L’Europa si prepara ad affrontare con sicurezza la prossima stagione invernale: gli impianti di stoccaggio del gas sono quasi pieni zeppi, mentre i prezzi del combustibile blu sono più che abbordabili. Uno dei problemi dei prossimi mesi potrà essere legato alla penuria delle navi metaniere. A differenza di molti altri Paesi europei l’Austria non può e non vuole rinunciare al gas russo.
Il 31 luglio scorso l’associazione degli operatori europei del gas Gas Infrastructure Europe (Gie) ha annunciato che gli impianti sotterranei di stoccaggio del gas in Europa sono stati riempiti dell’85% della loro capacità massima. In altri termini nei mesi passati l’Europa è riuscita a rastrellare più di 93 miliardi di metri cubi di gas naturale. Per poter affrontare la stagione invernale 2023-2024 “senza problemi” bisogna aggiungerne un modesto 5 per cento. Secondo gli esperti dell’associazione Gie “se gli attuali tassi di rifornimento degli impianti di stoccaggio del gas dovessero continuare, il traguardo del 90% sarebbe raggiunto già entro la fine di agosto”.
Secondo gli analisti, che non prendono sotto gamba nulla, il punto debole dell’intero programma di approvvigionamenti energetici europei sarebbe proprio la “capacita di conservare i ritmi” con cui il combustibile blu era stato caricato nei magazzini nei mesi scorsi.
In luglio le importazioni europee di gas naturale liquefatto (Gnl) sono scese ai livelli minimi degli ultimi 20 mesi. I Paesi del Vecchio continente hanno importato 8,6 milioni di tonnellate di Gnl. Su base annua il calo è stato del 7 per cento.
Nei primi tre giorni di agosto le quotazioni dei future del gas con la consegna in settembre presso l’hub Ttf di Amsterdam sono state pari a 315-319 dollari per mille metri cubi, ossia leggermente al di sotto delle quotazioni medie degli ultimi mesi e l’80% in meno rispetto alle quotazioni di un anno fa.
Alla base di questa situazione si trovano appunto le maxi riserve del gas accumulate dall’Europa negli impianti di stoccaggio: i 93 miliardi di metri cubi sono davvero tanti e resta poco per arrivare il traguardo del 90%; come conseguenza i prezzi del gas vanno giù, costringendo i trader a fermare le metaniere offshore, oppure a inviare le navi cariche di combustibile verso i Paesi asiatici, che a differenza delle certe aspettative non mostrano per ora nessuna crescita “esplosiva” della domanda di Gnl.
Tutto ciò permette all’Europa di guardare al futuro con sicurezza, ma fino a un certo punto. Più di tutti gli altri fattori preoccupa la drammatica penuria di navi metaniere: secondo i dati dell’agenzia Spark Commodities le tariffe di trasporto per l’autunno 2023 hanno già superato il traguardo “psicologico” di 200.000 dollari al giorno, ovvero il doppio del nolo marittimo nel periodo estivo. In termini più concreti l’ottobre prossimo un giorno di nolo di una metaniera costerà ai trader 206.750 dollari, per salire a novembre a 284.750 dollari. Se i prezzi dovessero rimanere ai livelli così elevati fino alla fine dell’anno – per molti analisti è un’ipotesi più che probabile – i Paesi europei dovranno affrontare una situazione più o meno simile dell’anno scorso, quando i prezzi esageratamente alti del Gnl sono stati “affiancati” dalle tariffe di trasporto quasi proibitive.
Per Spark Commodities la penuria in aumento delle metaniere disponibili sarebbe causata in parte dal comportamento dei trader che attualmente utilizzano le navi non per il trasporto del gas naturale liquefatto, ma come “impianti di stoccaggio galleggianti” in attesa dell’impennata dei prezzi tra l’autunno e l’inverno 2023-2024. Secondo l’agenzia Bloomberg tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto il numero delle navi metaniere cariche di Gnl e ancorate offshore per più di 20 giorni ha raggiunto 42 unità, ovvero +27% rispetto alla situazione del corrispondente periodo del 2022. Stando alle valutazioni di Richard Pratt, esperto del mercato Gnl presso Rnb Energy, “la tendenza di tenere notevoli scorte di gas offshore durerà almeno fino a ottobre”.
Per il momento i prezzi del gas in Europa sono bassi e la situazione energetica del Vecchio continente appare molto più stabile rispetto a quella di un anno fa. Ciononostante il presidente di BP Plc., Bernard Looney, ha detto che sarebbe ancora troppo presto per riposare sugli allori. “Tutto dipenderà dai ritmi della ripresa della domanda (di gas) e dal tempo che farà in Europa durante l’inverno”, in questi termini Looney ha sintetizzato i principali timori in un’intervista alla Bloomberg Television.
Infine c’è chi in Europa non si fida ancora molto di approvvigionamenti stabili di Gnl e punta ancora sul gas naturale russo. In primo luogo si tratta dell’Austria, che a differenza di altri Paesi europei continua a importare notevoli quantità di gas russo. Prima dell’inizio del conflitto in Ucraina l’Austria importava l’80% del proprio gas dalla Russia. Nel 2022 le importazioni austriache sono diminuite, ma non in maniera drastica. Secondo i dati pubblicati dal quotidiano The New York Times “nel marzo del 2023 l’Austria ha di nuovo acquistato dalla Russia il 74% del totale del gas”.
Secondo il NYT la Germania, che in passato importava dalla Russia il 50% del gas consumato, ora non ne riceve più. I Paesi come Polonia, Bulgaria e Repubblica Ceca hanno dimezzato gli acquisti di gas russo. L’Italia prevede di rinunciare completamente al gas russo entro la fine di quest’anno. E Vienna, che nei 15 mesi passati ha pagato alla Russia per il gas sette miliardi di dollari, ha annunciato di poter fare altrettanto non prima del 2027-2028.