Dal romanzo distopico di Cormac McCarthy "La Strada" ai ragionamenti di Slavoj Žižek, fino al dialogo tra Chomsky e Mujica: come il mondo riflette sul rischio di Terza Guerra mondiale.
Il mondo dieci anni dopo la Bomba atomica è un mondo bruciato, svuotato, depredato. Il romanzo La Strada di Cormac McCarthy ce lo racconta
Un mondo bruciato, svuotato, depredato. La Terra diventata irriconoscibile. Pioggia e cenere, tanto che il grigio e il nero hanno sostituito il verde e l’azzurro del nostro globo. Ma soprattutto è un mondo dove gli uomini non sono quasi più tali. Fra quelli rimasti i più sono diventati assassini, cannibali, stupratori. Nel 2007 Cormac McCarthy vince il premio Pulitzer con un romanzo distopico. Il suo titolo è La Strada. La storia è ambientata in un’America dove dieci anni prima la bomba atomica ha cambiato tutto, spezzando in due la civiltà. Il grande scrittore, recentemente scomparso, prende per così dire sul serio la famosa frase di Albert Einstein, dopo Hiroshima e Nagasaki: «Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre». L’età della pietra post atomica, fatta di grandi magazzini svuotati e deserti in città fantasma, è raccontata attraverso il viaggio disperato e pericoloso di due esseri umani, un padre e un figlio, che non hanno neanche un nome nel romanzo. Un viaggio da Nord a Sud. Dal freddo e dalla neve fino al mare (diventato grigio) della California. Un viaggio per mantenere in vita la specie umana. Un viaggio nel nome del fuoco e dei buoni.
L’Apocalisse nucleare è oggi fra gli scenari attuali, possibili. Insieme ai rischi di una guerra mondiale, che finora è stata “a pezzi”, secondo l’intuizione di papa Francesco, e che invece oggi rischia di saldarsi in una temuta Terza guerra mondiale.
Perché Mc Carthy scelse, quasi 20 anni fa, questo argomento? Le scelte degli artisti sono misteriose e spesso non dettate da analisi razionali. Resta il fatto che oggi quel romanzo è diventato una lettura obbligatoria, oltre i meriti estetici e letterari. L’Apocalisse nucleare è oggi fra gli scenari attuali, possibili. Insieme ai rischi di una guerra mondiale, che finora è stata “a pezzi”, secondo l’intuizione di papa Francesco, e che invece oggi rischia di saldarsi in una temuta Terza guerra mondiale. Una guerra mondiale sdoganata ormai. Sdoganata nel linguaggio dai discorsi degli uomini politici, negli editoriali dei commentatori, ma anche nella realtà molto concreta delle quotazioni galoppanti dei beni rifugio, come l’oro, su tutti i mercati globali e del boom di spese militari che nell’ultimo anno hanno registrato un record fra i Paesi più diversi. Lasciamo alla geopolitica, e ai suoi analisti di finanza e di strategia tanto presenti qui su Pluralia, la spiegazione di quello che accade attraverso l’analisi dei fattori e dei motivi diplomatici della crisi. Proviamo invece a ragionare in termini di pensiero, andando dietro alla suggestione letteraria di Cormac McCarthy e cercando di aggiungere qualche tassello di consapevolezza in più.
La proposta di Slavoj Žižek. «Quel che so è che viviamo in un momento unico, in cui nasce l’urgenza di pensare. La nostra non è un’epoca di pace».
«Quel che so è che viviamo in un momento unico, in cui nasce l’urgenza di pensare. La nostra non è un’epoca di pace». Questa frase, perfetta per il nostro argomentare, è del filosofo americano di origine slovena Slavoj Žižek, che l’ha scritto nel suo ultimo saggio, pubblicato un anno fa in Italia Libertà, una malattia incurabile, titolo originale Freedom: a disease without cure. Žižek in esso prende il concetto di libertà, che spesso diamo per acquisito e condiviso, e ne sviscera il senso, facendo risaltare tutte le nostre contraddizioni. Se la tecnologia digitale sottopone oggi la società a un livello di controllo senza precedenti, che cosa rimane del libero arbitrio? E dell’idea di uomo capace di costruirsi il proprio destino, tanto cara all’individualismo liberale? Come fronteggeremo, esseri umani «liberi» ma sempre più spesso obbligati all’isolamento, le nuove guerre, le carestie, le epidemie, le migrazioni, il cambiamento climatico? Come spesso gli accade, Žižek è acuto nel cogliere le criticità e i falsi idoli dell’uomo moderno. Meno convincente è, alla fine del saggio, la sua proposta di via d’uscita. Proposta che prende le mosse dallo psichiatra e psicanalista Jacques Lacan, che vedeva alla radice della crisi contemporanea l’uccisione del Padre. Sostiene infatti Žižek (dando una lettura hegeliana-marxiana del sentimento lacaniano) che l’uomo di oggi deve recuperare il giusto equilibrio fra la sua libertà e quella degli altri attraverso il rapporto col Padrone, con lo Stato. Per evitare il vuoto cinismo, e salvare così la nostra libertà, è secondo lui indispensabile passare alla posizione di un nuovo Padrone, come scrive: “Nel collasso delle due necessità sovrapposte, solo una si realizzerà: in ogni caso la storia sarà (sarà stata) necessaria. Nessun dibattito democratico può indurci alla giusta decisione: solo un nuovo Padrone può spingerci a farlo”.
Anche La Strada, il romanzo di McCarthy, come ha fatto notare il lacaniano italiano Massimo Recalcati, è un romanzo sulla scomparsa del padre. O meglio sulla paternità come ultima ancora di salvezza di un mondo distrutto dall’Apocalisse nucleare.
Posizione forse non condivisibile ma che ricorda la suggestione poetica de La Strada. Anche il romanzo di McCarthy, come ha fatto notare il lacaniano italiano Massimo Recalcati, è un romanzo sulla scomparsa del padre. O meglio sulla paternità come ultima ancora di salvezza di un mondo distrutto dall’Apocalisse nucleare. Quello che semmai colpisce è che Žižek indica una volontaria sottomissione autonoma dell’individuo (pur disprezzando i populismi, le democrature occidentali e le tante autocrazie) ad un Potere forte, che si impone nella convivenza umana. Mc Carthy è un romanziere e La Strada non indica se e come i “buoni” riprenderanno in mano la Terra. Certo, nella sua visione a differenza di quella del filosofo sloveno, il Bene e il Male ancora esistono, così come esistono il Nord e il Sud.
Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson, scritto nel 1907, sette anni avanti la Prima Guerra Mondiale, immagina un mondo tecnologicamente molto avanzato e dominato da un unico grande potere internazionale e umanitario, dal sapore massonico, in cui le religioni vengono messe fuori legge.
L’uso del termine “Padrone” da parte di Žižek (che sa di essere provocatorio) fa venire in mente un altro grande classico della letteratura sull’Apocalisse che è Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson. Scritto nel 1907, ben prima della minaccia nucleare ma solo sette anni avanti la Prima Guerra Mondiale, il romanzo di Benson immagina un mondo tecnologicamente molto avanzato e dominato da un unico grande potere internazionale e umanitario, dal sapore massonico, in cui le religioni vengono messe fuori legge. Il protagonista del romanzo, Giuliano Felsemburgh, è il leader di questo regime globale all’insegna dell’Umanitarismo. I meccanismi descritti sono quelli del potere politico in ogni tempo, “aumentati” dalla forza tecnologica. Scorrono nella mente del cattolico Benson le utopie massoniche, ma anche socialiste e comuniste, e si rintracciano bene anche i segni di quel potere globale del denaro e della ricchezza che troverà incarnazione nel “nuovo potere”, per usare l’espressione di Pier Paolo Pasolini, della società dei consumi. Oggi Il padrone del mondo (citato molte volte anche da papa Francesco) appare attualissimo nell’era dell’Intelligenza Artificiale, del riconoscimento facciale, dei big data accumulati su ognuno di noi.
Ultimo tassello della nostra riflessione è il dialogo fra il filosofo Noam Chomsky e l’ex guerrigliero presidente uruguayano Pepe Mujica. Il titolo è una specie di obiettivo da raggiungere: Sopravvivere al XXI secolo.
Ultimo tassello della nostra riflessione è il dialogo fra il filosofo Noam Chomsky e l’ex guerrigliero presidente uruguayano Pepe Mujica. Il titolo è una specie di obiettivo da raggiungere: Sopravvivere al XXI secolo. I due ammettono nel dialogo, ora diventato un libro: «Ovunque si guardi, si punta dritto verso la catastrofe». Pessimismo da uomini d’altri tempi? Speriamo di sì. E tuttavia una vitalità, una positività sono rintracciabili proprio nella tensione fra il pensatore nordico e il leader meridionale. Anche qui, come ne La Strada, la tensione fra Nord e Sud, in questo caso fra Nord e Sud del mondo, può risolversi in una risorsa inaspettata sempre che la comunicazione resti accesa, il dialogo e la relazione restino aperte. Dice Pepe Mujica ad un certo punto del colloquio: «Tendiamo a pensare in termini di Stati e non decidiamo in una prospettiva di specie, ed è per questo che commettiamo una sciocchezza dopo l’altra. Da un lato assistiamo all’invasione dell’Ucraina e dall’altro a ciò che sta facendo l’Occidente. Sono convinto che non esiste una crisi ecologica o nucleare, esiste una crisi politica. Abbiamo generato una civiltà che non ha alcuna guida politica, è governata da interessi di mercato. La politica è stata subordinata agli interessi del mercato. E così continuiamo a navigare, irresponsabilmente».
Tornerà la politica a governare il mondo? O avremo bisogno davvero di un nuovo Padrone? Intanto la prima libertà da esercitare è quella di pensiero.