L'accusa di "utile idiota" rivolta al giornalista americano Tucker Carlson andrebbe valutata con la prospettiva storica. Si scoprirebbe che gli Usa (e il mondo) sono ricchi di personalità che non condividono le scelte dei consiglieri neo-con che sono attorno al presidente Biden
Ci sono altri “idioti” come Tucker Carlson, a cominciare da Henry Kissinger e fino a Jeffrey Sachs
“Tucker Carlson è un utile idiota”, così hanno detto in coro i più autorevoli osservatori, a cominciare dal Financial Times, seguito dall’Economist e da infiniti altri. La definizione di “utile idiota” dovrebbe comunque essere meglio precisata. Infatti, se dovesse includere tutti i critici dell’attuale politica occidentale sulla questione russo-ucraina, dovrebbe in primo luogo includere Henry Kissinger, fino agli ultimi suoi interventi pubblici (come l’intervista a Die Zeit del 24 maggio 2023): ha legittimato l’occupazione della Crimea; a proposito del conflitto ucraino ha detto: “la colpa non è solo della Russia”; ha ricordato che nel 2014 si era dichiarato contrario a far entrare Kiev nella Nato, aggiungendo che “da lì è iniziata una serie di eventi culminati nella guerra”, fino a mettere in dubbio l’esistenza dell’Ucraina come Stato-nazione unitario.
Kissinger non è l’unico “utile idiota” al quale è difficile dire “idiota”. Molto difficile è definire idiota Jeffrey Sachs, che era stato invece così descritto a suo tempo dal New York Times: “probabilmente il più importante economista del mondo”. Molto difficile anche definire idiota John Mearsheimer, autore secondo alcuni del volume più intrigante per capire la politica americana contemporanea. Insomma, c’è una lunghissima lista di americani, nei più diversi settori ideologici, che sono critici dell’attuale strategia occidentale. Non stiamo parlando di Cornell West, di Robert Kennedy Jr., di Mike Johnson, di Steve Bannon, di Michael Tracey.
A livello del pacifismo internazionale, non stiamo parlando di Raúl Sánchez Cedillo o di Roger Waters, che da alcuni sono aspramente criticati. Stiamo parlando di persone unanimemente illustri e rispettate, da Jürgen Habermas ad Antonio Guterres, che hanno idee e interessi molto diversi: possono essere definite in moltissimi modi, tranne che come idioti.
Ultimo arrivato nella contraddittoria lista degli utili idioti è nientemeno il Papa, perché ha detto a proposito della possibilità di negoziare: “è una parola coraggiosa… ti metti vergogna, ma se tu continui così quanti morti hai poi? E finirà peggio ancora”. Da più di due anni Papa Francesco chiede “una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”. Dall’inizio del pontificato denuncia una “terza guerra mondiale a pezzi” e teme un conflitto nucleare: “Questo pericolo esiste veramente. Basta un incidente”. Ha spiegato di essere contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi. Ha detto e ridetto che la guerra è una pazzia perché crea enormi lutti e danni, mentre arricchisce produttori e fabbricanti di armi. Per queste affermazioni è già stato bacchettato pesantemente, eppure ancora ha messo a rischio la reputazione: ha riproposto e rimotivato il suo punto di vista, con raro coraggio.
La categoria degli utili idioti è utilizzata spesso per demonizzare ed esorcizzare l’area del dissenso, caratterizzata da persone insospettabili; vengono descritte come sparute minoranze, mentre invece rappresentano una parte numericamente preponderante della popolazione, come rivelano i sondaggi. Per sovrammercato, questa maggioranza democratica di pacifisti è ininfluente: idioti se va bene; altrimenti traditori e venduti, oppure plebaglia talmente idiota da non prendere in considerazione – neanche se sono maggioranza.
Anche Papa Francesco è stato incluso nella lista degli “utili idioti”.
L’utile idiota è innanzitutto idiota perché lavora gratuitamente: non risponde ad un padrone. Il servo lavora per un padrone. In tanti hanno ragionato su un celebre detto: “non ci sono eroi per un cameriere”; Hegel aggiunse che ciò avviene non perché l’eroe non sia un eroe, ma perché il cameriere è un cameriere. Il cameriere vede vizi e difetti, in silenzio pulisce gli stivali e la merda del suo padrone.
I camerieri abbassano gli eroi al loro stesso livello o un paio di gradini al di sotto. Come da contratto, debbono incitare al pubblico ludibrio, assegnando una patente da idiota. Stigmatizzano quelli che non la pensano come il proprio padrone, riducendo e ridimensionando ogni grandezza nell’ambito delle proprie, ridotte e parziali, unità di misura. Non c’è grandezza, ragionamento, verità, onestà, sincerità, coraggio, secondo loro; non perché non ci siano eroi, ma perché sono servi del padrone.
L’idiota non ha sempre avuto cattiva stampa. Il capolavoro omonimo di Dostoevskij, L’idiota, ribalta il significato spregiativo. Il protagonista del romanzo, il principe Myškin, è un uomo onesto, profondamente pervaso di adamantina bontà e, proprio in quanto tale, considerato dagli altri come un idiota, in senso tecnico e clinico. Il tema ha una valenza universale, tanto da essere presente in numerose culture. In particolare, Akira Kurosawa ha fatto un film, L’idiota, ispirato a Dostoevskij, ritraendo un uomo veramente buono, con la stessa morale: mitezza e idiozia sono spesso ignobilmente equiparate. Il film è spesso accostato a un altro capolavoro di Kurosawa: Rashōmon, riflessione suprema sull’affidabilità dei testimoni, sull’incertezza dei fatti e sulle molteplici visioni della stessa realtà. Akira Kurosawa ha detto: “Di tutti i miei film, la gente mi ha scritto soprattutto di questo… Volevo fare L’idiota molto prima di Rashōmon. Fin da quando ero piccolo, mi è piaciuta la letteratura russa, innanzitutto Dostoevskij. È ancora il mio autore preferito, ed è quello, penso ancora, che scrive con più onestà sull’esistenza umana”.
Se i cervelloni sono Sullivan, Blinken e Burns non c’è da stare allegri. Le loro impronte digitali stanno sui più impressionanti fiaschi della politica estera americana
Sugli idioti nella narrativa americana troviamo raffigurazioni avvincenti e commoventi, da Huckleberry Huck a Forrest Gump. Ci sono anche tanti cervelloni in America. Jake Sullivan, Tony Blinken e William J. Burns dovrebbero essere la punta di diamante dell’intelligenza occidentale, ma non sono nati ieri. Le loro impronte digitali stanno sui più impressionanti fiaschi della politica estera americana: primavere arabe, Turchia, Libia, Siria, Iraq, Afganistan, Messico, Africa, America Latina, Medioriente. Poiché sono i massimi esperti del fallimento e della disfatta, non della vergogna, usano ostentatamente i propri servi come ventriloqui. I cervelloni occidentali auspicano per Putin la stessa fine di Gheddafi e vogliono mettere milioni di russi nei campi di rieducazione. Lavorano ogni giorno con questi intenti.
Guerrafondai con la pelle degli altri, sono pokeristi che sanno di avere un punto di dubbio valore, ma rilanciano nella speranza che gli avversari non vogliano vedere il bluff – mentre tutti paventano la concreta possibilità di perdere tutto e tanti hanno già puntato i piedi per rovesciare il tavolo. L’unica speranza è che siano sostituti da qualcuno che oggi passa per idiota.