Banca Mondiale: dalla geopolitica i rischi più seri per la crescita globale

I cinque mesi della presidenza di Ajay Banga a capo della World Bank: “Siamo in una fase davvero molto pericolosa”

Dopo il monito del Fondo monetario internazionale, anche la World Bank suona l’allarme. “Le tensioni geopolitiche rappresentano la più grande minaccia per l’economia mondiale”, ha dichiarato il neo presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga, durante il forum annuale Future Investment Initiative (FII) a Riyad, in Arabia Saudita.

Per Banga i rischi “si moltiplicano e tendono a spostarsi” velocemente e coinvolgono sempre più Paesi del mondo, dal conflitto armato russo-ucraino, alla guerra tra Israele e Hamas e fino alle crescenti tensioni in Asia, in particolare tra la Cina e le Filippine che si contendono il controllo del Mar Cinese Meridionale, dove domenica ci sono state due collisioni tra navi filippine e cinesi con il coinvolgimento anche delle rispettive unità di guardia costiera.

E come se tutto ciò non bastasse Banga si è chiesto “quanto manchi” alla prossima pandemia? “C’è così tanto da fare nel mondo e nella geopolitica per cercare di stabilizzare le tensioni, quello che sta succedendo in Israele e a Gaza. Alla fine della giornata se si mette insieme tutto viene da pensare che l’impatto sullo sviluppo economico sarà più grave del previsto”, ha spiegato Banga, concludendo con una valutazione che lascia poco spazio all’ottimismo per la crescita globale: “Anche se nel mondo sviluppato tutto sembra migliore di quanto ci aspettassimo qualche tempo fa, credo davvero che siamo in un momento molto pericoloso”.

Banga, indiano di 63 anni, era stato nominato a maggio su proposta del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, a capo della Banca Mondiale, l’istituto di credito internazionale che si batte per lo sviluppo economico dei Paesi più poveri. Secondo Banga “elementi di rischio per la crescita” vengono dalla situazione internazionale corrente e dalle tante crisi aperte ma anche dalle difficoltà di singoli Paesi, come la Cina, che fino a qualche tempo fa era stato motore dell’economia globale.