Un articolo di: Redazione

Nel corso dei colloqui di oltre quattro ore, Joe Biden e Xi Jinping hanno fatto vedere al mondo intero che le due superpotenze sono tornate a dialogare

Per il capo della diplomazia americana, Anthony Blinken, è arrivato un altro momento di mettersi le mani nei capelli. Solo due ore e mezzo dopo un incontro apparentemente produttivo con il leader cinese, Xi Jinping, è arrivato un commento imbarazzante di Joe Biden nella conferenza stampa post-summit USA-Cina. Una sola parola che potrebbe compromettere tutto il lavoro diplomatico fin qui svolto dagli Stati Uniti e dalla Cina.

Reduce da un incontro molto delicato, durato oltre quattro ore, che avrebbe potuto segnare una svolta storica nei rapporti tra Washington e Pechino, Biden ha infatti nuovamente bollato Xi Jinping come un “dittatore”.

Non si è trattato di un’ennesima gaffe diplomatica. Il presidente degli Stati Uniti non ha voluto né cambiare idea né rispondere in altro modo a una domanda scomoda. “Signor presidente, dopo la giornata di oggi definirebbe ancora il presidente Xi un ‘dittatore’? È una parola che ha usato in precedenza durante l’anno”, è stato chiesto a Biden. E mentre tutti si aspettavano dall’inquilino della Casa Bianca un “ramoscello d’ulivo”, Biden ha invece voluto presentarsi ancora una volta come un “osso duro”.

“Beh, guardi, lo è. Voglio dire, è un dittatore nel senso che guida un Paese comunista, basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra. Comunque…”, ha detto il presidente americano prima di archiviare l’argomento.

Già a luglio il presidente statunitense aveva utilizzato il termine “dittatore” per riferirsi al suo omologo cinese. Pechino aveva denunciato in termini molto duri le parole di Biden. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese aveva bollato i commenti dell’inquilino della Casa Bianca come “assurdi e irresponsabili”. Secca, anche in questo caso, la replica della Cina, che ha condannato la descrizione di Xi, definendola come “estremamente sbagliata”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha detto: “Questo tipo di discorso è estremamente sbagliato ed è una manipolazione politica irresponsabile. La Cina si oppone fermamente”.

Le parole di Biden rischiano – nella migliore delle ipotesi – di rallentare la realizzazione di una sofisticata opera diplomatica ai fini del disgelo nelle relazioni tra le due super potenze. Subito dopo il vertice e prima del commento imbarazzante di Biden, il servizio diplomatico cinese aveva diffuso un comunicato stampa per sottolineare che “i due leader si sono scambiati opinioni nell’atmosfera di rispetto reciproco”.

“Finché i due Paesi si rispettano a vicenda, coesistono in pace e perseguono una cooperazione vantaggiosa per tutti, saranno pienamente in grado di superare le differenze e trovare la strada giusta per il futuro”, è stato anche notato nella dichiarazione ufficiale. Pechino aveva anche sottolineato l’importanza che i due Paesi “apprezzino i reciproci principi e le linee rosse, e si astengano dal fare capricci, essere provocatori e oltrepassare i limiti”.

Taiwan e le linee di comunicazione dirette

L’incontro tra Biden e Xi Jinping si è svolto nella cornice dell’elegante tenuta Filoli Estate, già set della soap opera Dynasty, scelta per sottolineare che il summit Cina-USA rappresenta un evento storico a parte e “non a margine” del meeting dell’Organizzazione economica del Pacifico (APEC).

I colloqui dovevano far vedere al mondo intero che Washington e Pechino si sono tornati a parlare. “Per due grandi Paesi come la Cina e gli Stati Uniti voltarsi le spalle a vicenda non è un’opzione. Non è realistico che una parte rimodelli l’altra”, ha infatti dichiarato Xi Jinping all’apertura dell’incontro.

Ma nonostante il fatto che anche Biden abbia auspicato la necessità di “capirsi reciprocamente in modo chiaro e fare in modo che la competizione non sfoci in conflitto”, le posizioni di Washington e Pechino su molti temi più importanti sono rimaste molto lontane l’una dall’altra.

In particolare su Taiwan, uno dei temi bilaterali più delicati, Biden si è limitato a ribadire di “aderire alla politica di una sola Cina”, e di “non appoggiare una totale indipendenza dell’isola”. Ha però ribadito la necessità di “stabilità e pace” nello stretto di Taiwan, al centro di manovre e pressioni militari cinesi. In questo contesto le fonti americane hanno detto che “non sono stati raggiunte intese sulla demilitarizzazione del Mar Cinese Meridionale”.

Ciononostante sono stati fatti alcuni importanti progressi: è stato deciso di riaprire un canale di comunicazione tra gli uffici di presidenza dei due Paesi. “Lui e io – ha detto Biden – abbiamo concordato che ognuno di noi può prendere in mano un telefono e fare una telefonata, così ci possiamo sentire immediatamente”. Parallelamente è stata annunciata la riapertura di un canale di comunicazione diretto tra gli alti livelli militari, interrotto da oltre un anno, in seguito alla visita a Taiwan della ex speaker della Camera degli USA, Nancy Pelosi nell’estate del 2022.

Biden e Xi hanno inoltre trovato dei punti in comune durante la discussione sulla lotta al fentanyl, l’oppioide sintetico che negli ultimi anni ha causato miglia di morti in America. I due hanno deciso di “creare un team di cooperazione anti-droga per contrastare la diffusione di fentanyl”. Secondo gli americani la sostanza è prodotta dai cartelli messicani con precursori chimici cinesi.

Guerre commerciali e sanzioni

Nulla di fatto invece per quel che riguarda la rimozione delle sanzioni economiche e commerciali imposte alla Cina dagli Stati Uniti, né sui rispettivi embarghi cinesi, che avevano limitato drasticamente le esportazioni di molte commodity strategiche. Il presidente cinese ha ribadito che le azioni degli Stati Uniti contro la Cina “in materia di controllo delle esportazioni, verifica degli investimenti e sanzioni unilaterali danneggiano gravemente gli interessi legittimi della Cina”. In altri termini le politiche commerciali della Casa Bianca equivalgono a colpire il diritto alla crescita economica. “È importante che gli Usa prendano sul serio le preoccupazioni della Cina – ha detto Xi – e quindi adottino passi tangibili per revocare le sanzioni unilaterali in modo da fornire un ambiente equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi”.

Tra gli altri temi fondamentali che si sono trovati al centro dei colloqui Biden-Xi c’è stata anche la lotta al cambiamento climatico. Biden ha chiesto alla Cina di impegnarsi di più sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il titolare della Casa Bianca ha invitato il leader cinese a “lavorare insieme per accelerare gli sforzi per affrontare la crisi climatica”.

Infine molti altri argomenti, dall’intelligenza artificiale, alla guerra tra Israele e Hamas e al dossier nordcoreano sono stati toccati dai due leader en passant. Vale a dire che il vertice tra Biden e Xi Jinping a San Francisco non rappresenta un “reset” vero e proprio, bensì una ripresa del dialogo a tutti i livelli, anche militari, per non permettere alla competizione di sfociare in conflitto. Il mondo spera che questo nuovo tête-à-tête, malgrado il commento poco rispettoso di Biden, permetta di avviare il reale processo di disgelo.

Giornalisti e Redattori di Pluralia

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