Sugli "errori storici" e sul perché Trump è meglio di Biden per la sicurezza energetica europea
La strana e controversa affermazione del presidente dell’Agenzia internazionale per l’energia (AIE), Fatih Birol
C’è un detto popolare: tutti i problemi sono causati da cattive idee. Incontestabile. Infatti: viene in mente una cattiva idea, iniziano a realizzarla e subito vengono sovrastati dai problemi. Perciò è importante capire in tempo utile quale idea è buona e quale cattiva, in modo da non portare la questione al punto di non ritorno, quando la situazione non può più essere salvata.
I politici europei al potere valutano molto, ma molto positivamente l’idea di eliminare la presunta dipendenza dal gas naturale russo: questa è una “good idea”, un’idea buona. Anche il presidente dell’Agenzia internazionale per l’energia (AIE), Fatih Birol, è pienamente d’accordo con i politici europei. Sotto la sua guida, nel maggio 2022, l’AIE ha pubblicato un rapporto con dieci raccomandazioni su come sbarazzarsi con successo del gas russo (A 10-Point Plan to Reduce the European Union’s Reliance on Russian Natural Gas).
In un’intervista al quotidiano Handelsblatt del 23 gennaio 2023 ha dichiarato: “La dipendenza della Germania dalle importazioni di gas russo è stato un ‘errore storico’ a causa del quale la popolazione e l’economia del Paese devono ora pagare un prezzo pesante”. Cercherò di dare la mia interpretazione di questa affermazione.
Prima di tutto, Birol ha ammesso che le sue raccomandazioni non hanno funzionato come previsto e che il rifiuto del gas russo ha comportato delle conseguenze dolorose in primis per quel che riguarda l’impennata dei prezzi. È difficile non essere d’accordo con questo. In effetti, gli europei non sono stati sufficientemente coerenti nel seguire le raccomandazioni dell’AIE. Ad esempio, Birol ha proposto di massimizzare il potenziale dell’energia nucleare, invece il Governo tedesco, nel momento più inopportuno, ha chiuso tutte le rimanenti centrali nucleari.
L’affermazione di “errore storico” è del tutto insostenibile
Con la seconda affermazione sull’“errore storico” non possiamo assolutamente essere d’accordo. L’uso del gas dalla Russia come arma energetica è un mito, una bufala di carattere geopolitico, non confermata nemmeno da un singolo fatto concreto. Permettetemi di ricordarvi che le due cosiddette “crisi di transito ucraine” del gas russo nel 2005 e nel 2009 sono state orchestrate dagli stessi europei, i quali, con l’avvento al potere dei globalisti alla guida della Commissione Europea, si sono posti l’obiettivo di screditare le forniture di gas dalla Federazione Russa. Era impossibile fare a meno di tali show teatrali, dal momento che la massima affidabilità delle forniture del gas dalla Russia nel corso di molti anni non ha mai suscitato una minima critica.
Nei 55 anni della presenza sul mercato europeo, la Russia ha fornito circa 2.000 miliardi (!) di metri cubi di gas naturale. Che cosa hanno ricevuto gli europei grazie a queste forniture? Innanzitutto il gas russo ha permesso di rinunciare all’obsoleto riscaldamento a carbone nel settore dei servizi comunali. È passato alla storia lo smog soffocante che avvolgeva le città europee durante la stagione invernale. Inoltre colossali volumi di gas naturale provenienti dalla Russia hanno sostituito in gran parte la domanda di petrolio e dei suoi derivati e per molti anni il gas russo è stato un fattore di contenimento della crescita dei prezzi del petrolio, non soltanto in Europa ma in tutto il mondo. Infine il gas ha quasi completamente eliminato l’utilizzo dell’olio combustibile “sporco” nella generazione di energia elettrica. Detto questo sarebbe opportuno costruire un monumento alle forniture russe di gas in qualche punto importante di Bruxelles o Strasburgo. Allora ci chiediamo: ma dove Birol ha individuato l’“errore storico” dell’Europa, della Germania in particolare, di fidarsi della Russia e del suo gas?
Nel frattempo, l’Unione Europea continua con tenacia a correggere l’inesistente “errore storico”. Si propone di includere le forniture russe ai Paesi europei di gas naturale liquefatto (GNL) nel prossimo 13° pacchetto di sanzioni contro la Russia, mentre la Commissione Europea sta aumentando la pressione sui pochi Paesi-acquirenti rimasti di gas trasportato attraverso gasdotti dalla Federazione Russa affinché accelerino la ricerca di fornitori alternativi.
Tuttavia, due anni dopo la rottura definitiva con il gas russo, diventa sempre più chiaro che questa rottura in sé rappresenta un vero e proprio “errore storico” o una “bad idea”, cattiva idea. Ho già scritto che la sostituzione del gas da gasdotto russo con del GNL non era affatto giustificata dal punto di vista della riduzione delle emissioni globali di gas serra, poiché l’utilizzo del gas liquefatto in realtà aumenta queste emissioni di 3-4 volte. Già alcuni anni fa in Francia e in Italia si erano sentite voci contrarie alle importazioni di GNL. Ma dopo il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream del Mar Baltico, queste voci non si sono più sentite.
L’affidabilità delle forniture di GNL americano all’Europa è molto in discussione
Il problema dell’affidabilità delle forniture di GNL dagli Stati Uniti risiede principalmente nella dissonanza cognitiva, tipica per le politiche energetiche americane. Alla vigilia delle elezioni, il presidente USA, Joe Biden, si è trovato di fronte a un dilemma. Da un lato, gli Stati Uniti si sono impegnati a garantire all’Europa un approvvigionamento affidabile di gas naturale liquefatto per molti anni a venire. D’altro canto, l’amministrazione presidenziale è favorevole alla limitazione degli investimenti nella produzione del gas naturale ed è a capo di un gruppo di Paesi che, alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP28 di dicembre, hanno fatto pressioni per promuovere una risoluzione sulla transizione graduale dai combustibili fossili.
Venerdì 27 gennaio 2023, una manifestazione di questa dissonanza cognitiva è stata la sospensione a tempo indeterminato del rilascio di nuove licenze per l’esportazione di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Durante questo periodo, il Governo degli Stati Uniti studierà attentamente l’impatto delle forniture di GNL sul cambiamento climatico, sull’economia e sulla sicurezza nazionale del Paese.
Questa moratoria mette in forse la realizzazione dei piani che riguardavano la conclusione di nuovi contratti per l’esportazione di GNL all’estero ed entra in contraddizione, nel medio termine, con gli obblighi assunti nei confronti della UE. Tuttavia, ciò non dovrà influenzare direttamente i progetti di esportazione finora approvati e neanche le forniture correnti di gas.
In questa decisione, e soprattutto nelle tempistiche della sua adozione, si possono vedere anche i tentativi dell’amministrazione Biden di punire gli Stati meridionali ribelli, in primo luogo il Texas e la Louisiana, che avevano fatto resistenza alle politiche di immigrazione del partito Democratico. Con una possibile vittoria repubblicana alle prossime elezioni, molto probabilmente la moratoria sulle licenze per i nuovi progetti verrà revocata. Ma il problema dell’affidabilità delle forniture di GNL dagli Stati Uniti non finisce qui.
Il fabbisogno del mercato interno americano è la priorità per i produttori del gas degli Stati Uniti
C’è anche un aspetto sostanziale nel fatto che il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha annunciato una pausa nello studio dell’impatto dei nuovi progetti di GNL sulla sicurezza energetica del Paese, che lo scorso anno è diventato il più grande esportatore di GNL al mondo, superando l’Australia e il Qatar. In Europa gli USA hanno sostituito con successo il gas russo. Tuttavia, secondo alcuni autorevoli esperti, la crescente domanda negli USA di gas naturale sia per il consumo interno che per l’esportazione, non potrà essere soddisfatta in futuro da una sufficiente base di risorse naturali.
Il celebre geologo americano, Art Berman, ritiene che la produzione di gas di scisto, che rappresenta l’80% di tutta la produzione di gas negli Stati Uniti, abbia raggiunto il suo picco. Egli ritiene che la produzione dei tre maggiori giacimenti di gas di scisto negli Stati Uniti abbia smesso di crescere, nonostante il fatto che ogni mese vengano trivellati molti pozzi nuovi. Ciò, secondo Berman, potrebbe portare all’introduzione di severe restrizioni sulle esportazioni di gas naturale americano. Di conseguenza, non ce ne sarà abbastanza per la terza ondata produttiva negli Stati Uniti.
Qualora Berman avesse ragione, allora la priorità tra il mercato interno e le esportazioni sarebbe più che evidente. Per illustrare, presentiamo gli eventi che si sono verificati nel gennaio 2024 con l’arrivo di una stagione fredda anomala negli Stati Uniti.
Le temperature molto basse hanno fatto lievitare i prezzi spot negli Stati Uniti, creando un incentivo per coloro che potevano vendere il gas a livello nazionale invece di esportarlo come GNL. Di conseguenza, la settimana scorsa, i terminali di esportazione della costa del Golfo Messicano non sono stati in grado di spedire almeno cinque carichi di GNL in Europa. Importante notare che la questione della priorità del mercato interno sia stata risolta anche senza un intervento del Governo federale USA.
La decisione di rinunciare all’offerta di un fornitore così importante come la Federazione Russa per ragioni geopolitiche ha aumentato a dismisure la vulnerabilità del mercato europeo del gas. Dopo essersi agganciata all’ago energetico americano, l’Europa si è trovata ostaggio di fattori che sfuggono al suo controllo. Tuttavia, dopo il settembre del 2023, gli europei non hanno più scelta.
Zuhreddin Zuhreddinov
Esperto indipendente Oil & Gas (Uzbekistan)