Un articolo di: Tommaso Baronio

Intervista al Professor Mario Del Pero

Professore di Storia internazionale a SciencesPo

Mario Del Pero

Mario Del Pero è professore di Storia internazionale a SciencesPo, Parigi, dove insegna corsi sugli Stati Uniti nel mondo, sulla guerra fredda e sulla storia globale del XX/XXI secolo. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo Libertà e Impero. Gli Stati Uniti e il Mondo, 1776-2011 (Laterza, 2017, 3a ed.), Era Obama. Dalla Speranza del Cambiamento all'Elezione di Trump (Feltrinelli, 2017) e The Eccentric Realist. Henry Kissinger and the Shaping of American Foreign Policy (Cornell University Press, 2009). Prima di approdare a SciencesPo, il Prof. Del Pero ha insegnato all'Università di Bologna e ha svolto borse di studio e visiting professorship presso l'Istituto Universitario Europeo, il Kluge Center della Biblioteca del Congresso, la Columbia University, la New York University e il Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra.

Tommaso Baronio

Professore, quali dinamiche ha accelerato la guerra in Ucraina sullo scenario geopolitico mondiale?

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Mario Del Pero

Credo che abbia accelerato dinamiche di frammentazione che erano già in atto da tempo. Da almeno dieci, quindi anni la globalizzazione è contestata. I processi di integrazione globale e le istituzioni che hanno accompagnato questi processi per mezzo secolo o più sono contestate e lo vediamo anche nelle nostre democrazie. Questa guerra ha accelerato la frammentazione, producedo un compattamento dell’alleanza atlantica sotto la leadearship degli Stati Uniti, ma anche una reazione di un mondo terzo non euro-statunitense di neutralità, distanza e in tanti casi aperta ostilità. Il presidente Lula prima del vertice con Xi Jinping ha dichiarato la volontà anche del Brasile di sottrarsi al dominio del dollaro nelle transazioni commerciali. Credo sia un processo di frammentazione globale che forse si va ricostituendo attraverso i blocchi, ma soprattutto attorno a una conflittualità neobipolare, con un conflitto di potenza tra Cina e Stati Uniti, che è particolarmente problematico. Inoltre in questi blocchi gli Stati uniti credo auspichino un approfondimento dell’integrazione regionale ad esempio con l’Europa, a livello securitario ed economico, per ridurre l’integrazione globale. Si lavoro intorno all’integrazione regionale per deglobalizzare, perché ha avvantaggiato si sostiene a Washington primariamente la Cina, dandole un potere di condizionamento che le va sottratto.

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Tommaso Baronio

Questo sistema neobipolare è pericoloso?

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Mario Del Pero

Credo di sì perché accentua dinamiche di competizione e antagonismo e rende più diffcile la cooperazione. A differenza della guerra fredda Usa e Cina sono profondamente integrati a loro volta. La globalizzazione si è mossa su varie direttrici, ma quella sino statunitense è stata una delle più importanti e talora la più importante. Basta pensare alle imprese americane che delocalizzano, fanno outsourcing e trasferiscono la produzione in Cina, o la Cina che finanzia il debito statunitense, o ancora il mercato americano che reimporta gran parte di questa produzione con un deficit commerciale spaventoso. Dimensioni che rimangono, ma che oggi sono contestate e credo che questo generi delle tensioni, perché la Cina si è attorcigliata da un decennio con un’involuzione autoritaria e nazionalista problematica, e quindi alimenta questa competizione. Negli Usa oggi è particolarmente vincente dare addosso alla Cina. In una democrazia nazionalistica così infiammata come quella americana diventa difficile avere posizioni politiche sobrie e responsabili. La vicenda del pallone areostatico è stata gestitata in modo isterico e l’amministrazione Biden non poteva far altro che abbatterlo e sospendere la visita di Blinken. Si è creato un caso grottesco per qualcosa che in un clima diverso si sarebbe potuto risolvere con due telefonate tra due funzionari di livello minore del ministero degli Esteri.

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Tommaso Baronio

Gli Stati Uniti hanno perso la capacità di attrarre paesi e consenso a sé?

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Mario Del Pero

L’Ucraina ha ricompattato il blocco transatlantico dove gli Stati uniti hanno riaffermato la loro leadership e stanno utilizzando questa guerra per ricementare un blocco transatlantico che sembrava essere molto incrinata. Credo che il soft power degli Usa preservi alcuni elementi. Rimane un paese vitale. Per rispondere alla sua domanda credo che abbiano perso capacità di attrazione per due ragioni: la democrazia americana non sta dando grande prova di sé in questi ultimi anni, con una figura inadeguata come Trump e un tentato golpe, una democrazia pesantemente lacerata e polarizzata; accanto a questa democrazia in sofferenza, gli Usa sono un paese che negli ultimi 30 anni continuano a praticare doppi standard, in cui quello che vale per sé non vale per gli altri e viceversa. Il sostegno all’Ucraina, che io ritengo necessario, è stato giustificato in termini di difesa della sovranità nazionale e rispetto del diritto internazionale. Se andiamo però a vedere queste categorie nel 2003 in Iraq, gli Usa hanno fatto strame di questi principi spesso. L’inflation reduction act di Biden viola quasi certamente molteplici clausole dell’Organizzazione mondiale del commercio. L’applicazione di questi doppi standard è un’altra causa per cui l’appeal, il mito, degli Usa si è indebolito.

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Tommaso Baronio

Crede che si tornerà a un multipolarismo come non si vedeva dalla II guerra mondiale?

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Mario Del Pero

Ci potrà essere su scala regionale o rispetto ad alcune determinanti della potenza. Se guardiamo le armi nucleari, queste conferiscono una deterrenza a chi le possiede e abbiamo una struttura bipolare nel senso che Russia e Usa sono due potenze a se stanti per capacità missilistiche e numero di testate, poi ce ne sono altre come la Francia, la Cina… ed è possibile che su scala regionale il Giappone si riarmi e torni ad essere una potenza centrale meno dipendente dagli Usa. Credo che lo schema odierno sia uno schema bipolare, che riecheggia gli schemi della guerra fredda, incentrato sulla competizione fra Cina e Stati Uniti e come nella prima guerra fredda sia un bipolarismo spurio molto asimettrico, poiché gli Stati Uniti rimangono superiori, non come 30 anni fa, ma rimangono superiori come rete di alleanze, in termini di potenza militare e capacità di proiezione globale di questa potenza. Hanno a seconda delle cifre tra le 100 e 800 basi militari in giro per il mondo e possono immediatamente dispiegarle, la Cina no. Anche l’egemonia del dollaro seppur contestata rimane. Rimangono degli interessi negli Usa per mantenere buoni rapporti con la Cina, per esempio la Apple senza la supply chain in Cina crolla. Ma sono interessi che vengono silenziati politicamente. Nel 2002 un aereo spia americano sorvolava a sud della Cina e si schiantò con un jet militare cinese. Il pilota cinese morì e il jet fu costretto a un atterraggio di emergenza e venne sequestrato con il suo equipaggio. In quelle due settimane di crisi diplomatica, gli adulti nella stanza diciamo, quelli che volevano un buon rapporto con la Cina presero immediatamente le redini della situazione e la crisi rientrò immediatamente, a dimostrazione che in America c’erano molti interessi economici e politici che spingevano per mantenere buona la Cina. Oggi questi interessi esistono ancora, ma sono molto più deboli e meno capaci di incidere su scelte politiche e dibattito pubblico.

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Giornalista

Tommaso Baronio