Sempre più top player dai campionati europei si spostano in Arabia Saudita conquistati da cifre astronomiche, provenienti direttamente dal governo
La lista si allunga e sembra interminabile. Il calciatore Serjei Milinkovic Savic è stato comprato per 40 milioni di euro dalla squadra araba Al-Hilal, dove militerà per le prossime stagioni, ed è solo un’altra figurina che si aggiunge all’album della Saudi Professional League, la massima serie dell’Arabia Saudita. Karim Benzema, N’Golo Kanté, Édouard Mendy, Marcelo Brozović, Roberto Firmino, Rubén Neves, Kalidou Koulibaly, sono solo alcuni dei nomi dei top player che nelle ultime stagioni hanno accettato le offerte faraoniche delle squadre arabe. L’apripista per i veri fuoriclasse è stato Cristiano Ronaldo, che al suo arrivo al Al-Nassr aveva profetizzato che il calcio saudita sarebbe diventato uno dei primi cinque al mondo. Previsione quanto mai surreale fino a due anni fa, ma a suon di milioni la Saudi Professional League sta diventando un campionato di tutto rispetto.
Questo è l’obiettivo dell’Arabia Saudita e del Principe Mohammad bin Salman: che lo sport, e il calcio in particolare, diventino uno degli asset principali del Paese.
L’economia del Paese dipende interamente dall’esportazione del petrolio, perciò è stato sviluppato un quadro strategico chiamato Saudi Vision 2030 per diversificare la propria economia e sviluppare altri settori come sanità, istruzione, infrastrutture, attività ricreative e turismo, che potrebbe diventare il prossimo tesoro degli arabi. Quale miglior veicolo del turismo dello sport più amato dagli arabi, ovvero il calcio?
Il Paese si è candidato a ospitare il Campionato del Mondo del 2030 ed è diventato il luogo dei prossimi Mondiali per club. Inoltre già dal 2019, se pensiamo all’Italia, gli arabi ospitano la nostra Supercoppa.
La questione più interessante è però capire da dove vengano i miliardi che i sauditi stanno spendendo per acquistare i top player dei campionati europei.
Vengono tutti dal Pif, Public investment fund, fondo sovrano dell’arabia saudita nato nel 1971 allo scopo di investire per conto del governo saudita, con un patrimonio stimato di oltre 630 miliardi di dollari. Il fondo è controllato da Bin Salman e ha preso il controllo del 75% di quattro club della massima serie araba: Al Ahli, Al Ittihad, Al Hilal e Al Nassr. Con queste possibilità economiche, le decine di milioni spese per i calciatori non sono decisamente un problema a bilancio.
Gli investimenti chiaramente non sono solo in Arabia e non solo nel calcio. Il fondo arabo ha acquistato quote di grandi aziende come Disney, Meta, Pfizer, Uber, Qualcomm o Starbucks Nel 2021 ha comprato l’80% delle quote del Newcastle United e potrebbe avere una potenza economica, secondo gli esperti, 50 volte superiore a quella del Psg, così spiegando anche il maxi accordo raggiunto per l’ex Milan Sandro Tonali.
Non solo. Uno scoop del New York Times ha informato i lettori che Lionel Messi, il calciatore più seguito al mondo, avrebbe stipulato un contratto con l’Arabia Saudita che lo porterebbe ad ottenere 25 milioni di dollari in tre anni per qualche apprazione commerciale, un paio di vacanze con la famiglia nel Paese e soprattutto dei post sui social, con un hashtag approvato dal regno. E fin qui tutto bene, ma il documento continene anche una condizione: Messi non potrà dire nulla che infanghi il Paese.
Un altro scoop, questa volta del Daily Mail, ha certificato che il Pif sarebbe uno dei principali, se non il principale, investitore del Chelsea, attraverso Clearlake capital, nell’era del post Abramovic.
Insomma, l’Arabia Saudita vuole a tutti i costi trasformarsi nella nuova capitale del calcio mondiale, nell’ottica di trovare nel turismo sportivo il suo nuovo oro e affossare i dibattiti e le proteste sui diritti umani nel Paese.