Le motivazioni sono da ricercare nell’indebolimento dei prezzi del petrolio e nella riduzione dei margini di raffinazione e dei prodotti chimici. L’utile netto aprile-giugno per la compagnia nazionale degli idrocarburi dell’Arabia Saudita è di 112,81 miliardi di riyal (pari a 30,07 miliardi di dollari) contro i 181,64 miliardi (48,4 in dollari) fatti segnare nello stesso trimestre del 2022.
Va segnalato che il confronto tra il 2022/2023 è influenzato dal fatto che lo scorso anno i prezzi erano alle stelle come conseguenza dello scoppio del conflitto in Ucraina; la crescita dei profitti su base annua era stata addirittura del 90%. Il calo dell’utile netto non inficia la politica dei dividendi di Aramco che ha confermato 19,5 miliardi di dividendo base del primo trimestre e altri 19,5 miliardi nel secondo.
“I nostri ottimi risultati riflettono la nostra resilienza e la nostra capacità di adattarci ai cicli di mercato – ha commentato Amin Nasser, CEO di Aramco – La nostra visione a medio e lungo termine rimane invariata. Con la previsione di una ripresa dell’economia globale in generale e di un aumento dell’attività nel settore dell’aviazione, saranno necessari continui investimenti in progetti energetici per salvaguardare la sicurezza energetica. Stiamo mantenendo il più grande programma di investimenti della nostra storia, con l’obiettivo di aumentare la nostra capacità di produzione di petrolio e gas e di espandere la nostra attività Downstream. Allo stesso tempo, rimaniamo ottimisti sul potenziale delle nuove tecnologie per ridurre le nostre emissioni operative”.
Lo scorso anno il Brent era quotato 113 dollari al barile poi il prezzo era crollato a causa dell’incertezza economica e per l’eccesso di offerta. Mosca e Riyadh hanno quindi cercato di sostenere i prezzi che sono ora in crescita e verosimilmente cresceranno ulteriormente vista la recente decisione dell’Arabia Saudita di un taglio di 1 milione di barili al giorno anche per il mese di settembre.