Le pagherà solo chi guadagna più di 1,75 milioni di peso (5.000 dollari) al mese, ma bastano le dita di una mano per elencarli tutti.
L’Argentina potrebbe sembrare un nuovo “paradiso fiscale”, ma non lo è affatto: la povertà è dilagante e nel 2023 ha colpito il 40% della popolazione, che vive sotto il livello minimo di sussistenza.
Per aiutare almeno un po’ la gente a “sbarcare il lunario” e a poche settimane dal voto per le elezioni presidenziali, in programma per il 22 di ottobre, il Parlamento dell’Argentina ha approvato il disegno di legge che cancella le imposte sul reddito per praticamente tutti i lavoratori dipendenti del Paese. La misura è stata proposta dal ministro dell’Economia, Sergio Massa, uno dei candidati per la prossima presidenza argentina, che guida l’attuale colazione di centrosinistra al Governo, al terzo posto nelle primarie dello scorso agosto.
Massa aveva già varato l’esenzione temporanea dalle imposte sul reddito per il 99% dei dipendenti con un decreto straordinario, che ora diventa legge dopo l’approvazione del Senato con i 38 voti a favore e i 27 contrari. L’imposta sul reddito sarà eliminata per più di 800.000 lavoratori e pensionati argentini. Continuerà a versarla soltanto chi percepisce “un importo superiore a 15 volte il salario minimo federale”, ovvero 1,75 milioni di peso al mese (5.000 dollari circa in base al tasso di cambio attuale).
La nuova legge ha messo ancora una volta sotto i riflettori non soltanto la piaga della povertà in Argentina, ma anche un dato sorprendente: avere un lavoro regolare e stabile non garantisce una vita decente. Il costo del paniere minimo dei beni e servizi aumenta a passi da gigante: nel solo mese di agosto del 2023 è aumentato ancora del 14,3%.
Secondo la stima della Commissione per il bilancio del Congresso nazionale argentino, l’esenzione costerà nel 2024 al PIL del Paese lo 0,83%. Il Fondo monetario internazionale, che lo scorso 23 agosto aveva approvato l’erogazione all’Argentina di un nuovo prestito di 7,5 miliardi di dollari, ha dichiarato di essere profondamente preoccupato per la spesa pubblica e per l’inflazione galoppante.