Decine di morti e centinaia di feriti, in fiamme diversi edifici pubblici. TV e comunicazioni interrotte. Negli scontri è stato ucciso un reporter, mentre altri 30 giornalisti sono stati feriti.
Occhi del mondo sono puntati sul Bangladesh, dove vanno su di giri le proteste popolari di massa, accompagnate da violenti scontri con le forze dell’ordine. A dare il via ai disordini erano stati gli studenti universitari che avevano denunciato il cosiddetto “sistema delle quote di accesso alla funzione pubblica”. Secondo i manifestanti, il sistema “favorisce i rappresentanti dei gruppi che sostengono la premier Sheikh Hasina”, leader 76enne in carica dal 2009. La popolazione del Bangladesh, uno dei più poveri Stati del sud-est asiatico, chiedono che “valgano esclusivamente criteri di merito”.
Al centro del sistema contestato, si trova il movimento “Awami League”, guidato dal premier Hasina, che guidò la lotta per l’indipendenza dal Pakistan nel 1971. Il 30% dei posti nelle amministrazioni pubbliche e governative è riservato esclusivamente ai veterani e ai famigliari dei veterani di quel conflitto.
Per ordine delle autorità Internet e i servizi di telefonia mobile sono stati messi fuori servizio in Bangladesh, dopo che giovedì 18 luglio nella capitale Dacca i manifestanti hanno dato fuoco a diversi edifici governativi e la sede della televisione di Stato. Sono state attaccate e diverse centrali della polizia. Il bilancio di una settimana di contestazioni di una crescente violenza è ormai di una quarantina di morti (tutti o quasi nelle ultime 48 ore, fra i quali un reporter) e diverse centinaia di feriti, compresi 30 giornalisti e 104 poliziotti.
I disordini di massa stanno coinvolgendo circa 30 dei 64 distretti amministrativi del Bangladesh. La polizia ha vietato ogni raduno nella capitale Dacca e ha minacciato di “ricorrere al pugno di ferro qualora i violenti disordini dovessero proseguire”. Nella situazione attuale le forze dell’ordine non ce la faranno da sole a contrastare le proteste di massa e il Governo, nel tentativo di mantenere l’ordine, ha chiamato in soccorso anche l’esercito.