Un articolo di: Riccardo Fallico

La grande capacità di calcolo dell'IA richiede molte risorse energetiche, un altro fattore in grado di mettere sotto enorme pressione i piani di elettrificazione del mondo.

Al giorno d’oggi il tema dell’intelligenza artificiale (IA) è sempre più discusso e sta alimentando un acceso dibattito sulla necessità di “delegare” alla IA alcune mansioni, se non addirittura intere occupazioni, le quali possono essere svolte senza l’intervento o la presenza degli esseri umani. L’intelligenza artificiale non è più solo capace di reperire, raggruppare e catalogare le  informazioni presenti in rete in maniera sempre più veloce ed efficiente, ma, grazie all’avanzamento delle sue capacità computative, l’IA è oggi in grado di svolgere compiti prima impensabili, come tradurre conversazioni in tempo reale, creare foto di persone o paesaggi solo a partire da una breve descrizione o addirittura comporre e creare musica o video senza musicisti o attori. Il concetto e il termine di intelligenza artificiale sono nati nel 1956, ma la popolarità di questa tecnologia è cominciata ad aumentare con l’incremento dei volumi di dati da elaborare, lo sviluppo di algoritmi sempre più complicati per gestire le masse di dati e l’aumento delle capacità computazionale dei computer e dei server, dove questi dati vengono immagazzinati ed elaborati. Ciò che oggi chiamiamo IA, è più propriamente definita come intelligenza artificiale “generativa”, che rappresenta l’evoluzione del “machine learning” (apprendimento automatico) e del “deep learning” (apprendimento profondo), che sono alla base dei processi di analisi e elaborazione dati, ai quali l’IA attinge e dai quali estrapola le informazioni necessarie per il proprio funzionamento.

I problemi più evidenti, legati all’impiego dell’intelligenza artificiale sono la disoccupazione e l’aumento difficile da controllare dei consumi di energia elettrica

Nonostante l’attenzione si rivolga all’enorme capacità computazionale, che potrebbe rendere “obsoleti” gli esseri umani in alcuni campi, si tende a trascurare, invece, quale sia e quale sarà l’impatto dell’IA sui consumi di energia. I processi che l’intelligenza artificiale esegue sono, infatti, ad alta intensità energetica. Secondo una statistica di Goldman Sachs l’elaborazione di una richiesta a ChatGPT consuma, in media, dieci volte la quantità di energia elettrica indispensabile per effettuare una ricerca su Google. Il Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti ha messo a confronto i consumi degli uffici con quelli dei centri dati e ha riscontrato che i centri dati consumano da 10 a 50 volte l’energia di un tipico edificio commerciale. L’Unione Europea ha pubblicato una ricerca, che ha messo in risalto come nel 2022 i consumi di elettricità dei centri dati europei, stimati tra i 45 e 65 TWh, fossero circa il doppio dei consumi dell’intero settore delle telecomunicazioni, stimati tra i 25 e 30 TWh.

Secondo i dati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la domanda di elettricità per il funzionamento dei server collocati nei centri dati è in ascesa sin dal 2010, tanto da arrivare a rappresentare il 3% circa dei consumi elettrici mondiali. Secondo una stima dell’IEA, questi volumi sarebbero destinati a raddoppiare entro il 2026, superando, nello scenario più pessimistico, i 1000 TWh. In relazione al numero di centri dati che entreranno in funzione in futuro, ai miglioramenti in termini di efficienza energetica, nonché allo sviluppo e alla diffusione dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute, la domanda di energia elettrica potrebbe raggiungere un valore compreso tra 650 TWh e 1050 TWh, rispetto ai 460 TWh del 2022. Sempre secondo i dati dell’IEA l’1% dei gas serra è da imputare alla produzione dell’energia elettrica necessaria per mantenere in funzione i centri dati sparsi in giro per il mondo.

Il tasso di sviluppo dell’IA nel mondo, dal 43% negli USA e al 58% in Cina, comincia a pesare sulla generazione di energia elettrica

La diffusione dei server e dei centri dati non è affatto omogenea, anzi presenta una concentrazione alquanto elevata. Gli Stati Uniti, vista anche la presenza sul proprio territorio delle maggiori società informatiche mondiali, sono il Paese con il maggior numero di centri dati. L’analisi “The U.S. Needs a Bigger (Energy) Boat: Putting The Sheer Magnitude of Forecasted Energy Demand into Perspective” della società di consulenza Pickering Energy Partners (PEP) ha messo in luce come negli Stati Uniti siano in funzione circa 5381 centri di dati, un numero 10 volte superiore a quello della Germania, 521, seconda al mondo e 12 volte superiore rispetto a quello della Cina, 449. La ricerca di PEP mette, inoltre, in risalto altri due dati molto importanti per valutare l’impatto dell’IA sulla domanda futura di elettricità, ovvero il suo tasso di ricerca e di sviluppo e il tasso del suo effettivo impiego. Negli Stati Uniti per esempio il tasso di sviluppo dell’IA è del 43%, mentre quello del suo impiego è solo al 25%. In Germania i tassi di sviluppo e di diffusione sono allineati con la media mondiale e sono del 44% e del 34% rispettivamente, mentre per la Cina sono il 58%, il più alto al mondo, e il 30%, tra i più bassi al mondo. Analizzando questi dati, la società di consulenza statunitense ha voluto mettere in risalto come il peso dell’IA sulla domanda di elettricità possa ritenersi ancora contenuto e che le previsioni sui consumi energetici del governo statunitense, quindi, non sono molto realistiche. La stima conservativa di PEP, infatti, prevede un raddoppiamento dei consumi attuali di energia elettrica negli Stati Uniti, che potrebbero raggiungere gli 8400 TWh. In Europa la situazione del settore elettrico è leggermente diversa. Sebbene l’Europa, infatti, sia la seconda regione al mondo per concentrazione di centri dati in funzione, le loro dimensioni non sono equiparabili a quelle dei centri di dati negli Stati Uniti. Ciononostante, il peso dei loro consumi sul totale della domanda di elettricità non è trascurabile, attestandosi al 2,7%. C’è inoltre da rilevare che questa percentuale è stimata in aumento e potrebbe raggiungere il 3,2% entro il 2030, facendo così registrare un’impennata del 28% rispetto al 2018. Nonostante gli sforzi dell’Unione Europea di limitare i crescenti consumi dei centri di dati, attraverso l’approvazione della Direttiva per l’Efficienza Energetica, che stabilisce tagli di almeno l’11% dei consumi di elettricità, entro il 2030 i consumi per il funzionamento dei centri di dati potrebbero arrivare a toccare i circa 100 TWh, ovvero il doppio di quelli del 2022.

La diffusione dell’impiego dell’intelligenza artificiale sembra quindi rappresentare un altro fattore in grado di mettere ulteriore pressione sui piani di elettrificazione del mondo. In un contesto politico, tuttavia, che mira al ridimensionamento nel mix energetico mondiale del peso degli idrocarburi a favore delle fonti energetiche rinnovabili, sorgono nuovi interrogativi su come potrà essere assicurata la sicurezza energetica.

Le fonti energetiche rinnovabili, considerando le tecnologie attualmente disponibili, ad oggi, infatti, non solo non sono in grado di compensare e di garantire le quantità di energia che non saranno più prodotte con l’utilizzo degli idrocarburi, ma non saranno nemmeno in grado di far fronte alla produzione dei quantitativi aggiuntivi di elettricità richiesti dai centri dati. Gli Stati Uniti possono ancora una volta rappresentare una chiaro esempio di ciò. Secondo l’analisi “On the path to 100% clean electricity” del DOE, il governo degli Stati Uniti ha stabilito che già entro il 2030 il Paese dovrà essere in grado di produrre almeno l’80% di energia elettrica da fonti rinnovabili. I dati di fine 2023 dell’Energy Information Administration (EIA) mostravano, tuttavia, come l’obiettivo fosse ancora alquanto distante, poiché erano stati prodotti 894 TWh su un totale di 4178 TWh da fonti rinnovabili, che rappresentano il 22% circa del mix energetico statunitense. Ipotizzando la domanda futura di elettricità piatta, le fonti alternative dovrebbero generare 3400 TWh, circa 3,5 volte di più di quanto siano in grado di generare oggi. Se, in base al grado di adozione dell’IA, il tasso di crescita della domanda di energia dovesse invece assestarsi tra il 3,7% e il 15% annuale, la capacità di generazione di elettricità da fonti rinnovabili dovrebbe raggiungere, nello scenario più conservativo, i 4500 TWh. La capacità di generazione da fonti alternative pianificata negli Stati Uniti non sembra, però, riuscire a tenere il passo con l’aumento del potenziale fabbisogno energetico, visto che sempre secondo i dati dell’EIA per il 2024 è prevista l’aggiunta di  “soli” 45 GWh, ovvero 0,045 TWh, di cui 36 di generazione da solare e 8 GWh da eolico.

In Europa la capacità delle fonti rinnovabili non può garantire nemmeno minimamente il fabbisogno delle nuove tecnologie, tra cui l’intelligenza artificiale

Anche per quanto riguarda l’Europa vi sono dei dubbi sulla capacità delle fonti rinnovabili di produrre i quantitativi aggiuntivi di elettricità necessari per dismettere gli idrocarburi e per soddisfare l’aumento della domanda. Ciononostante, la Commissione Europea ha visto al rialzo i propri target di produzione di energia da fonti rinnovabili per il 2030, portandoli dal 32% ad almeno il 42,5%, ovvero quasi il doppio rispetto al 23% del 2022. Nonostante nel primo semestre del 2024 le fonti rinnovabili abbiano pesato per il 50% nel mix per la produzione di elettricità, aggiungendo nel 2023 di 56 GWh di solare e 16 GWh di eolico, è da notare come questo sia stato possibile visto il forzato abbandono del gas naturale e del carbone, ma anche e soprattutto in relazione alla diminuzione della domanda stessa di elettricità, che, nel 2023, ha registrato una flessione di circa il 6,5%, 186 TWh, rispetto allo stesso periodo del 2021, a seguito dell taglio della produzione industriale europea ad alta intensità energetica. La domanda di energia elettrica europea totale, sempre alla fine del 2023, si era attestata intorno ai 2697 TWh, il livello più basso registrato dal 2001. La capacità di produzione da fonti rinnovabili rimane però lontana dagli obiettivi stabiliti. L’aumento annuale medio della produzione da fonti rinnovabili in Europa si è attestato intorno al 1%, tuttavia secondo il piano REPowerEU entro il 2030 la capacità di generazione dovrebbe aumentare dai circa 614 GW del 2023 a 1236 GWh, trainata da solare e eolico, che dovrebbero passare, rispettivamente, dai 260 GW e 221 GW del 2023 ai 700 GW e 400 GW.

Le cifre sembrano quindi indicare come ci si sia sempre più avvicinando ad un crocevia, nel quale le ambizioni politiche di abbandonare l’utilizzo dei carburanti fossili si dovranno scontrare con l’effettiva capacità produttiva e come questa sia in grado di soddisfare la domanda di elettricità, destinata a lievitare a seguito dell’elettrificazione e della digitalizzazione del mondo in cui viviamo. Secondo quanto dichiarato dall’IEA, ad oggi l’obiettivo di triplicare la capacità di generazione da fonti alternative è di dubbia realizzazione. Secondo Faith Birol, direttore esecutivo dell’IEA, sono gli stessi governi nazionali che dovrebbero incentivare maggiormente il passaggio ad un sistema energetico più sostenibile, tagliando così l’inquinamento. Non può non sollevarsi il dubbio, tuttavia, che le azioni politiche dei governi non siano sufficienti, poiché i traguardi ecologici stabiliti sono fin troppo ambiziosi e non tengono veramente conto degli ostacoli, fisici e/o finanziari, da scavalcare e degli sforzi necessari da compiere per raggiungere i target prefissati, siano essi a medio, 2030, o a lungo termine, 2050.

Economista

Riccardo Fallico