È iniziato il conto alla rovescia per le elezioni presidenziali e legislative in programma a Taiwan il prossimo 13 gennaio. Tre sono i candidati in lizza alle prossime presidenzali. La Cina invita i 19 milioni di “compatrioti taiwanesi” a “votare correttamente” mentre da Pechino Xi Jinping ribadisce che la Cina “sarà sicuramente riunificata” e che l'integrazione di Taiwan sarà "inevitabile".
Elezioni cruciali per il futuro delle relazioni tra Cina e USA
Taiwan si prepara alle elezioni presidenziali e legislative. Per 10 giorni, dal 3 al 13 di gennaio su tutta l’isola regna il periodo di silenzio elettorale. Sino alla conclusione delle operazioni di voto sono vietate le pubblicazioni dei risultati di qualsiasi sondaggio d’opinione relativo alle elezioni. Sabato 13 gennaio circa 19,5 milioni di aventi diritto al voto (il numero esatto degli elettori sarà reso noto solo il 9 gennaio) saranno chiamati alle urne. Taiwan non consente votazioni per corrispondenza o votazioni anticipate perciò su tutta l’isola sono stati allestiti 17.794 seggi. Secondo gli analisti internazionali l’esito del voto sarà decisivo sia per i futuri equilibri tra Pechino e Taipei, che per le relazioni tra le due principali potenze economiche mondiali: la Cina e gli Stati Uniti.
I tre partiti concorrenti
La campagna elettorale era iniziata il 16 dicembre scorso. Sono tre i candidati alla prossima presidenza taiwanese: Ko Wen-je del Partito popolare (TPP), Lai Ching-te del Partito progressista democratico (DPP) e Hou Yu-ih del partito Kuomintang (KMT).
Il Partito progressista democratico (DPP) è al governo di Taiwan sin dal 2016. La principale forza all’opposizione è rappresentata dal partito nazionalista di Kuomintang (KMT), mentre il Partito popolare (TPP) cerca di presentarsi agli elettori come una valida alternativa ai programmi politici sia dei progressisti che dei nazionalisti. I tre schieramenti politici hanno una visione diversa del futuro delle relazioni con la “grande” Cina, guidata dal Partito comunista che non ha mai smesso di considerare Taiwan una “propria provincia ribelle”, assolutamente da “riunificare” alla madrepatria.
La Cina aumenta le pressioni
Il 3 dicembre scorso il presidente cinese, Xi Jinping, aveva dichiarato che la Cina “sarà sicuramente riunificata” e che l’integrazione di Taiwan sarà “inevitabile”. Rivolgendosi alla Nazione nel tradizionale discorso di fine anno, citato dall’agenzia di stampa statale “Xinhua”, il presidente Xi ha sottolineato che “tutti i cinesi su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan dovrebbero essere vincolati da un comune senso di scopo e condividere la gloria del ringiovanimento della nazione cinese”.
“La riunificazione della madrepatria è un’inevitabilità storica”, ha detto Xi Jinping, secondo cui l’economia cinese è diventata “più resiliente e dinamica di prima”.
Le elezioni presidenziali e parlamentari a Taiwan si svolgeranno sullo sfondo di un’intensa pressione politica e militare da parte di Pechino. Per questo motivo l’imminente voto è stato presentato a Taiwan addirittura come una scelta tra “guerra e pace” con la Cina. Lo ha confermato anche il direttore dell’Associazione cinese per le relazioni attraverso lo Stretto, Zhang Zhijun, che ha invitato gli elettori di Taiwan di “votare correttamente” nelle elezioni presidenziali, che rappresentano una “scelta importante tra le prospettive di pace e guerra” con la Cina. “Le imminenti elezioni presidenziali e legislative – ha dichiarato Zhang Zhijun – rappresentano una scelta importante tra le prospettive di pace e guerra, di prosperità e di declino. I compatrioti dell’isola devono porsi dalla parte giusta della storia e fare una scelta corretta per promuovere le relazioni tra le due sponde dello Stretto e riportarle sulla retta via dello sviluppo pacifico”, ha detto il funzionario cinese.
Per Taiwan l’ingerenza cinese “diventa sempre più sofisticata”
Per le autorità di Taiwan l’ingerenza cinese “diventa sempre più sofisticata”. Come ha dichiarato in un’intervista al quotidiano francese “Le Monde” il ministro degli Esteri taiwanese, Joseph Wu, Pechino “vuol far passare l’idea” che le elezioni previste per il 13 gennaio sull’isola autogovernata e su cui Pechino rivendica la sovranità, siano “una scelta tra la guerra e il rallentamento economico”. Secondo Wu “la guerra sarebbe sinonimo di disastro per Taiwan, ma anche per la Cina e per tutti gli altri Paesi che saranno implicati”, ha sottolineato il capo della diplomazia taiwanese. “Se la carenza di approvvigionamento di Taiwan dovesse perdurare, l’impatto sul resto del mondo sarà più grave di quello che si è verificato con la guerra in Ucraina”, ha sottolineato il ministro Wu, ricordando che il 90% dei microchip più avanzati sono prodotti sull’isola.
Per il candidato del Kuomintang (KMT), Hou Yu-ih, l’arrivo al potere dei democratici aumenterebbe esponenzialmente il rischio di un conflitto armato nello Stretto. Da parte sua il leader del DPP, Lai Ching-te, ha accusato l’opposizione di “allineamento alle politiche di Pechino”, mentre le “elezioni saranno per il popolo di Taiwan una scelta tra autoritarismo e democrazia”.
I programmi elettorali dei candidati
Per il leader del Partito popolare, Ko Wen-je , Sono tutte posizioni “fin troppo ideologiche”, mentre bisogna favorire e sviluppare il dialogo “costruttivo” con il Partito comunista cinese per “tutelare l’autonomia dell’isola” che da interi decenni vive sulla base del cosiddetto “Consenso del 1992”, una formula diplomatica in base alla quale i vertici politici di Cina e di Taiwan “riconoscono tacitamente l’esistenza di una ‘Cina unica’ senza però definirne chiaramente il significato”.
In questo contesto, rispondendo al messaggio di Capodanno di Xi Jinping, il Governo di Taiwan ha dichiarato che le relazioni con la Cina dovranno essere sviluppate sulla base della “dignità” e della “volontà popolare”. Il presidente uscente dell’isola, Tsai Ing-wen, ha invitato la Cina a rispettare l’esito delle elezioni presidenziali e legislative, evidenziando che è “responsabilità comune” di entrambi i Governi mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan. “Il popolo taiwanese vuole la pace, ma una pace che sia dignitosa”, ha detto la Tsai Ing-wen.
Il candidato presidenziale del DPP è il 64enne Lai Ching-te (noto anche come William Lai), attuale vicepresidente di Taiwan. Dopo aver conseguito un master in Sanità pubblica alla Harvard School of Public Health di Boston, negli Stati Uniti, viene eletto in Parlamento taiwanese nel 1996. Lai rappresenta una vera “spina nel fianco” della Cina che lo considera “un pericoloso elemento separatista” a causa dell’esplicito sostegno offerto in passato alla causa indipendentista. Per smorzare i toni della polemica Lai ha detto che “non procederebbe a una formale dichiarazione d’indipendenza di Taiwan”, perché minaccerebbe di scatenare una guerra vera e propria ai sensi della Legge anti-secessione, approvata nel 2005 dall’Assemblea nazionale del popolo (ANP), la massima istituzione legislativa della Cina.
Durante la campagna elettorale il candidato nazionalista del Kuomintang (KMT) Hou Yu-ih, attuale sindaco di Taipei, ha dichiarato di essere contrario alla formula “un Paese, due sistemi”, proposta dalla Cina per perseguire l’unificazione con Taiwan, ma ha anche respinto l’agenda a sostegno dell’indipendenza, ritenuta da Hou “priva di basi legali”. Il programma del candidato nazionalista è basata sulle consultazioni politiche regolari tra i vertici di Cina e di Taiwan per “allentare le tensioni”. Vale a dire che Hou sarebbe favorevole a conservare l’indipendenza “de facto” dell’isola e della sua denominazione ufficiale, Repubblica di Cina, al fine di evitare “pericolose allusioni” a un riconoscimento formale della statualità di Taiwan.
Il terzo candidato della trojka elettorale è il 64enne Ko Wen-je del Partito popolare. L’ex sindaco di Taipei (2014-2022), ha fondato il TPP nel 2019 “nel tentativo ‘pragmatico’ di aprire una strada alternativa al tradizionale braccio di ferro tra il Partito progressista democratico e il Kuomintang”. In diverse occasioni pre-elettorali Ko ha indicato nel “dialogo” e nella “comunicazione” la propria “strategia vincente” per rilanciare le relazioni con Pechino, ma ha anche promesso in caso di vittoria alle elezioni del 13 gennaio prossimo, di “aumentare considerevolmente la spesa per la difesa dell’isola”.
Le tensioni danneggiano il commercio Cina-Taiwan
Le tensioni geopolitiche hanno danneggiato seriamente le relazioni economiche e commerciali tra Cina e Taiwan. Nel complesso del commercio con l’estero le esportazioni taiwanesi verso Cina negli ultimi 7 anni sono scese dal 39,5% al 35,4%. Secondo le stime del Consiglio per lo sviluppo nazionale (NDC) taiwanese, nel periodo gennaio-novembre 2023 le esportazioni verso gli Stati Uniti si sono attestate al 17,3% a fronte del 12,1%, registrato nel 2016. Non soltanto il commercio, ma anche gli investimenti di Taiwan in Cina “hanno subito un drastico calo, scendendo dal 50,1% (2015) all’11,5% l’anno scorso”.