Mercato alimentare globale: stop dell’India all’export di riso

Un articolo di: Redazione

Il Governo di New Delhi cerca di frenare la corsa dei prezzi interni: nell’ultimo anno i prezzi del riso in India hanno registrato un’impennata dell’11 per cento. Secondo l’Onu il riso è la materia prima alimentare più consumata al mondo. Nel 2022 l’India ha venduto all’estero 22,2 milioni di tonnellate di riso.

Non si vive di solo grano ucraino. I mercati globali si sono trovati in fibrillazione dopo che il Governo dell’India, il maggiore Paese-esportatore di riso al mondo, ha annunciato giovedì scorso la decisione drastica di vietare le vendite all’estero di riso indiano. L’unica eccezione è stata fatta per la varietà “d’élite” basmati.
Come ha dichiarato un portavoce del ministero indiano per gli Affari dei consumatori, la “decisione è destinata a far abbassare il prezzo e a garantire la disponibilità del prodotto sul mercato interno”. I prezzi del riso in India sono aumentati dell’11,5% nell’ultimo anno e del 3% nell’ultimo mese, secondo il ministero, riflettendo un aumento del 35% su base annua dei volumi di esportazione tra aprile e giugno.
Secondo molti analisti internazionali inevitabilmente il divieto indiano, causato dal calo della produzione, darà una spinta all’aumento dei prezzi nel mondo. Sarà una reazione a catena. “Le forniture di riso sui mercati globali subiranno una flessione non da poco, che sarà seguita da tutta una serie di rincari”, ha dichiarato in un’intervista al canale televisivo Cnbc, Eva Barre, l’economista della società Coface con la delega per l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean). Secondo Barre in primo luogo le carenze colpiranno il Bangladesh e il Nepal, i due maggiori Paesi-importatori del riso indiano. Inoltre il blocco delle esportazioni potrebbe diventare un problema anche per alcuni Paesi africani. La Russia ha promesso di rifornire gratuitamente di grano i Paesi africani più bisognosi e intende concretizzare il piano di aiuti al summit Russia-Africa, in programma a San Pietroburgo la settimana prossima.
L’India è il secondo maggiore produttore dopo la Cina di riso nel mondo, ma finora New Delhi ha mantenuto il primato come esportatore: circa il 40% del riso venduto a livello internazionale è stato coltivato nelle risaie indiane. Nel 2022 l’India ha venduto all’estero 22,2 milioni di tonnellate di riso. Secondo l’Onu il riso è la materia prima alimentare più consumata al mondo. Attualmente l’India rifornisce di riso 150 Paesi del mondo. L’importatore numero uno è la Cina. “Negli ultimi tempi molti importatori come la Cina – ha detto Sudhanshu Pandey, del ministero dei Consumi, Alimentazione e Distribuzione pubblica – hanno scelto di aumentare le importazioni di riso e diminuendo invece quelle del mais per la crescita dei prezzi dei cereali”.
Nel 2023 la stagione delle piogge in India è arrivata prima del solito e le precipitazioni intense nel Nord del Paese hanno danneggiato molte coltivazioni. Mentre molte risaie degli stati settentrionali dell’India come il Punjab sono rimaste sommerse per più di una settimana, in altri stati indiani invece non è piovuto abbastanza per poter coltivare il riso. Come ha scritto il quotidiano The Times of India “il Governo teme che, per la drammatica scarsità di piogge in stati come il Jharkhand, Madhya Pradesh e Bengala occidentale – tra i maggiori produttori di riso – il raccolto totale della stagione agricola compresa tra il giugno 2022 e il luglio 2023 rischi di scendere del 6% fino a quota 104,9 milioni di tonnellate”.
Nelle settimane passate le massaie indiane sono già state imbarazzate dai prezzi di pomodori che alla fine di giugno – inizio di luglio sono schizzati alle stelle, aumentando in pochi giorni in media di 4,5 volte fino a quota 120 rupie (1,45 dollari) al chilo.
La lotta contro la povertà in India è il principale cavallo di battaglia del premier Narendra Modi e del suo Partito popolare indiano, che si stanno preparando alle elezioni politiche del maggio 2024. Secondo una recente analisi delle Nazioni Unite nel 2005 in India il 55% della popolazione viveva sotto la soglia minima di povertà, mentre nel 2021 questo dato preoccupante è diminuito fino al 16,4 per cento. Attualmente, secondo United Nations Develpment Programme (Undp), soltanto il 10% della popolazione indiana è costretto a tirare avanti, guadagnando 2,15 dollari al giorno (176,51 rupia, N.d.R.). Vale a dire che anche per il riso, il Governo di Modi ha deciso di seguire la strada “politica” già intrapresa per grano e zucchero, su cui è prevalso il protezionismo affinché la popolazione indiana potesse averne a sufficienza.
Il primo campanello d’allarme si è sentito dalla borsa di Chicago, dove per la terza settimana consecutiva il valore del grano è aumentato. A livello mondiale i prezzi del riso sono in aumento da undici anni e lo stop alle esportazioni indiane minaccia di aggiungersi agli eventuali problemi dovuti alla riduzione dell’export di grano dell’Ucraina. Ci si aspetta che in seguito alla decisione del Governo di New Delhi i Paesi come Vietnam e Tailandia – rispettivamente secondo e terzo maggiori esportatori di riso nel mondo – anche loro decidano di aumentare i prezzi.
Non è la prima stangata “made in India” che ha fatto tremare i mercati internazionali: l’11 settembre del 2022 il Governo di New Delhi aveva già messo al bando l’esportazione delle rotture di riso, uno dei sottoprodotti della lavorazione del riso, e aveva imposto una tassa del 20% sull’export di numerose varietà di riso. Il blocco dell’export di allora venne motivato con la necessità di assicurare adeguate scorte nazionali, appunto “in vista di una possibile diminuzione del raccolto 2023”.

Giornalisti e Redattori di Pluralia

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