Al recente vertice di Johannesburg i Paesi del gruppo BRICS hanno deciso all’unanimità: il 1° luglio del 2024 l’associazione sarà allargata a sei nuovi Stati-membri. Ai Paesi fondatori del gruppo – il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica – si affiancheranno l’Argentina, l’Egitto, l’Iran, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Etiopia.
Per gli analisti internazionali si è trattato di una sconfitta politica dell’Occidente, dagli Stati Uniti all’Unione Europea, e in particolare del presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, e dell’Alto rappresentante della UE per gli affari esteri, Josep Borrell.
A tendere il tranello è stata l’Argentina, che ancora il 18 luglio scorso al summit tra l’Unione Europea e la Comunità di Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC) si era arresa – a parole – alle pressioni di Bruxelles e aveva annunciato “il rinvio della propria adesione ai BRICS”. Un mese dopo a Johannesburg, l’Argentina ha confermato la propria adesione al gruppo: “Diventare una parte integrante dei BRICS è una grande opportunità di rafforzare il nostro Paese”, ha scritto il 24 agosto sulla sua pagina ufficiale della rete sociale X (ex Twitter) il presidente della Repubblica argentina, Alberto Fernandez.
Intanto nel suo articolo intitolato “L’espansione del gruppo Brics è una sconfitta per Von der Leyen e Borrell” l’editorialista di Berliner Zeitung, Ramon Shack, ha scritto che “l’allargamento dei BRICS è stato un punto di svolta cruciale dell’intera politica mondiale”, mentre i media occidentali continuano a usare i termini umilianti come “incontro dei Paesi in via di sviluppo”, che permette di capire il vero approccio neocolonialista dell’Occidente agli Stati del gruppo BRICS.
Le conseguenze economiche dell’allargamento del gruppo BRICS saranno più che positive. In primo luogo saranno aumentate in maniera esponenziale le riserve e quindi le capacità di finanziamento della Nuova Banca di Sviluppo (New Development Bank, NDB), l’istituto di credito dei BRICS con sede a Shanghai, in Cina. Dopo l’adesione dei nuovi membri, il PIL degli 11 Stati del gruppo, dove abita il 47% della popolazione della Terra, raggiungerà in base alla parità del potere d’acquisto il 36% del prodotto interno lordo mondiale.