Inizia la terza settimana di conflitto in Israele e il Papa ha lanciato l'appello: "Fermatevi! Tutte le guerre sono una sconfitta". Gli Stati Uniti sostengono il diritto di Israele a difendersi ma cercano di evitare un'escalation. Un'esigenza a parole, sostenuta da tutti i leader europei.
E’ durata 20 minuti la telefonata tra Papa Francesco e Joe Biden che il 22 ottobre, secondo quanto riporta la Sala Stampa vaticana, hanno parlato del conflitto nel mondo e del “bisogno di individuare percorsi di pace”. Lo stesso Papa Francesco al termine dell’Angelus aveva lanciato un appello: “Fermatevi! La guerra, ogni guerra che c’è nel mondo è una sconfitta, è una distruzione della fraternità umana”.
E la difficile strategia dell’amministrazione USA, che è fondamentalmente quella di annientare Hamas senza innescare la polveriera mediorientale, si sta traducendo in una pressione su Netanyahu: per ritardare l’assalto via terra a Gaza, per permettere l’arrivo di aiuti umanitari (nelle scorse ore alcuni camion sono entrati attraverso Rafha, sul confine con l’Egitto) e per cercare di tenere sotto controllo la situazione a nord, scongiurando un’estensione del conflitto a Hezbollah e quindi all’Iran.
Proprio il regime degli ayatollah ha messo in guardia Israele e Usa: il rischio che la situazione in Medio Oriente diventi “incontrollabile” è dietro l’angolo. Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas ha discusso con il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian su come fermare i “brutali crimini “. Lo stesso
Amirabdollahian ha definito la regione “una polveriera. Vorrei avvertire gli Usa e il regime fantoccio israeliano che se non metteranno immediatamente fine ai crimini contro l’umanità e al genocidio a Gaza, tutto sarà possibile in qualsiasi momento e la regione andrebbe fuori controllo”.
Nel frattempo Biden, pur ribadendo il diritto di Israele a “difendersi” ha intimato a Netanyahu di agire “secondo le leggi della guerra garantendo la massima protezione per i civili” e il Segretario di stato Anthony Blinken ha ribadito che “Nessuno vuole un’escalation”, aggiungendo che in ogni caso gli Stati uniti “saranno pronti ad agire se dovesse essere reso necessario”.
Preoccupazione circa il fatto che “l’escalation del conflitto a Gaza si sta diffondendo a livello regionale e internazionale” è stata espressa anche dall’inviato speciale cinese in Medio Oriente, Zhai Jun. Il diplomatico ha spiegato che la Cina farà “tutto il necessario” per promuovere il dialogo, e raggiungere un cessate il fuoco ribadendo che l’unica soluzione è quella dei due Stati. Nel frattempo oggi a Teheran è atteso il ministro degli Esteri della Russia, Sergei Lavrov; nella capitale iraniana si terrà un incontro dei ministri degli Esteri ”3+3” sulla regione del Caucaso con la partecipazione di Iran, Azerbaigian, Armenia, Russia e Turchia.
Nella serata del 22 ottobre c’è stata una riunione telefonica tra Biden, il premier canadese Justin Trudeau e i leader europei Giorgia Meloni (Italia), Emmanuel Macron (Francia), Olaf Scholz (Germania) e Rishi Sunak (Gran Bretagna). I colloqui si sono incentrati sull’esame dell’evoluzione della grave crisi apertasi dopo l’attacco del 7 ottobre. I capi di Stato e di governo si sono impegnati a “continuare uno stretto coordinamento diplomatico, anche con i partner chiave della regione, per prevenire l’estendersi del conflitto, preservare la stabilità in Medio Oriente e lavorare verso una soluzione politica e una pace duratura”.
In precedenza la posizione dell’UE era stata criticata dagli stessi dipendenti delle istituzioni europee che in una lettera con 850 firme in calce avevano criticato il “sostegno incondizionato” a Israele espresso da Ursula Von der Leyen e per “l’apparente indifferenza” dimostrata nei confronti del “continuo massacro di civili nella Striscia di Gaza, in spregio ai diritti umani e al diritto umanitario internazionale”. Nella lettera è contenuta un’esortazione perché si fermino le azioni armate: “Vi esortiamo a chiedere, insieme ai leader di tutta l’Unione, un cessate il fuoco e la protezione della vita civile. Questo è il cuore dell’esistenza dell’Ue”.
Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha spiegato: “Continuiamo a lavorare per la de-escalation, per impedire che ci sia una regionalizzazione della guerra. Dobbiamo fare in modo che Libano e Iran non siano parte del conflitto tra Israele e Hamas. Fermo restando il diritto di Israele a difendersi ma allo stesso tempo bisogna difendere la popolazione civile”.
A Gaza nel frattempo la crisi umanitaria inizia ad assumere le dimensioni di una vera e propria catastrofe, per questo l’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell ha spiegato che “La cosa più importante ora è chiedere la consegna degli aiuti umanitari a Gaza. In tempi normali, senza guerra, circa 100 camion entrano quotidianamente a Gaza dunque è chiaro che 20 non sono abbastanza. L’importante è fare di più, più in fretta, e in particolare portare a Gaza le cose basilari che fanno sì che l’acqua e l’elettricità vengano ripristinate”.