Il prezzo dell’olio di oliva è alle stelle. Se l’inflazione dei generi alimentari ha colpito tante famiglie, il prezzo di quello che è uno dei capisaldi della dieta mediterranea si è letteralmente impennato con un aumento, in Italia, superiore al 30% in un solo anno allo scaffale, tra il 90 e il 100% all’ingrosso.
E il problema non è da imputare tanto alla spirale inflativa, quanto piuttosto la carenza di scorte a causa della bassa produttività dello scorso anno. A crescere non è solo l’olio extravergine di oliva fatto con materia prima italiana ma anche il normale olio di oliva e anche i blend con olii provenienti dalla Spagna e dal nord Africa.
Pesa la riduzione del raccolto del primo produttore mondiale, la Spagna, al di sotto del milione di tonnellate e, secondo quanto riporta Adnkonos che cita le stime dell’associazione di categoria Unaprol, anche due grandi produttori come Tunisia e Turchia saranno lontani dalle produzioni più fruttuose. Colpa, soprattutto, della siccità dei mesi passati cui è seguita una scarsità nel raccolto. Ora anche le scorte si stanno esaurendo e tutto questo si ripercuote sul prezzo finale.
Le prime stime di Unaprol sulla produzione italiana 2023-2024 parlano di circa 270.000 tonnellate di olio extra vergine prodotto (+15% rispetto allo scorso anno): un miglioramento, anche se il settore è ancora lontano dagli anni più produttivi, quando si arriva a 300.000 tonnellate.