La Russia favorisce la produzione propria e raddoppia i dazi sul vino d’importazione.
L’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino (OIV) suona l’allarme: nel 2023 la produzione mondiale di vino sta scendendo al livello più basso mai registrato sin dal 1961. Il record davvero negativo è stato causato da eventi climatici estremi che hanno danneggiato seriamente la fertilità dei vigneti, limitando la produzione.
Sulla base delle informazioni raccolte dalla OIV su 29 Paesi, che rappresentano il 94% dell’output globale, la produzione mondiale di vino (esclusi succhi e mosti) è stimata tra 241,7 milioni di ettolitri (hl, un ettolitro equivale a 133 bottiglie di vino standard da 0,75 litri) e 246,6 milioni di ettolitri, con una stima media pari a 244,1 milioni. Si tratta di un calo del 7% rispetto all’anno scorso. Il dato si confronta con quello dell’ormai lontano 1961, quando la produzione calò a 214 milioni di ettolitri.
Come ha precisato Giorgio Delgrosso, responsabile dell’ufficio studi dell’OIV, questo scenario negativo può essere attribuito a cali significativi nei principali Paesi produttori di vino in entrambi gli emisferi del Pianeta. Mentre nell’emisfero Sud Paesi come Australia, Argentina, Cile, Sudafrica e Brasile hanno registrato cali compresi tra il -10% e il -30%, nell’emisfero Nord l’Italia, la Spagna e la Grecia sono stati quelli che hanno sofferto di più per le cattive condizioni climatiche dalle gelate precoci, alle piogge torrenziali, alla siccità, ma anche per muffe e per malattie delle piante. Solo gli Stati Uniti e alcuni Paesi della UE come Germania, Portogallo e Romania hanno registrato nel 2023 condizioni climatiche favorevoli e sono riusciti ad aumentare la loro produzione.
Un insieme di eventi climatici negativi, concentrati in mesi cruciali, unito a fattori produttivi, a cominciare dalla carenza di lavoratori agricoli, ha provocato un forte calo delle produzioni italiana e spagnola e come conseguenza una diminuzione del 7% della produzione totale dell’Unione Europea. Questa si attesterebbe quest’anno a quota 150 milioni di ettolitri, il terzo livello più basso dall’inizio del secolo.
La produzione di vino degli Stati Uniti, il quarto produttore mondiale, è invece prevista per quest’anno a quota 25,2 milioni di ettolitri, con un aumento del 12% rispetto al 2022.
Il calo a livello globale si affianca alla diminuzione della domanda. Secondo i dati dell’Osservatorio del vino, una pubblicazione dell’Unione italiana vini (UIV), attualmente le giacenze di vino invenduto in cantina è salito a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75 litri. Il dato riflette un’eccedenza del 4,5% rispetto allo scorso anno a causa di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le DOP non venduti a +9,9 per cento.
Un altro dato preoccupante per le aziende vitivinicole italiane è la domanda dei Paesi extra-UE in ulteriore contrazione. Tra i top 10 Paesi-importatori, che insieme rappresentano circa l’85% del mercato extra-UE, l’export in volume cresce solo verso la Russia, con invece i cali quantitativi a “doppia cifra” per gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, la Norvegia, la Cina e la Corea del Sud.
Ma anche lo spiraglio chiamato “Russia” per le cantine italiane sta per chiudersi. I produttori italiani di vino, che hanno sempre guardato a Mosca come uno dei nuovi mercati più promettenti del mondo, ora devono cambiare i propri programmi di export in seguito alla decisione del Governo russo di “assoggettare tutti i vini e i vermouth a un dazio doganale del 20%” (rispetto alla precedente tariffa del 12,5% per i vini e del 10% per i vermouth che era in vigore in precedenza). Di fatto, e in media, quasi un raddoppio del dazio che si applica a partire da un valore di 1,5 dollari al litro e quindi riguarda praticamente tutto l’export italiano. La Russia è il nono mercato per il vino italiano mentre per gli spumanti è al quinto posto tra i maggiori importatori globali.
Come ha scritto il principale quotidiano economico e finanziario italiano Il Sole 24 Ore “nel 2022 l’Italia ha spedito spumanti in Russia per un controvalore di 91 milioni di euro (+28% rispetto all’anno precedente) contro il fatturato di 80 milioni dei vini fermi (+5,1%). Complessivamente le esportazioni enologiche italiane verso la Russia lo scorso anno sono ammontate a oltre 170 milioni di euro”.
La stangata doganale russa rientra nelle politiche agricole del Cremlino che negli ultimi anni ha favorito molto lo sviluppo interno dell’industria del vino. La Russia sta realizzando un programma federale che prevede finanziamenti pubblici per 270 milioni di dollari e un aumento del 35% delle superficie dei vigneti entro il 2030. Nel 2022 la produzione russa di vino è aumentata del 13% rispetto ai risultati dell’anno precedente. Secondo l’analista della banca agricola russa Rosselkhozbank, Natalia Khudjakova, “nel 2023 il consumo di vino in Russia dovrà toccare quota 900 milioni di litri l’anno”. Le vendite nel Paese dei vini “made in Russia”, che attualmente rappresentano il 55% dell’intero assortimento sugli scaffali dei negozi, sono aumentate di oltre tre volte.
Nel primo semestre del 2023 le esportazioni di vini e spumanti italiani verso la Russia hanno registrato un giro d’affari di 67 milioni di euro con un balzo del 65% in sei mesi (+64% per i vini fermi e +66% per gli spumanti). Secondo Il Sole 24 Ore “un progresso di una dimensione tale da far immaginare che gli importatori di Mosca abbiano cercato di fare scorte prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi. Saranno i trend dei prossimi mesi a chiarire se i sospetti di qualcuno si riveleranno o meno fondati”.