Un articolo di: Dušan Proroković

I risultati delle elezioni parlamentari che si sono tenute il 17 dicembre scorso, mostrano che in Serbia tutto rimane come prima. Paradossalmente, dopo il voto, tutto ciò che riguarda l'assetto politico sarà diverso! Se parliamo dei risultati delle elezioni, in una certa misura tutto è andato come era previsto. Ma ci sono state anche molte sorprese. Come spiegare queste contraddizioni?
Ci si aspettava che dopo queste elezioni parlamentari anticipate la maggioranza al potere, formata dalla coalizione con a capo il Partito progressista serbo e il suo partner minore, il Partito socialista serbo, sarebbe riuscito a conquistare il 51-54% dei consensi. Tuttavia, la distribuzione dei voti all’interno di questo blocco politico ha colto molti analisti di sorpresa.

La coalizione del presidente Aleksandar Vučić

La coalizione guidata dal presidente Aleksandar Vučić ha ottenuto l’incredibile risultato del 46,7% dei voti a proprio favore. Questo partito è al potere dal 2012. Negli anni passati numerosi scandali hanno coinvolto i suoi funzionari, l’inflazione nel Paese è in costante crescita, il debito pubblico aumenta in modo incontrollabile, sempre più giovani emigrano in Europa Occidentale, mentre lo stesso presidente Vučić, dopo aver lanciato la sua “politica del Kosovo”, ha dovuto fare numerose concessioni che in realtà sono state considerate come “fallimento delle sue politiche internazionali”.

Ciononostante il sostegno di Vučić da parte degli elettori non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato. Si è scoperto anche che il sostegno di Vučić è cresciuto rubando i voti al suo partner politico, il Partito socialista serbo, che ha ottenuto un modesto 6,5% dei consensi, ovvero il risultato più debole sin dal 2003. Il leader di questo partito, l’attuale capo della diplomazia serba, Ivica Dačić, ha già annunciato l’inenzione di rassegnare le dimissioni in seguito ai risultati deludenti del voto. Vale a dire che il Partito socialista serbo non ha più la “golden share” per formare la maggioranza parlamentare, quindi la sua rappresentanza nel futuro Governo sarà proporzionalmente più piccola. Il tempo dirà come ciò influenzerà la situazione del Partito socialista in Serbia. Tuttavia, secondo le prime stime dei politologi di Belgrado, i socialisti serbi difficilmente riusciranno a mantenere l’attuale struttura del loro Partito e un rating politico stabile.

L’opposizione antioccidentale

Il risultato dell’opposizione antioccidentale (più precisamente dei Partiti che oppongono resistenza all’ingresso della Serbia nella NATO e nella UE e sostengono apertamente una cooperazione ancora più ampia e dinamica con la Russia e la Cina) è inaspettato. Si prevedeva che questi Partiti avrebbero ottenuto il 14-16% dei consensi popolari, ma la vera sorpresa è stata la distribuzione di questi voti. La coalizione guidata dal Partito Democratico della Serbia ha vinto il 5,1%, contrariamente ai sondaggi d’opinione che avevano predetto un forte calo), mentre l’Assemblea nazionale, che in base ai sondaggi d’opinione avrebbe dovuto raccogliere l’8% dei voti favorevoli, è scesa al 2,9% e ora sta disperatamente lottando per oltrepassare la soglia di sbarramento.

In molti seggi elettorali gli osservatori serbi e internazionali hanno fissato abusi e brogli.  La procedura di voto dovrà essere ripetuta ed è possibile che questa la lista dell’Assemblea nazionale riesca a oltrepassare la soglia di sbarramento del 3%. Un’altra lista del dottor Branimir Nestorović,  personaggio politico che ha attirato l’attenzione dei media durante la pandemia del Covid, criticando le misure adottate (è anche conosciuto come uno dei “novax” più accesi nello spazio post-jugoslavo) ha dimostrato dei risultati sorprendenti, soprattutto dal punto di vista che  il movimento era stato costituito un mese prime del voto. La lista di Nestorović ha conquistato il 4,7% dei voti e ora entra nel Parlamento serbo.

Per il momento non è chiaro come il movimento di Nestorović si posizionerà all’interno del potere legislativo. Subito dopo l’annuncio dei risultati, Nestorović ha dichiarato che non intende schierarsi con la coalizione del presidente Vučić o con i partiti filo-occidentali. Inoltre circa il 2,5% dei voti  è andato ai Partiti più piccoli che non hanno superato la soglia di sbarramento del 3%. Per quanto riguarda l’opposizione antioccidentale, di elezione in elezione questi Partiti ottengono collettivamente un numero significativo di voti, ma non riescono mai a unirsi e a trarne vantaggio poiché sono molto divisi tra loro.

L’opposizione antioccidentale, unita in una larga coalizione, ha ottenuto dunque il 23,5% dei consensi popolari, proprio come era previsto dai sondaggi d’opinione. I risultati elettorali dell’opposizione nell’ultimo decennio è stato tra il 18% e il 25%. I risultati dei partiti delle minoranze nazionali, ai quali si applicano le regole della “discriminazione positiva” e della “soglia elettorale naturale”, non hanno tradito le aspettative: dei 250 seggi dell’Assemblea nazionale, i partiti ungheresi avranno 6 seggi, a quelli bosniaci andranno 5 seggi e agli albanesi saranno rappresentanti in Parlamento con un deputato: Ha fatto il giro dei giornali serbi che questa volta il “Partito della minoranza nazionale russa” ha avuto un seggio e sarà rappresentato in Parlamento di Belgrado.

La scelta di Nestorović di rimanere “indeciso” complica ulteriormente la composizione della maggioranza nel Parlamento della Serbia. E questo perché parallelamente alle elezioni repubblicane, si sono svolte le elezioni amministrative in 65 città e comuni, tra cui la capitale Belgrado. La strategia di Vučić per mantenere un alto indice di gradimento del partito si è basata su un’intensificazione della campagna elettorale in tutte le elezioni locali, questo è un altro dei motivi per cui tiene a mantenere il potere a Belgrado. Tuttavia, secondo i risultati preliminari a Belgrado, l’attuale Governo insieme ai socialisti avrà 54 mandati del numero totale di 110 seggi. Mentre i partito antioccidentali si sono rifiutati di parlare con Vučić della creazione di una maggioranza parlamentare, l’opposizione filooccidentale con a capo il Partito democratico della Serbia ha ricevuto 50 seggi, e il movimento di cui sopra, che ha sorpreso tutti, ne ha ricevuti 6. La maggioranza parlamentare dipende da Nestorović. Se rimanesse nella posizione attuale si potrebbero tenere nuove elezioni municipali. Anche il partito “Assemblea nazionale” è arrivata vicino alla soglia di sbarraamento nelle elezioni sia municipali che per il Parlamento della Serbia.

La situazione del Kosovo

Sicuramente le elezioni municipali a Belgrado  dovranno essere ripetute. L’opposizione filo-occidentale ha presentato numerose denunce. In una dichiarazione hanno addirittura chiesto l’annullamento delle elezioni appena svoltesi e l’organizzazione di quelle nuove. Per il Governo del presidente Vučić è un problema che, dopo queste consultazioni, anche l’ODIHR ha presentato una serie di obiezioni. L’Unione europea, insolitamente, non ha commentato i risultati delle elezioni in Serbia, dicendo che attenderà i rapporti delle missioni di osservatori dell’ODIHR e dell’OSCE. Tra l’altro, poiché il sistema politico serbo in tutte le sue caratteristiche assomiglia ad una “stabilocrazia”, l’opposizione filo-occidentale aveva già auspicato una reazione più dura da parte della UE, chiedendo di rivedere le regole elettorali, in primis per quel che riguarda l’accesso dei partiti ai media.

Nonostante ciò, l’UE non ha reagito in alcun modo. E questo perché secondo molti osservatori entrerebbe in contraddizione con le prospettive geopolitiche dei Balcani. Finché Vučić ha fatto delle concessioni durante i “negoziati sul Kosovo” e ha collaborato, rinunciando alternativamente alle competenze della Repubblica di Serbia sul territorio del Kosovo, la UE non si è posta il problema delle leggi elettorali in Serbia. E’ cambiato qualcosa adesso? La UE chiede ad Aleksandar Vučić di attuare il cosiddetto piano Scholz-Macron, al quale Vučić ha aderito verbalmente e in base al quale riconosce di fatto la cosiddetta Repubblica del Kosovo. Durante la campagna elettorale, lo stesso Aleksandar Vučić ha affermato di “non aver firmato nulla” e che si poteva discutere solo dell’attuazione parziale del piano Scholz-Macron. Il primo ministro della Serbia, Ana Brnabić, al vertice UE-Balcani occidentali, proprio alla vigilia delle elezioni, aveva espresso riserve sulla dichiarazione congiunta in cui si menzionava il Kosovo, indicando che la Serbia si oppone all’adesione del Kosovo all’ONU e alle organizzazioni all’interno del sistema ONU. In primo luogo si è riferita all’UNESCO, che è un desiderio di lunga data degli albanesi kosovari. Poiché il piano Scholz-Macron è già entrato nel “traffico politico” dell’UE, diventa, di fatto, una nuova condizione per il proseguimento dell’integrazione europea della Serbia.

Non ci possono essere nuovi negoziati sul contenuto, né è realistico che la UE accetti la sua “applicazione graduale” o “parziale”. Del resto, subito dopo la chiusura dei seggi elettorali, lo stesso Aleksandar Vučić ha ripetuto che “la Serbia continua il suo cammino europeo”. Tuttavia non è molto chiaro come proseguirà se questo percorso sarà condizionato dall’effettivo riconoscimento della cosiddetta Repubblica del Kosovo.

La “stabilocrazia” di Vučić

Nel complesso, guardando i risultati elettorali, sembra che il potere di Aleksandar Vučić sia più stabile che mai. Con una tale distribuzione dei mandati la Serbia diventa una stabile “stabilocrazia”. Nelle elezioni serbe tutto è rimasto uguale per quanto riguarda gli equilibri di potere. Ognuno ha ricevuto la sua parte di elettorato. E’ cambiata solo la distribuzione all’interno di questi elettorati, che si dividono in elettori del governo, filo-occidentali e anti-occidentali dell’opposizione. Questo ci permette di parlare dei singoli vincitori e vinti anche dopo queste elezioni. Tuttavia, se vista da un punto di vista geopolitico e attraverso il prisma della sicurezza regionale, la Serbia si trova ad affrontare le stesse sfide che esistevano prima delle elezioni. Lì non cambia assolutamente nulla. E gli eventi hanno dimostrato che da essi dipende la stabilità sia del sistema politico che dell’intero sistema sociale.

Professore, Dottore in scienze politiche

Dušan Proroković