e cupio dissolvi si susseguono di allucinazione in allucinazione, fino a trascinare tutto e tutti nella propria estinzione. Facile scambiare la fine del proprio piccolo mondo con la fine del mondo per intero. Accade nelle peggiori tragedie, quando il suicida ammazza anche tutta la famiglia.
Nel crepuscolo dell’ultimo tramonto, c’è un Occidente impazzito – ancora una volta incapace di comprendere quello che gli dicono nel suo interesse. Mentre gli spettatori lo guardano atterriti, l’Occidente tiene il dito sul grilletto, la canna della pistola puntata sulle tempie. Quella roulette russa non è soltanto una sfida a Dio e al destino: è fondamentalmente una cosa da pazzi.

Sociologo

Francesco Sidoti