Illusioni e paure del secondo Trump

Un articolo di: Greg Erlandson

La Fenice è rinata dalle proprie ceneri, ma a quale scopo? Nel secondo mandato The Donald non ripeterà i peccati di inesperienza del 2016, ma anche l'opposizione ha imparato a conoscerlo e non abboccherà alle sparate mediatiche. Deportazioni dei migranti, dazi commerciali, strapotere ai big del web: ecco i temi che infiammeranno il dibattito politico statunitense, e non solo, nei prossimi mesi

Il 20 gennaio 2025 segnerà una straordinaria rinascita politica quando Donald J. Trump giurerà per la seconda volta di proteggere la Costituzione e diventerà il 47esimo Presidente degli Stati Uniti. Quattro anni fa Trump era uscito di scena a causa dei bassi indici di gradimento, delle false affermazioni sul furto delle elezioni e con un assalto al Campidoglio da parte dei suoi seguaci. Perseguito poi da alcuni Pubblici ministeri con accuse relative alle sue pratiche commerciali, alla manipolazione di documenti riservati e all’interferenza elettorale, sarebbe stato facile pensare che la carriera politica di Trump fosse finita.
La rinascita di Trump è stata il risultato sia degli errori commessi dai suoi avversari, compresa l’amministrazione Biden, sia degli istinti dello stesso Trump riguardo alla sua base politica e alle potenti correnti di rabbia e risentimento populista che stanno attraversando non solo gli Stati Uniti ma gran parte del mondo. Hanno pagato gli istinti del “marketer”, del conoscitore dei mercati, che in fondo è quello che è Trump. Attraverso le varie traversie della sua carriera imprenditoriale, ha imparato l’importanza del marchio. In altre parole, è più facile essere pagati per mettere il proprio nome su una torre che costruirla davvero. Un luogo comune del marketing dice che “si vende lo sfrigolio della carne, non la bistecca”. Si è auto promosso in politica nello stesso modo in cui si è auto promosso nel business, facendo del suo personaggio sfacciato e dalla veloce parlantina l’incarnazione del marchio, indipendentemente dal prodotto o dal messaggio. In questo modo, ha costruito una coalizione eterogenea di gruppi di interesse spesso in contrasto tra loro, ma uniti nel volerlo come portabandiera.

A giudicare dai commenti di Trump prima dell’insediamento su Groenlandia, Panama, Canada, sul cambio di nome del Golfo del Messico, si nota il la vecchi mania di Trump per le sparate

Quindi, che cosa possiamo sperare e temere dalla seconda amministrazione Trump?
A livello internazionale, si spera che dopo il caos della sua prima amministrazione, in aperta polemica con la NATO e gli altri alleati e con una certa ammirazione per i dittatori, Trump capisca il valore della statualità. Per quanto riguarda la NATO, la guerra in Ucraina, le crescenti tensioni con la Cina, la ricostruzione di Gaza, la crescita dell’influenza cinese e russa in Africa e Asia, la speranza è che Trump apprezzi l’importanza degli alleati e il valore di vedere i propri nemici con chiarezza e senza illusioni.
La nomina del senatore Marco Rubio a Segretario di Stato è un motivo per sperare che ciò avvenga. Le opinioni di Rubio in materia di politica estera sono generalmente in linea con il tradizionale conservatorismo del partito repubblicano, e inoltre egli ha un raro apprezzamento per le dinamiche politiche dell’America Latina, una regione spesso ignorata dai politici statunitensi.
Ma a giudicare dai commenti di Trump prima dell’insediamento su Groenlandia, Panama, Canada e persino sul cambio di nome del Golfo del Messico, si nota il vecchio carisma di Trump per il caos. Resta da vedere se l’atteggiamento di Trump su questi temi sia semplicemente una tattica negoziale, ma la paura è che il caos della prima amministrazione Trump sia una prefigurazione della seconda.
Sebbene non abbia fatto campagna elettorale per l’acquisizione della Groenlandia o di Panama, ha fatto campagna per cambiare i dazi del commercio globale. L’impegno di Trump potrebbe segnare l’inizio di una guerra commerciale internazionale che minaccerebbe di sconvolgere l’economia mondiale. Alcuni osservatori di Trump pensano che ci sia un metodo nella sua follia, e che le fantasie espansionistiche di costruzione di un impero siano semplicemente una cortina fumogena o una distrazione da una decisione economica molto più seria riguardante proprio le tariffe doganali.

A livello nazionale, i due temi principali della campagna sono stati l’inflazione e l’immigrazione. Il Presidente eletto Trump ha già ammesso che è molto difficile riportare i prezzi a un livello pre-pandemico. Tuttavia, per quanto riguarda l’immigrazione e la deportazione di 12 milioni di persone senza documenti negli Stati Uniti, lui e i suoi incaricati sembrano impegnati ad agire. C’è un ampio sostegno per una politica di deportazione, anche se c’è disaccordo sui parametri dell’espulsione. Si vogliono espellere tutti coloro che sono senza documenti, o quelli arrivati di recente o solo i criminali?
Si potrebbe sperare che, nonostante la retorica militante della nuova amministrazione, Trump possa negoziare una sorta di consenso su una politica di immigrazione più ragionevole. Tutte le parti concordano sul fatto che l’attuale sistema di immigrazione non funziona. Che sia possibile un compromesso simile a quello che i senatori democratici e repubblicani avevano raggiunto un anno fa sembra improbabile a questo punto, soprattutto perché quel compromesso ha ricevuto il veto dell’allora candidato Trump.
Il timore dei critici è che il tentativo di una politica di deportazione di ampio respiro abbia un impatto sociale ed economico distruttivo. Molti settori economici dipendono oggi da lavoratori nati all’estero. Senza una sorta di processo di legalizzazione dei residenti privi di documenti, saranno danneggiati tutti i settori, dalla costruzione di case all’agricoltura, fino a molte industrie di servizi. Questo rischio economico potrebbe fornire a Trump la copertura politica per cercare un compromesso, che però potrebbe essere ancora inaccettabile per molti dei suoi sostenitori.
I conservatori sul piano etico sperano che Trump sostenga una restrizione nazionale dell’aborto, che riduca i diritti dei transessuali e che continui una campagna retorica generale contro l’ideologia woke. Trump stesso non è mai stato un vero conservatore su questi temi e durante la sua campagna elettorale sembrava essere soddisfatto che ogni Stato stabilisse la propria politica sull’aborto. Per quanto riguarda le restrizioni sui diritti dei transessuali, potrebbe permettere che anche quelle vengano gestite da Stato a Stato. Tuttavia, c’è un’ala della sua base sociale che chiede di più.
È chiaro che c’è molta più intenzionalità da parte del team di Trump nel lancio della sua seconda amministrazione. Gli osservatori dicono che nel 2016 nemmeno Trump si aspettava di battere Hillary Clinton. C’è stata poca preparazione alla vittoria e alla conquista del potere. Le posizioni chiave sono state assegnate in modo piuttosto casuale, sia che il candidato avesse l’aspetto giusto sia che fosse d’accordo con l’agenda di Trump.
Non sarà questo un errore nel secondo mandato, dove praticamente tutti i 4.000 incaricati politici saranno controllati per la loro assoluta fedeltà a Trump sopra ogni altra cosa. Trump stesso ha una sua lista di nemici e ha dichiarato che non assumerà nessuno che sia in qualche modo affiliato a coloro che lo hanno osteggiato in passato. Ha anche promesso di ridurre le dimensioni del governo federale e di epurare la forza lavoro federale, ufficialmente apartitica, un’istituzione centenaria creata per evitare corruzione e inefficienza.
La velocità e il vigore con cui l’amministrazione entrante ha nominato il personale nei posti chiave suggeriscono che i desideri di Trump hanno maggiori probabilità di realizzarsi, sia che si tratti di tagli alle tasse e alle tariffe, sia che si tratti di vendicarsi dei suoi nemici.
Un timore è che il consolidamento del potere concentrato nel ramo esecutivo indebolisca gli altri due pilastri del governo americano: i tribunali e il Congresso. I suoi difensori sostengono che questo aiuterà Trump a raggiungere molti obiettivi che sono sfuggiti ad altri presidenti. I critici avvertono che ciò potrebbe portare a un’erosione delle istituzioni democratiche.
Con metà degli americani che ancora una volta non hanno votato per Trump nel 2024, la sua potenziale opposizione è ampia ma non è unita. I suoi oppositori sono stati stremati dagli ultimi otto anni di aspre battaglie di parte e scoraggiati dalla rielezione di Trump. Come per ogni nuova amministrazione, potrebbe anche esserci una breve tregua nei battibecchi tra le parti mentre la nuova squadra si insedia.
Ma la mancanza di consenso nazionale su molte delle questioni più importanti garantisce che l’opposizione finirà per sollevarsi. Con questa seconda amministrazione Trump, gli oppositori dicono di aver imparato la lezione che non devono rispondere a ogni provocazione (come quella sul Canada, il nostro 51esimo Stato!). Farlo significa consegnare il flusso delle notizie e l’agenda a Trump. La sfida che i Democratici devono affrontare è come non abboccare a ogni dichiarazione provocatoria. Devono scegliere le battaglie che più probabilmente risuoneranno invece con la maggioranza degli elettori americani. Il loro successo nelle elezioni di midterm del 2026 dipenderà in gran parte dalla capacità di affrontare questa sfida.

 

Giornalista

Greg Erlandson