Parte da Verona ma coprirà presto buona parte del territorio nazionale l'ingente raccolta firme per il Referendum per la pace. Coinvolti più gruppi slegati dalla politica
Alberto Zelger, 75 anni, ha ricoperto numerosi ruoli nella politica veronese: è stato consigliere provinciale, comunale e candidato sindaco nella tornata elettorale del 2022.
E' inoltre ricercatore e collaboratore nelle Università di Bologna e di Ferrara.
Fa parte di una delle due associazioni che stanno promuovendo la raccolta firme per il referendum per la pace.
Zelger, vi siete riuniti in più gruppi per chiedere la pace lontano dai fari della politica. Come mai questa azione?
Questa guerra non doveva nemmeno iniziare, perché bastava fare come per l’Alto Adige, dove si parla prevalentemente la lingua tedesca e si ama la cultura tedesca. Nel Donbass, come in Crimea, si parla prevalentemente la lingua russa e si ama la cultura russa. Quindi era sufficiente concedere un’autonomia linguistica e culturale ai russofoni di quei territori e la guerra non sarebbe nemmeno iniziata. Ora la gran parte degli italiani è contraria alla guerra e alla fornitura di armi a uno stato belligerante, perché questo non risolve il conflitto. Come se, vedendo due bambini che litigano, anziché separarli, noi dessimo un pugnale al più piccolo. Sarebbe un disastro, anche se uno dei due può avere ragione. Non è così che funziona: la parola magica è “mediazione”, che si può concretizzare solo promovendo un equilibrio tra alcuni principi fondamentali: la tutela delle minoranze, il principio di auodeterminazione, l’assenza di minacce agli stati confinanti e, solo come conseguenza, il rispetto dei confini storici. Continuando a fornire armi e seminando odio si ottengono solo più morti e distruzioni. L’iniziativa referendaria è partita da due Comitati: Ripudia la Guerra e Generazioni Future uniti sotto il simbolo “Italia per la pace”. Si tratta di due comitati apartitici, che vedono tra i loro membri persone appartenenti a diverse culture politiche: sinistra, centro e destra. Altri gruppi e comitati si sono aggiunti successivamente, con l’unico obiettivo di favorire una mediazione e impedire all’Italia di entrare in guerra, come fu nel 1915, con una propaganda simile a quella di oggi.
Avete promosso un referendum per stoppare l’invio d’armi all’Ucraina. In cosa consiste?
I quesiti referendari sono 3. Senza entrare nei dettagli, perché sarebbe troppo complicato, possiamo sintetizzare come segue: il primo quesito propone di cancellare una parte della legge che consente al governo di inviare armi all’Ucraina senza passare dal Parlamento, il secondo quesito propone la stessa cosa nei riguardi di tutti gli stati belligeranti, mentre il terzo quesito riguarda la Sanità pubblica e ha l’obiettivo di rimuovere i conflitti d’interessi tra pubblico e privato, perché la riduzione delle risorse alla Sanità pubblica riduce la qualità dei servizi e serve anche per drenare risorse a favore delle spese militari.
E’ noto che per arrivare all’approvazione del referendum serve un robusto numero di firme. Come vi state muovendo?
La raccolta firme è iniziata in tutta Italia il 22 Aprile. Abbiamo 90 giorni di tempo per raccogliere 500.000 firme. E’ certamente un’impresa titanica, anche per la censura dei media, ma contiamo di farcela. In ogni caso, l’iniziativa serve anche per aprire gli occhi a tanti italiani, che bevono come oro colato la propaganda del mainstream. La gente che incontro ai gazebo è per lo più contro la guerra, anche se talvolta ha paura di firmare, perché c’è chi semina odio e genera paure ingiustificate di una possibile schedatura; abbiamo visto come venga addirittura impedito ad una pianista di fama internazionale di suonare il pianoforte in alcuni teatri italiani, solo perché di nazionalità russa (fra l’altro è anche cittadina americana): alludo a Valentina Lisitsa.
E’ verosimile che l’obiettivo sarà raggiunto o siete ancora distanti?
Non conosco i dati nazionali, perché ci sono tanti gruppi che stanno raccogliendo firme e la comunicazione dei dati all’organizzazione centrale richiede tempo e adempimenti burocratici onerosi. Per ogni firma raccolta dobbiamo anche recuperare il relativo certificato elettorale: è facile farlo nel proprio comune, ma per chi firma a Verona e risiede in un altro comune, non è così semplice. Poi ci sono anche i voti online; non so quanti possono essere, perché ci vuole lo SPID e arrivano direttamente all’organizzazione centrale. A Verona comunque direi che siamo a bon punto e stiamo organizzando 6 gazebo a settimana con code di persone che vogliono firmare. Abbiamo anche organizzato un comizio referendario il 2 giugno scorso in piazza dei Signori – nessun giornale/tv ne ha parlato; in due ore e mezza abbiamo raccolto 100 firme per ciascuno dei tre referendum
Quale clima si respira tra la gente?
Come dicevo, la gente che incontriamo ai gazebo è quasi tutta contro la guerra, chiede spiegazioni e poi firma quasi subito, tranne quelli che hanno paura di firmare, perché temono di essere schedati o accusati ingiustamente di putinismo: un nuovo termine per dire “brutti e cattivi”; mentre noi siamo per la pace tra i popoli e per una mediazione, perché le colpe non sono certo da una parte sola; ci sono anche forti interessi geopolitici
Quanto a Suo parere siamo distanti dalla pace?
Difficile dirlo, ma alcuni episodi fanno capire che qualcuno sta trattando sottobanco; solo che nessuno vuole perdere la faccia. Forse qualcuno dovrebbe rileggere lo studio sull’arte della guerra del generale e filosofo cinese Sun Tzu (V-VI secolo a.C.), che suggerisce di fare ponti d’oro al nemico che fugge, per evitare reazioni inaspettate. Accanirsi sul nemico con rinnovato vigore (fornendo sempre più armi) porta sempre disgrazie, da qualsiasi parte si guardi.
Quali storture sta portando questa guerra?
E’ ormai chiaro che questa guerra sta portando ad una paurosa crisi economica in molti paesi europei. Sembra proprio che le sanzioni facciano più male a chi le fa. Siamo sicuri che all’Unione Europea convenga rinunciare all’energia a buon mercato fornita dalla Russia, per acquistarla a prezzo quadruplo dagli Stati Uniti? E poi, perché spingere la Russia verso la Cina, anziché convivere nel rispetto dei reciproci interessi? Persino papa Francesco ha detto che “L’abbaiare della NATO alla porta della Russia ha indotto il Capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. Un’ira che non so dire se sia stata provocata ma facilitata forse sì”. Perché l’Unione Europea non ascolta più i suoi cittadini, in gran parte contrari a questa guerra? Forse aveva ragione Vladimir Bukowski, famoso dissidente sovietico, quando circa vent’anni fa disse: “Abbiamo impiegato 70 anni per abbattere una dittatura e vedo che voi in Europa ne state costruendo un’altra”.
Il valore del mondo eurasiatico. Da sempre Verona attraverso il Forum ha guardato verso quei territori. C’è voglia di pace anche per i tanti veneti che con la Russia e magari in Russia lavorano?
Questa guerra ha tagliato i ponti con la grande Eurasia e sarà difficile ricostruirli, ma ci proveremo. I legami culturali con la Russia sono ancora molto forti e possono ancora crescere, se i seminatori di odio e di fake-news saranno messi a tacere. Noi veneti in particolare abbiamo perso molte opportunità negli scambi commerciali e turistici. Mi viene in mente la proposta, avanzata nel 2019 dal governatore di Sebastopoli, di un gemellaggio con Verona. Ci avevano segnalato la presenza di fortificazioni veneziane e genovesi dei secoli passati, come pure di una chiesa del VI secolo, dedicata a papa San Martino I, che ivi morì e fu sepolto, ma anche altre affinità storiche e culturali, come quella dell’opera lirica e del balletto. Purtroppo mancò il coraggio di attuarlo; forse sarebbe servito per una pacificazione.