Centinaia di persone uccise, migliaia di feriti in Israele e nella striscia di Gaza. Duelli di artiglieria e razzi lanciati contro Israele anche dal territorio libanese. È la tragica cronaca del secondo giorno del sanguinoso conflitto armato tra Hamas, Hezbollah e Israele, che il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha subito chiamato “guerra”. Nell’ambito dell’operazione militare “Spade di ferro” in Israele sono stati richiamati in servizio decine di migliaia di riservisti per rispondere “alla guerra con irruenza e un’ampiezza che il nemico non ha conosciuto finora”.
Hamas, gruppo islamico palestinese, aveva inaugurato il 7 ottobre un’offensiva come non se ne vedeva da qualche decennio in Israele, secondo quanto riportano le fonti israeliane, con il lancio di “almeno 2200 missili da Gaza” (5000 secondo Hamas) a questi si sarebbero aggiunte diverse incursioni via terra. Il bilancio in Israele dopo è di 600 vittime e di 2000 feriti, 300 dei quali gravi. A questi si aggiungono 750 dispersi che potrebbero essere ostaggio nei territori. Tra i palestinesi invece i morti causati dai raid israeliani sarebbero 400.
La rivendicazione di Hamas aveva motivato l’incursione come risposta ai ripetuti attacchi che Israele avrebbe fatto ai danni dei palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme, il comandante Mohammad Deif aveva contestualmente invitato tutti i palestinesi del mondo a imbracciare le armi. “Questo è il giorno della più grande battaglia per porre fine all’ultima occupazione sulla terra”
Le prime reazioni di Europa e USA sono riassumibili nella posizione dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell: apprendiamo “con angoscia le notizie che provengono da Israele. Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi di Hamas. Questa orribile violenza deve finire immediatamente. Il terrorismo e la violenza non risolvono nulla”. Diametralmente opposta era stata la posizione assunta dall’Iran che attraverso le parole di Rahim Safavi, consigliere della Guida suprema iraniana Ali Khamenei che si dice “fiero” di Hamas e sottolinea la vicinanza di Teheran “ai combattenti palestinesi fino alla liberazione della Palestina e di Gerusalemme”.
L’8 ottobre il conflitto ha già varcato i confini di Israele. Domenica ad Alessandria d’Egitto un poliziotto egiziano ha aperto fuoco all’impazzata contro un bus pieno di turisti israeliani, arrivati per visitare il museo del “Tempio di Serapeo”. Secondo il bilancio ancora non definitivo l’attacco folle sarebbe costato la vita ad almeno due turisti israeliani e a un accompagnatore egiziano, mentre alcune persone sarebbero state ferite. Il poliziotto è stato subito arrestato delle forze dell’ordine.
E anche l’Hezbollah libanese è sceso in campo rivendicando di aver compiuto “tiri di artiglieria e lanci di razzi” su Israele dal territorio del Libano. Immediata è stata la risposta dell’esercito israeliano che ha tirato colpi di avvertimento verso “un gruppo di sospetti presenti nell’area di Har Dov” colpita in precedenza nei pressi del confine con il Libano. Il portavoce militare di Tel Aviv, Daniel Hagari, ha precisato che “dall’inizio della operazione ‘Spade di ferro’ l’esercito di Israele ha condotto 500 attacchi su Gaza ed ha ucciso almeno 400 miliziani di Hamas”.
Un portavoce di Hamas, Ghazi Hamad, ha dichiarato in un’intervista all’emittente radio BBC, che “nel suo attacco ad Israele la resistenza ha ricevuto il sostegno dell’Iran”. In precedenza l’Iran aveva denunciato i colloqui di pace tra Israele e l’Arabia Saudita, bollate da Teheran come “tradimento dei palestinesi”. Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha avvertito alla recente Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York che “un’eventuale normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita costituirebbe un tradimento della causa palestinese”.
E dopo l’attacco di Hamas l‘accordo di pace tra l’Arabia Saudita e Israele “è praticamente morto”. Lo ha dichiarato in un’intervista alla TV statunitense CNN, Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, secondo cui l’accordo “era vicino, c’era molta fiducia”.
“Al momento penso che l’accordo tra l’Arabia Saudita e Israele sia morto, ma questo non significa che non potrà essere rilanciato in un altro momento”, ha dichiarato Bremmer.
“Seguo con apprensione e dolore quanto sta avvenendo in Israele, dove la violenza è esplosa ancora più ferocemente provocando centinaia di morti e feriti”, ha detto domenica Papa Francesco all’Angelus. “Gli attacchi di armi si fermino, per favore – ha aggiunto -, e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano ad alcuna soluzione, ma solo alla morte di tanti innocenti”. “La guerra è una confitta, è sempre una sconfitta – ha sottolineato il Pontefice -. Preghiamo perché ci sia la pace in Israele e in Palestina”.