Un articolo di: Francesco Sidoti

Ovvero il continente del debito e del sangue contro quello della pace e dell'economia

Mark Rutte e Angela Merkel sono stati i due politici più longevi dell’Europa di una volta, perché hanno superato i dieci anni di governo. Sono uno accanto all’altra nella celebre foto della cerimonia di apertura del Nord Stream, l’8 novembre 2011. Eppure, rappresentano due idee e due tempi dell’Europa.

L’idea di Europa che Rutte ci propone è racchiusa nel discorso tenuto al Carnegie Europe di Bruxelles: l’Europa deve entrare in una wartime mindset, una mentalità da tempo di guerra, per fermare i russi a ogni costo! Dunque, bisogna aumentare la spesa per la Difesa, puntando alla soglia del 3% del Pil. Nel 2023, la Germania ha speso per la prima volta il 2% del Pil per la Difesa; il Regno Unito il 2,3; l’Italia l’1,5; la Spagna l’1,3, gli Stati Uniti sono al 3,4. Il Financial Times è abituato a rispettare i numeri e, con un titolo a tutta pagina, ha osservato a Rutte che arrivare al 3% sarà estremamente complicato per molti Paesi europei, che già stanno affrontando inflazione, licenziamenti, proteste, scioperi, e crisi di governo, a cominciare dalla Francia e dalla Germania: Emmanuel Macron e Olaf Scholz sono i due dirigenti europei più impopolari. Fuori dall’Europa, Keir Starmer ha messo le mani avanti: nella situazione terribile in cui mi trovo, posso arrivare al massimo dal 2,3 al 2,5.

Nessuno ha messo in dubbio le capacità previsionali e gestionali di Rutte, che in Olanda sono invece assai discusse, mentre indiscusse sono le sue capacità di menzogna. Durante i suoi anni di governo, il paese di Erasmo è diventato l’eldorado della cocaina, della mafia e della reazione. Un gruppuscolo di giovani spacciatori è diventato dal nulla la spaventosa Mocro Maffia. Tonnellate di cocaina e centinaia di milioni di euro sono transitati indisturbati attraverso i porti, le banche, le strade olandesi. Da osservatori come Roberto Saviano a politici come Edi Rama, gli esperti hanno sottolineato la parziale trasformazione dell’Olanda in un “narco-Stato…uno dei Paesi più criminali del mondo”. Infatti, ci sono state bombe, intimidazioni, violenze di ogni tipo, dall’uccisione di Peter de Vries al camion in fiamme catapultato contro la redazione di De Telegraaf.

La presidenza di Mark Rutte è culminata con una cacciata dal governo a furor di popolo

Questa stupefacente trasformazione è avvenuta durante la presidenza di Mark Rutte, noto per tanti altri frangenti di una gestione fallimentare, culminata con una cacciata dal governo a furor di popolo, dopo lo scandalo delle migliaia di famiglie rovinate perché accusate di aver rubato sugli assegni familiari e costrette a restituire soldi che avevano invece ricevuto nel pieno rispetto delle norme. Le autorità hanno prelevato con la forza somme considerevoli dalle tasche di povera gente, scoprendo dopo tanto tempo che gli esattori avevano soltanto sbagliato a fare i conti! Nel frattempo, molti hanno perso la casa o il lavoro, alcuni sono andati a dormire sotto i ponti e altri si sono suicidati. Mentre si faceva infinocchiare dai narcotrafficanti, Rutte faceva il gradasso con i poveracci innocenti. Forse, quando parla di “una mentalità da tempo di guerra”, Rutte parla di risolvere in questo modo i problemi di bilancio e di ordine pubblico che sarebbero conseguenza della sua prospettiva ultra-battagliera? Qualcuno si ricorda che Rutte, con un capolavoro da statista, ha lasciato il suo Paese nelle mani di un ex capo dei servizi segreti e dell’estrema destra di Geert Wilders? Avremo qualche problemuccio di neofascismo in Europa perché Mark Rutte sta sbagliando un’altra volta a fare i conti? Per quale dei suoi demeriti è diventato capo della Nato?

Tutta diversa è la storia di Angela Merkel, che adesso i sapientoni vorrebbero raccontare all’incontrario: non per quello che ha fatto, ma per quello che avrebbe dovuto fare, se avesse avuto onniscienza e onnipotenza da Padreterno. Davanti a dirigenti come Rutte, che ci dicono armatevi e partite, l’Europa della Merkel sembra un’Europa di anni felici e ricorda una famosa sentenza di Charles-Maurice de Talleyrand (“Chi non è vissuto prima del 1789 non sa che cosa sia le plaisir de vivre”), che poi, a proposito di altri disastri dell’Europa, è stata spesso ripetuta e aggiornata – tra gli altri, da Stephan Zweig, in Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europäers, pubblicato postumo, dopo il suo suicidio “in piedi” nel 1942.

C’è gente che è brava a fare la storia, e anche a scriverla – Giulio Cesare o Winston Churchill, ad esempio. Poi ci sono quelli bravi a metà; Karl Marx scrisse tanto sul capitale, ma sbarcò a stento il lunario, spesso a debito e a sbafo. Niccolò Machiavelli fu immenso come storico e frustrato come diplomatico. Non si può avere tutto dalla vita. Per alcuni, Angela Merkel appartiene alla categoria peggiore: ha malgovernato la nostra storia e a scriverla è anche peggio. Di lei, si lamentano soprattutto i connazionali. Troppo tirchia con i greci, troppo generosa con i siriani, troppo timida con Vladimir Putin, troppo dura con Helmut Khol, sembrerebbe una squilibrata che non ne ha mai azzeccata una. Eppure, parliamo di una visione che era largamente condivisa; ha detto Martin Schulz: “Sulla Russia eravamo tutti d’accordo”.

Si dice che la sua politica è finita e seppellita, come quel Nord Stream 2 che ne fu il simbolo e che ora è un tubo vuoto e arrugginito nella profondità del mare. Quelli che la criticano sono complici più o meno consapevoli di chi quel tubo e quella politica ha deliberatamente affondato.
Angela Merkel va in tournée a presentare la sua autobiografia e a volte sembra una naufraga aggrappata ad una reputazione in burrasca. Si affanna a spiegare, a giustificare, a riscrivere e ad aggiornare la sua vita. Il titolo della sua autobiografia è Libertà, ma, dice Gideon Rachman, avrebbe potuto titolarla No Regrets.

Si sa che nessuno è buon giudice di sé stesso e che per l’autocoscienza ci vuole uno psichiatra di fiducia. La storia dirà la verità? Purtroppo, fa spesso a modo suo e con qualche distinguo da non sottovalutare. Giulio Cesare scrisse benissimo il De Bello Gallico, ma Asterix non la vede allo stesso modo; Winston Churchill scrisse benissimo La storia della Seconda guerra mondiale, ma a Dresda qualcuno ancora c’è che non l’ha vista allo stesso modo. Guerre a parte, anche la cultura soffre i suoi ritardi: Wolfgang Amadeus Mozart morì povero, Vincent Van Gogh non vendette mai un quadro, e Gregor Mendel visse da fallito. A volte il destino si accanisce sulla stessa persona, come se gli volesse togliere quello che gli ha dato. Mozart non soltanto è nella categoria di quelli che sono morti poveri, ma anche nella categoria di quelli che sono morti presto: a 35 anni, in compagnia di altri come Geroges Bizet, a 36; di Felix Mendelssohn, a 38; di Fryderyk Chopin, a 39. Vincenzo Bellini a 33, ma, appena Olga Peretyatko apre bocca, è perfettamente vivo – come gli altri suoi pari, che hanno dato senso e significato ad un universo peraltro desolatamente muto e vuoto.

Si dice che ognuno può sperare di entrare, per almeno quindici minuti, nella categoria dei welthistorischen Individuen; ma non sempre c’è qualcuno tipo Georg W. Friedrich Hegel a spiegarti perché sei stato baciato dalla fortuna, come accadde a Napoleone, il 16 ottobre del 1806, dopo l’annientamento della Prussia fredericiana nella battaglia di Jena. Avere il senso della storia non è perdere il senso della propria pur microscopica rilevanza. Per modestia, o per calcolo, o per convinzione, Angela Merkel ignora il senso storico dei suoi governi e lascia che rimanga sospeso tra lo stato profondo di un tubo arrugginito lungo i fondali del Baltico e il cielo stellato della migliore cultura europea, che è sì una cultura della libertà, dunque di tolleranza, di convivenza, di compromessi, di dialogo, insomma di pace: proprio l’opposto di “una mentalità da tempo di guerra”.
Angela Merkel ha raccontato in maniera minimalista la sua storia, come se fosse una cronaca, molto preoccupata degli interlocutori e delle conseguenze. Ma, quando la polvere del tempo coprirà misericordiosa tutti noi, la Storia sarà probabilmente benigna con lei, più che i contemporanei. I suoi anni saranno ricordati con parole simili a quelle di Charles-Maurice de Talleyrand dopo il 1789 e di Stephan Zweig nel 1942 – chi la pensa come Mark Rutte prepara un’Europa del ferro e del sangue, del debito e dell’avventura.

Sociologo

Francesco Sidoti