Il Papa in Mongolia

Il messaggio del Papa dalla Mongolia: credenti uniti nell’offensiva della pace

Un articolo di: Luciano Larivera

Nel recente viaggio in Mongolia Papa Francesco, nel discorso ai Capi di stato e nell'incontro ecumenico interreligioso, ha lanciato una serie di messaggi che denunciano la carenza di una governance internazionale, multilaterale e multipolare. I conflitti devono risolversi in senso pacifico, va promossa la giustizia sociale contro la corruzione e le offese alla dignità umana.

Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo contribuirebbe certamente alla fine dei conflitti

Per Francesco la guerra è “roba del diavolo”: lo ripete in tutte le salse. Ma in un viaggio apostolico lo stile lessicale è diverso. Quello recente in Mongolia, 31 agosto – 4 settembre, è stato caratterizzato in modo speciale dall’appuntamento di pace del 3 settembre con altri undici rappresentanti religiosi.
Dopo il saluto di benvenuto di un alto rappresentante del Buddismo tibetano, la religione di maggioranza nel Paese, dove circa il 40% della popolazione si dichiara atea, un suo correligionario ha poi preso la parola. Sono seguiti i brevi interventi degli esponenti dello Sciamanesimo (la religione nell’impero di Genghis Khan), dell’Islam, dell’Alleanza Evangelica Mongola, della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno (i Mormoni, con l’unica donna), dell’Induismo, dell’Ebraismo, della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca – Kirill venne nella capitale mongola per benedire l’edificio della chiesa parrocchiale –, dello Shintoismo giapponese, dei Bahai. Infine Francesco ha letto in italiano il suo discorso per circa 18 minuti.
Da subito il Papa ha ribadito che “le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società”. E da subito ha concluso: “se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe certamente in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli”.

Armonia è quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze

Di seguito, menzionando la “virtuosa esperienza” dell’antica capitale imperiale, il Pontefice ha rivolto il suo appello ai tutti i credenti. A Kharakhorum, “si trovavano luoghi di culto appartenenti a diversi ‘credo’, a testimonianza di una encomiabile armonia. Armonia: vorrei sottolineare questa parola dal sapore tipicamente asiatico. Essa è quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune. Mi chiedo: chi, più dei credenti, è chiamato a lavorare per l’armonia di tutti?”
Così “armonia”, che si misura con l’altruismo concreto, è sinonimo di pace, ma “è forse il sinonimo più appropriato di bellezza”. Al contrario, “la chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace”. Le religioni sono quindi chiamate a donare al mondo questa armonia: “per arricchire un’umanità che nel suo cammino è spesso disorientata da miopi ricerche di profitto e benessere”.
In particolare “l’Asia ha moltissimo da offrire in tal senso e la Mongolia, che di questo continente si trova al cuore, custodisce un grande patrimonio di sapienza, che le religioni qui diffuse hanno contribuito a creare”. E il Papa invita a valorizzare dieci aspetti della sapienza mongola: “il buon rapporto con la tradizione, nonostante le tentazioni del consumismo; il rispetto per gli anziani e gli antenati – quanto bisogno abbiamo oggi di un’alleanza generazionale tra loro e i più giovani, di dialogo tra nonni e nipoti! E poi, la cura per l’ambiente, nostra casa comune, altra necessità tremendamente attuale: siamo in pericolo. E ancora: il valore del silenzio e della vita interiore, antidoto spirituale a tanti malanni del mondo odierno. Quindi, un sano senso di frugalità; il valore dell’accoglienza; la capacità di resistere all’attaccamento alle cose; la solidarietà, che nasce dalla cultura dei legami tra le persone; l’apprezzamento per la semplicità. E, infine, un certo pragmatismo esistenziale, che tende a ricercare con tenacia il bene del singolo e della comunità”.

Non ci sia nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo

Come prima altri rappresentanti religiosi, anche il Pontefice ha ripetuto e arricchito il suo messaggio con il simbolo della casa-tenda circolare dei pastori nomadi mongoli. “La ger costituisce infatti uno spazio umano: al suo interno si svolge la vita della famiglia, è luogo di convivialità amicale, di incontro e di dialogo dove, anche quando si è in tanti, si sa fare spazio a qualcun altro. E poi è un punto di riferimento concreto, facilmente identificabile nelle immense distese del territorio mongolo; è motivo di speranza per chi ha smarrito la strada […]. Ma, insieme allo spazio umano, la ger evoca l’essenziale apertura al divino. La dimensione spirituale di questa dimora è rappresentata dalla sua apertura verso l’alto, con un solo punto dal quale entra la luce […]. L’umana convivenza che si attua nello spazio circolare è così costantemente rimandata alla sua vocazione verticale, alla sua vocazione trascendente e spirituale”.
Di seguito il Papa ha implorato tutti i credenti perché non ci sia “nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo […]. Questo sia vero, perché in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti”.
Una chiosa. Il Papa non sta affermando che la libertà religiosa, diritto umano fondamentale (come quello di coscienza e anche di essere atei) sia permessa e legittima in uno Stato soltanto se le sue autorità politiche la riconoscono; ma che quando le religioni richiedono un riconoscimento legale alle loro istituzioni hanno doveri di rispetto degli accordi e di cittadinanza ulteriormente cogenti per il bene comune.
Il Pontefice ha poi confermato che “la Chiesa cattolica vuole camminare così, credendo fermamente nel dialogo ecumenico, nel dialogo interreligioso e nel dialogo culturale”. E subito ha precisato che cosa intende per “dialogo”. Infatti: “non è antitetico all’annuncio: non appiattisce le differenze, ma aiuta a comprenderle, le preserva nella loro originalità e le mette in grado di confrontarsi per un arricchimento franco e reciproco”. Così attraverso il dialogo “si può ritrovare nell’umanità benedetta dal Cielo la chiave per camminare sulla terra”.

Non è casuale la scelta di un Paese al cuore dell’Asia tra due potenze nucleari come la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese che hanno guerreggiato per il controllo della Mongolia

A conclusione del discorso, il Papa ha ribadito il motto del viaggio apostolico in Mongolia: “Sperare insieme”. In un mondo “lacerato da lotte e discordie, ciò potrebbe sembrare utopico; eppure, le imprese più grandi iniziano nel nascondimento, con dimensioni quasi impercettibili. Il grande albero nasce dal piccolo seme, nascosto nella terra”.
Queste parole sono pronunciate perché Francesco ha una responsabilità a livello internazionale sia come leader religioso, di un religione planetaria con responsabilità planetarie, sia come Capo di Stato, che seppur piccolo accede alla pari in cruciali istituzioni internazionali, forum multilaterali, e relazioni diplomatiche bilaterali. Per questo non va sminuito il senso non solo pastorale ma anche geopolitico di questo viaggio apostolico.
Per meglio comprendere lo spessore delle sue parole nell’incontro ecumenico ed interreligioso, è utile contestualizzarle nel discorso che il giorno precedente aveva rivolto alle Autorità, alla società civile e al corpo diplomatico. Anche in Mongolia, come sempre, la Santa Sede ha ribadito la pupilla della sua azione diplomatica: la tutela e la promozione della libertà religiosa, non sono dei cristiani. E il messaggio con garbo, discrezione e riassicurazioni è stato rivolto anche a Pechino e altrove in Asia.
Innanzi tutto, non è casuale la scelta di un Paese al cuore dell’Asia tra due potenze nucleari come la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese che hanno guerreggiato per il controllo della Mongolia (come contro le ingerenze del Giappone). Il Pontefice avrebbe potuto rimandare sine die il suo viaggio viste le proprie condizioni di salute, ma in Mongolia ha potuto ricordare (implicitamente) il “suo” Trattato per il bando delle armi nucleari e il Catechismo della Chiesa cattolica, in cui ha inserito un divieto rafforzato alla pena di morte, oltre che all’uso del “deterrente atomico”. E la promozione della pace e della cultura della non-violenza da parte delle religioni implica questi due divieti.
Infatti la Mongolia, il Papa ha rimarcato; “con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale. Vorrei menzionare anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale. Inoltre – altro provvido elemento da segnalare – la pena capitale non compare più nel vostro ordinamento giudiziale”. Sotto traccia c’è la certezza, anche per evitare escalation nucleari, che in Ucraina sia subito necessario il cessate il fuoco.
Nel medesimo discorso, Francesco non ha perso l’occasione di menzionare l’epopea del grande impero mongolo – non certo per rivalutare tribalismo, nazionalismo e imperialismo (così come contesta l’individualismo) – ma per mettere in risalto: “la non comune capacità dei vostri antenati di riconoscere le eccellenze dei popoli che componevano l’immenso territorio imperiale e di porle al servizio dello sviluppo comune. Questo è un esempio da valorizzare e da riproporre ai nostri giorni. Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, cioè l’assenza di conflitti. Come dice un vostro proverbio, ‘le nuvole passano, il cielo resta’: passino le nuvole oscure della guerra”. Ed eredi territoriali, in gran parte, e forse ideali di questa epopea sono proprio Russia e Cina, chiamate a tutelare i loro cittadini, anche mongoli, e a promuovere insieme agli altri membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu il ripudio della guerra per la risoluzione delle crisi politiche ed economiche e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
In aggiunta il Papa, prendendo sempre spunto dalla Mongolia, ha rimarcato che le “armi della diplomazia” multilaterale sono indispensabili, da attivare subito e sempre, ed ineludibili. In effetti la guerra in Ucraina finirà (almeno) nel medio-lungo termini per via politica. E da sempre anche le religioni assumono compiti diplomatici (non soltanto informali).
Per questo nella conferenza stampa di chiusura del viaggio, al rientro in Italia, Il Pontefice affermava, dopo la domanda se Ulaanbaatar possa essere la piattaforma per un dialogo internazionale tra Europa e Asia: “Penso di sì. Voi avete una cosa molto interessante, che favorisce anche questo dialogo. Mi permetto di chiamarla la ‘mistica del terzo vicino’, che vi fa andare avanti in una politica ‘del terzo vicino’. Tu pensa che Ulaanbaatar è la capitale di un Paese molto lontano dal mare, e possiamo dire che la vostra terra è tra due grandi potenze, la Russia e la Cina. E per questo la vostra mistica è cercare di dialogare anche con i ‘terzi vicini’: non per disprezzo verso questi due, perché avete buoni rapporti con ambedue, ma per l’ansia di universalità, di far vedere i propri valori a tutto il mondo, e anche ricevere dagli altri i loro valori, perché questo vi porti a dialogare”.
A conclusione sono da menzionare altri due temi cari alla “geopolitica del Papa” che il simbolo della Mongolia, attuale e tradizionale, richiamano. Il primo è la corruzione, che si collega allo scandalo del carbone dello scorso inverno, con sottrazione di fondi pubblici ed esportazioni clandestine, quando le manifestazioni pubbliche di protesta minacciavano i palazzi del potere di Ulaanbaatar. Per questo il Papa, rivolgendosi alle Autorità ma appellandosi prima ai credenti, dichiarava: “Le religioni […], quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione. Questa costituisce a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi”.

Il secondo tema è la tutela ambientale. Il Papa in questo discorso, senza menzionare che la capitale Mongola avrebbe il triste primato dell’aria più inquinata al mondo, sosteneva: “La vostra sapienza, la sapienza del vostro popolo, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente, una terra ancora feconda […]. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra”.
Le denunce di Francesco per le carenza di una governance internazionale, multilaterale e multipolare: per la risoluzione pacifica delle guerre; per la giustizia sociale contro la corruzione e le offese alla dignità umana; e per la difesa ambientale non mancheranno neppure nella prossima Esortazione apostolica. Sarà pubblicata il prossimo 4 ottobre, memoria liturgia del santo di Assisi, per aggiornare l’enciclica Laudato si’. Nel suo appello per una rinnovata “ecologia umana integrale” non mancherà neppure, come in Mongolia, l’annuncio di speranze fattuali se percorreremo sentieri sapienziali insieme: persone, popoli e Stati.

Membro dell’Ordine dei Gesuiti, economista

Luciano Larivera