Un articolo di: Redazione

In Russia un altro raccolto cerealicolo da record: 147 milioni di tonnellate di grano dei quali almeno 65 milioni saranno destinati all’export. Sia le Nazioni Unite che la Banca Mondiale prevedono una contrazione dei prezzi dei cereali. Gli analisti: le previsioni allarmistiche dopo la chiusura del cosiddetto “accordo del grano del Mar Nero”, erano state dettate più dalla congiuntura politica che non della reale disponibilità dei cereali sui mercati globali

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Food and Agriculture Organization of the United Nations, FAO) in ottobre ha rivisto al ribasso dello 0,5% rispetto al mese precedente il suo indice dei prezzi globali delle commodity agricole. Gli analisti dell’ONU hanno riportato un “calo generalizzato per tutti i settori a eccezione dei prodotti lattiero-caseari”. L’indice della FAO, che analizza costantemente l’andamento dei prezzi internazionali dei prodotti agricoli più comunemente scambiati, ha registrato una media di 120,6 punti nel mese di ottobre, in calo del 10,9% su base annua. Come hanno sottolineato gli esperti della FAO: “su cereali (tranne il mais) e su oli vegetali pesano il surplus d’offerta e la debolezza della domanda dei grandi Paesi-importatori, mentre in controtendenza è il settore dei prodotti lattiero-caseari”.

In particolare, in ottobre, i prezzi del grano sono scesi dell’1,9%, appesantiti dalle abbondanti forniture dagli USA e dalla forte concorrenza tra gli esportatori, con in prima fila la Russia che l’8 di novembre ha annunciato un nuovo raccolto da record. “Alla fine della prima settimana di novembre gli agricoltori russi hanno già raccolto 147 milioni di tonnellate di grano dei quali almeno 65 milioni potranno essere esportate”, ha dichiarato il vice ministro dell’Agricoltura della Russia, Oksana Lut, secondo la quale l’export agricolo russo è frenato piuttosto dai trasporti interni insufficienti, dalle ferrovie, e non dalle sanzioni occidentali. “Sul piano internazionale abbiamo pochi problemi”, ha sottolineato il vice ministro russo, ricordando che nel 2023 in Russia è stato messo in funzione un nuovo porto di Vysotsk, sul Mar Baltico, attraverso il quale sarà esportato principalmente il grano siberiano. Il nuovo porto russo, il più grande in Europa,  sarà in grado di smistare e di esportare fino a 4 milioni di tonnellate di grano all’anno.

In precedenza il presidente Vladimir Putin aveva stimato l’entità del raccolto del 2023 a 135-138 milioni di tonnellate.

A ottobre, durante la visita di Putin a Pechino è stato firmato lo “storico” accordo russo-cinese in base al quale Mosca si è impegnata a fornire a Pechino grano per la cifra astronomica di 2.500 miliardi di rubli (25,7 miliardi di dollari). Nei prossimi 12 anni la Russia esporterà verso la Cina 70 milioni di tonnellate di grano di vario tipo:  frumento, mais, soia, semi di girasole e altro.

Sulla scia dei dati favorevoli appena annunciati dalla Russia, anche il Consiglio Internazionale dei Cereali (International Grains Council, IGC), l’agenzia britannica specializzata nelle analisi dei mercati di cereali e di semi oleosi, ha ritoccato al rialzo la propria stima sul raccolto mondiale di grano duro, portandola dai 30,6 milioni delle valutazioni di agosto a 31,4 milioni di tonnellate all’inizio di novembre. Come è stato riportato dall’Agrisole, un supplemento dedicato all’agricoltura del principale quotidiano politico, economico e finanziario italiano Il Sole 24 Ore, malgrado questa “promozione” si tratta sempre di un “risultato che resta inferiore del 5,7% al dato del 2022, ma che incorpora nelle stime di settembre un upgrade della previsione in Turchia solo parzialmente bilanciato dal peggioramento del dato forecast canadese, dove la siccità sta impattando pesantemente sui rendimenti in campagna”.

Il Canada, storicamente primo produttore ed esportatore mondiale di frumento duro, ha messo in conto quest’anno una perdita di oltre il 30% del raccolto medio a causa di un’altra stagione di grave penuria idrica che ha colpito le maggiori province-produttrici di Alberta e Saskatchewan. “Dai 5,8 milioni di tonnellate della scorsa stagione – spiega Agrisole citando i dati dell’IGC – il raccolto canadese dovrebbe scendere a quota 4 milioni di tonnellate, in una situazione peraltro di sottoscorta, con gli stock scesi a meno di 400.000 tonnellate (-30% su base annua)”. Alla Borsa cerealicola di Chicago le quotazioni dei future di frumento con scadenza a dicembre oscillano intorno a 572-576 dollari al bushel (27,216 chili).

Nonostante l’estate-2023 sia stata particolarmente arida anche in Europa, la situazione migliore sul piano della produzione di grano duro è in Turchia, dove gli “alti prezzi internazionali hanno stimolato quest’anno gli investimenti, mentre il raccolto è cresciuto in seguito all’introduzione di sementi più produttive”. Secondo l’IGC quest’anno il raccolto di grano duro in Turchia non sarà inferiore a 4,1 milioni di tonnellate (+28% su base annua), dei quali 1,2 milioni di tonnellate potranno essere esportate. Il consumo di grano duro su scala globale è stato stimato dall’IGC a 33,5 milioni di tonnellate, ovvero in calo dell’1,6 per cento.

Infine anche la Banca Mondiale (World Bank, WB) ha previsto per i prezzi dell’agrifood una flessione generale del 9% quest’anno e ancora del 2% nel 2024, grazie soprattutto a un “miglioramento delle prospettive di offerta a livello globale per cereali e per semi oleosi”. Vale a dire che le previsioni allarmistiche dopo la chiusura del cosiddetto “accordo del grano del Mar Nero”, erano state dettate piuttosto dalla congiuntura politica e non dalla reale disponibilità di cereali sui mercati globali. L’unica eccezione è quella del prezzo del riso che, secondo gli analisti della WB, “chiuderà il 2023 con un aumento delle quotazioni  a +28% e subirà un prevedibile rincaro di un altro 6% l’anno prossimo per le implicazioni dell’evento meteorologico El Niño e per le politiche protezionistiche soprattutto indiane”. In luglio il Governo dell’India, il maggiore Paese-esportatore di riso al mondo, ha annunciato la decisione di “vietare le vendite all’estero di riso indiano”.

Per il resto dei cereali la WB ha previsto una “contrazione dei prezzi del 3% in media nel prossimo biennio, dopo il meno 11% di quest’anno, grazie a forniture robuste e a un miglioramento dello stock-to-use ratio, ovvero il rapporto tra scorte e consumi”.

Giornalisti e Redattori di Pluralia

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