Un articolo di: Tommaso Baronio

L'alleanza I cinque Paesi del “Sud del mondo”, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, sbaraglia il bipolarismo, aprendo le porte a un mondo multipolare

C’è chi definisce l’alleanza dei Brics “inutile”, senza rendersi conto della realtà in cui stiamo vivendo. I cinque Paesi del “Sud del mondo”, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, alleandosi aprono dinamiche che le logiche occidentali non riescono a comprendere, perseguendo strategie geopolitiche diverse dal classico bipolarismo di cui si parla da 50 anni. 

Si è cominciato a parlare di questo gruppo nel 2001, e se allora rappresentavano solamente il 16% del Pil mondiale, oggi la percentuale è raddoppiata, toccando il 31,5%. Il Fmi prevede che in breve tempo, nel 2025, il loro peso raggiungerà il 40% del Pil globale. Mettendoli poi vicini ai Paesi del G7, è evidente come le distanze si stiano accorciando sempre più in fretta. Se nel 2001 il potere d’acquisto dei Brics era al 18,8% e quello degli Stati del G7 (Canada, Francia, Germani, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti) al 42,8%, a distanza di vent’anni i numeri si sono ribaltati: il G7 solo il 29,6%, mentre i Brics il 32%.

Lo scoppio del conflitto nel cuore dell’Europa tra Russia e Ucraina ha portato alla ribalta il ruolo dei Brics. Non hanno mai fornito direttamente armi alla Russia, schierandosi per una risoluzione pacifica, ma nessuno tra Cina, Brasile, India e Sudafrica ha aderito alle sanzioni imposte dall’Occidente per colpire Putin. Hanno intensificato gli scambi commerciali con Mosca. Pechino ha cominciato a comprare carbone e petrolio russi in yuan, l’India invece pagando direttamente in rubli.

E la tanto chiacchierata dedollarizzazione ha cominciato ad essere un’ipotesi con un fondamento reale. E’ infatti uno degli obiettivi che accomuna gli Stati appartenenti ai Brics e la stessa Gita Gopinath, capo economista del Fmi, aveva predetto che «Le sanzioni minacciano di indebolire il dominio del dollaro e possono tradursi in un sistema monetario internazionale più frammentato».

Pochi giorni fa è trapelata dai media cinesi la notizia che i Brics stanno progettando l’introduzione di una nuova moneta commerciale. Si chiamerebbe R5, una valuta che potrebbe essere basata sull’oro ed altre materie prime. Il nome verrebbe dalla coincidenza che tutte le monete monete dei paesi BRICS iniziano con la R: yuan (renminbi), rublo, real, rupia e rand.  Questo passaggio consentirebbe ai Paesi in questione di aumentare gradualmente il loro rapporto commerciale senza l’uso del dollaro, e quindi di ridurre la quota delle loro riserve internazionali in dollari. 

Leslie Maasdorp, vicepresidente della New Development Bank ha ridimensionato il tutto definendola «un’ambizione a medio-lungo termine», ma la strada pare tracciata e sembra l’unica e seria minaccia che il dollaro statunitense potrebbe temere, anche per la quantità di popolazione che i Brics rappresentano, 3,2 miliardi, contro i 950 milioni dei Paesi sotto l’ombrello della Nato.

L’Occidente ha provato a entrare in rapporto con i Brics, in merito alla pace in Ucraina. Lula, il Presidente del Brasile è stato molto chiaro.  “Se inviassi armi, mi unirei alla guerra. Non voglio unirmi alla guerra, voglio la pace”, ha detto in visita a Washington.

Il Presidente Usa, Joe Biden, ha provato ad entrare in contatto anche con Narendra Modi, Presidente indiano, per chiedere al suo Paese di unirsi all’accerchiamento della Cina, con Usa, Giappone e Australia, nella coalizione Quad. Ma anche questa volta l’esito è stato negativo. 

Anche i tedeschi e i francesi non hanno avuto fortuna, i primi incontrando il Sudafrica per convincerli a sganciarsi dall’influenza russa, i secondi chiedendo di partecipare al  al vertice di Johannesburg e ricevendo un deciso no come risposta. 

Se da una parte dunque l’Occidente cerca di intraprendere un dialogo costruttivo, il resto del mondo invece vuole unirsi alla coalizione, in particolare dallo scoppio della guerra in Ucraina. Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Bahrein, Bangladesh, Egitto, Emirati Arabi, Etiopia, Indonesia e Iran, mentre hanno manifestato interesse a entrare Afghanistan, Bielorussia, Kazakistan, Messico, Nicaragua, Nigeria, Pakistan, Senegal, Sudan, Siria, Thailandia, Turchia, Uruguay, Venezuela e Zimbabwe. Tanti Stati diversi, con storia e obiettivi diversi. Magari non entreranno nell’alleanza, ma è significativo che sia così attraente a livello mondiale. 

E pare che solo in Occidente ai Brics non venga dato il giusto peso.

Giornalista

Tommaso Baronio