Il presidente Kagame accenderà la fiamma commemorativa al Kigali Genocide Memorial
In Ruanda si commemorano i 30 anni del genocidio, uno dei più sanguinosi del XX secolo con oltre 800 mila morti, la maggior parte di etnia tutsi (a cui si aggiunsero anche hutu moderati) che furono barbaramente uccisi e 2 milioni furono i profughi su una popolazione di 8 milioni di persone. Furono 100 giorni di terrore perpetrato dagli hutu nel Paese africano prima che le milizie ribelli del Fronte patriottico ruandese (RPF) riuscissero a prendere Kigali.
Il 7 aprile, come ormai è tradizione in Ruanda, il discusso presidente Kagame, a cui si deve una relativa stabilità (non senza repressioni interne), accende una fiamma commemorativa al Kigali Genocide Memorial, dove sono sepolte più di 250 mila vittime del massacro.
Tutto iniziò con l’abbattimento, la sera del 6 aprile 1994, dell’aereo su cui viaggiava i presidenti del Ruanda, Juvénal Habyarimana e del Burundi, Cyprien Ntaryamira, entrambi di etnia hutu, che si erano recati in Tanzania per un vertice tra leader africani dove si cercava un processo di pacificazione tra le varie fazioni. Questo attentato fu voluto verosimilmente da chi questo processo non lo voleva. La mattina del 7 aprile fu uccisa anche la premier Agatha Uwilingiyimana (hutu moderata come il presidente morto nell’incidente aereo) con alcuni militari ONU che avevano l’incarico di proteggerla. Furono incolpati i tutsi e si diede così il via a una strage (secondo gli analisti pianificata da tempo) che ha avuto fino solo quanto le forze tutsi del RPF, guidate da Paul Kagame, ripresero in mano la situazione. Kagame fu poi a capo di un governo provvisorio e fu poi eletto nel 2003, nel 2010 e nel 2017.