L’Asia Centrale tra gli interessi propri e quelli delle potenze globali

Un articolo di: Redazione

La concorrenza e la storica rivalità tra i Paesi dell’Asia Centrale devono essere dimenticate una volta per tutte per fare posto all’integrazione e alla cooperazione.

Il 14-15 di settembre prossimi a Dushanbé, la capitale del Tajikistan, si riuniranno i capi di Stato e di Governo delle cinque repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale. I leader del Tajikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan cercheranno ancora una volta di far avvicinare le proprie posizioni su tutto ciò che riguarda i principi e le forme concrete di una maggiore integrazione regionale.
Non è un segreto che questo processo vitale per lo sviluppo economico e sociale dei Paesi centroasiatici sta segnando il passo. A parte la storica rivalità tra il Tajikistan e il Kirghizistan, che nei 32 anni passati dal crollo dell’Unione Sovietica e dalla conquista della loro indipendenza da Mosca non sono riusciti a mettersi d’accordo sul confine comune, c’è anche il Turkmenistan, che tradizionalmente si distanzia dalla partecipazione alle organizzazioni internazionali. Tajikistan e Turkmenistan non hanno voluto firmare un “Trattato di amicizia e di collaborazione”, proposto dalla Russia e dai tre Paesi vicini.
Secondo molti osservatori internazionali nella regione fioriscono concorrenza e rivalità, spesso alimentate dall’estero. In un territorio grande come India e Pakistan messi insieme (4.003,45 mila chilometri quadrati), la trojka composta dal tandem USA-UE, dalla Cina e dalla Russia cerca di promuovere degli interessi strategici propri, che vanno dall’accesso alle risorse naturali, come gas, petrolio e uranio, alla presenza militare in questo punto strategico e nodo nevralgico della Grande Eurasia.
La regione sta diventando sempre più importante per il mondo intero nel contesto di una situazione geopolitica che cambia di giorno in giorno. Le repubbliche dell’Asia Centrale cercano ognuna a modo proprio di approfittarsi di “avances”, purtroppo non sempre galanti, da parte delle superpotenze per ancorarsi su nuove e vantaggiose posizioni. Basta dire che nell’anno passato si sono svolte quattro summit internazionali dal ministeriale USA-Asia Centrale, al vertice Cina-Asia Centrale, al forum dei premier UE-Asia Centrale e alla conferenza Golfo Persico-Asia Centrale.
Nelle nuove condizioni internazionali, caratterizzate in primo luogo dalle crescenti tensioni tra l’Occidente da una parte, la Russia e la Cina dall’altra, aumenta l’interesse globale per i Paesi dell’Asia Centrale, un processo di fondo che offrirà loro sia delle opportunità, che dei rischi. Per l’esperto e studioso dell’Accademia delle scienze russa, Aleksandr Knyazev “è un’arte diplomatica molto fine, quella di saper cristallizzare gli interessi strategici del proprio Paese a breve e a lungo termine di tempo, in modo da non far esasperare gli onnipotenti del mondo. Finora le repubbliche dell’Asia Centrale sono riuscite a mantenere l’equilibrio, ma lo hanno fatto sempre sull’orlo dell’abisso, rischiando di trovarsi in qualsiasi momento sotto la pressione di una o dell’altra forza internazionale”.
Anche Mosca, che vorrebbe di nuovo attirare il più possibile le repubbliche ex sovietiche, riconosce il fatto secondo cui tra i Paesi centroasiatici ancora non esistono né “integrazione”, ma neanche una semplice “cooperazione”. Le divisioni interne danneggiano lo sviluppo economico e sociale. Lo ha dimostrato molto chiaramente la grave crisi energetica, che ha colpito le repubbliche dell’Asia Centrale nella stagione invernale 2022-2023. E non è stato registrato alcun tentativo di aiuto reciproco in questa situazione estrema.
Vale a dire che i deboli processi di integrazione nell’Asia Centrale si scontrano con enormi difficoltà, che fanno fiorire la concorrenza interna, non di rado sleale, e rende molto difficile, spesso impossibile, il raggiungimento di accordi bilaterali e multilaterali. Tale concorrenza danneggia seriamente il commercio internazionale nella regione. Secondo Knyazev il Kazakhstan, l’unica repubblica che ha il confine comune con la Russia, “ostacola sistematicamente il transito di carichi da altri Paesi vicini verso la Russia e indietro”. Questo fatto ha spinto il Kirghizistan, l’Uzbekistan, il Turkmenistan e la Russia a investire nella costruzione del “corridoio merci del Sud” che eviterà il passaggio per il territorio del Kazakhstan. La situazione danneggia gli interessi economici non soltanto della Russia, ma anche della Cina, che insiste sulla costruzione nella regione di una rete di trasporti differenziata, moderna e di libero accesso.
Tutto sommato, nel 21° secolo, i Paesi dell’Asia Centrale si sono trovati di fronte a una serie di sfide, la cui soluzione richiede sforzi congiunti, volontà politica e coordinamento delle attività. Bisogna lasciarsi alle spalle la rivalità ed essere convinti che soltanto l’integrazione e la cooperazione possono garantire loro un futuro prospero, stabile e sostenibile.

Giornalisti e Redattori di Pluralia

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