Un articolo di: Alessandro Banfi

Industria e geopolitica, l'incontro tra i due leader supera l'entrata e la maldestra uscita dell'Italia dalla Nuova Via della Seta. Forse Meloni, visti i rapporti conflittuali ma dialettici con Ursula von der Leyen, può rappresentare una leva per un più costruttivo dialogo tra Pechino e l'Europa

Italia – Cina, si cerca di ricominciare un rapporto strategico anche nell’industria

La premier italiana Giorgia Meloni è a Pechino per una visita di cinque giorni, che riapre un dialogo importante con i vertici della Cina per almeno due ragioni: primo perché riallaccia un discorso diretto fra queste due nazioni, secondo perché si iscrive in un momento particolarmente delicato della situazione geopolitica mondiale. Ma andiamo per ordine.

Per quanto riguarda il primo aspetto, come ha scritto il Global Times, “numerosi imprenditori e osservatori dei due Paesi hanno espresso grandi aspettative per la visita, sottolineando l’importanza di rafforzare la cooperazione bilaterale, specialmente in settori come i nuovi prodotti energetici, i nuovi veicoli energetici e altre tecnologie verdi. Questa è la prima visita della Meloni in Cina da quando è entrata in carica. Ma soprattutto è la prima leader europea a visitare la Cina da quando si è conclusa la terza sessione plenaria del 20esimo Comitato Centrale del Partito Comunista cinese”. Dunque, da parte cinese si sottolinea, e molto, lo sforzo per ricominciare un rapporto strategico non solo sui beni di consumi, ma sull’industria. Non è un mistero che auto elettriche fabbricate in Cina saranno presto in vendita in Italia e che andrà rivista e discussa una nuova cornice di relazioni economiche, dopo l’ultimo irrigidimento della stessa Europa, sulla scia dell’atteggiamento statunitense di alzare nuove barriere doganali. Stando alle ricostruzioni del ministero degli Esteri cinese, il Dragone è pronto a collaborare con l’Italia nella produzione industriale, nell’innovazione tecnologica, negli investimenti economici e commerciali e “per esplorare la collaborazione in aree emergenti come i veicoli elettrici e l’intelligenza artificiale”.

Certo, fatalmente il rapporto è asimmetrico. La Cina è un colosso e l’Italia ha un problema di fondo: riequilibrare una bilancia commerciale che pende decisamente a favore di Pechino. Giorgia Meloni, che ha incontrato a lungo in un faccia a faccia il presidente Xi Jinping, ha chiesto che ci siano «regole certe», correttezza ed equità, in modo che l’economia di Pechino e Shanghai non finisca per sovrastare quella italiana. Ma le intenzioni sono serie. Al seguito di Meloni hanno visitato la Cina gli emissari di diverse aziende come Eni, Sace, Cdp, Fiat, Leonardo, Pirelli, De Longhi, Zoppas. Per citare le sigle più note e che hanno avuto rapporti storici con il Dragone. Alla base della nuova relazione economica ci sono 14 pagine del Piano d’azione per il rafforzamento del partenariato strategico globale Italia Cina (2024-2027), nei settori finanziario e degli investimenti, dell’istruzione e dell’innovazione scientifica, dello sviluppo sostenibile, della medicina e della cultura.

Meloni è stata la prima leader europea ad interloquire con Xi entrando nel merito delle crisi geopolitiche

Il secondo grande tema, dicevamo, è la complicata situazione geopolitica. Secondo quanto riferiscono i giornali italiani e cinesi, il colloquio diretto fra i due leader è stato dedicato in gran parte proprio a questi temi. Non a caso a Pechino è appena stato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba in una lunga e importante visita che, seppure con grande prudenza, è stata letta dalla diplomazia mondiale come una seria apertura di dialogo su un possibile nuovo incontro di pace, che riguarda la guerra in Europa. Non solo. Cinque giorni fa proprio a Pechino è stata firmata una Dichiarazione che potrebbe segnare un momento storico per la riconciliazione palestinese. Per la prima volta infatti, numerose fazioni palestinesi, tra cui Fatah e la stessa Hamas, hanno accettato di porre fine alle divisioni interne e lavorare per obiettivi comuni.

Giorgia Meloni è stata la prima leader europea ad interloquire con la massima leadership cinese entrando proprio nel merito di queste crisi. Ap e Reuters hanno riferito che i due hanno parlato di Ucraina, di Gaza, di intelligenza artificiale, di clima e di riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Meloni definisce “di grande rilievo” la collaborazione con la Cina, nel ventennale del Partenariato strategico e calca gli accenti “sull’importanza di una cooperazione equilibrata, mutualmente vantaggiosa e basata sulla reciproca fiducia”. Xi sembra comprendere le sue preoccupazioni e rassicura: “La Cina aderisce alla via dello sviluppo pacifico, non persegue mai l’egemonia ed è disposta a condividere opportunità di sviluppo con altri Paesi”

La sottigliezza della diplomazia cinese non deve avere sottovalutato il particolare ruolo dell’Italia e del governo Meloni negli attuali rapporti di forza nella stessa Unione Europea. Il governo italiano si è infatti distinto dalla maggioranza di “governo” espressa nella commissione Ue, nuovamente guidata da Ursula von der Leyen. Ma allo stesso tempo è in un rapporto dialettico con la stessa von der Leyen. Probabilmente la particolare posizione di Meloni permette di offrire soluzioni alternative al muro contro muro, alla logica della nuova Guerra Fredda, che tanti leader occidentali vorrebbero estendere anche alla Cina e ai rapporti con l’Oriente.

Per quanto riguarda i rapporti tra i due Paesi, la crisi provocata dalla cancellazione del Memorandum sulla Via della Seta (a suo tempo firmato dal governo presieduto da Giuseppe Conte) si può dire superata. E questo è positivo. Allora, ai tempi della visita di Xi Jinping a Roma, era apparso sbilanciato un dialogo bilaterale, che fu fortemente criticato da Washington e di cui fatalmente quel Memorandum divenne simbolo.
Mi concedo un piccolo ricordo personale. In quella occasione ebbi la ventura, quando ero direttore giornalistico nell’azienda Mediaset, di parlare a Roma pubblicamente alla vigilia di quella visita, di fronte a diversi ministri del governo cinese e ai governanti italiani. Citando Marco Polo (una mostra su di lui è stata visitata in queste ore da Meloni a Pechino), mi permisi di ricordare ai cinesi però la grande “lezione dell’antica Roma di Cesare Augusto”: il mondo si governa includendo, non escludendo. I ministri cinesi risero quando raccontai che anche Giove e Giunone fecero un Memorandum nell’Olimpo sulla fondazione di Roma alla fine dell’Eneide: Enea avrebbe sì ucciso Turno ma la lingua e la cultura ufficiali di Roma sarebbero stata quelle latine. La Roma nasceva “seconda”, come ha scritto Remi Brague nel suo La via romana all’Europa. Inclusiva, non esclusiva. Plurale, non univoca.

Giornalista, Autore tv

Alessandro Banfi