La giunta militare del Burkina Faso, al governo di Ouagadougou dal colpo di stato del 30 settembre 2022, ha sospeso le esportazioni di oro e di materie prime preziose.
La decisione, secondo quanto spiega la stessa giunta, è finalizzata alla necessità di “ripulire il settore e riflette il desiderio del governo di organizzare meglio la commercializzazione dell’oro e di altre sostanze preziose”. Lo stop è attivo dal 20 febbraio e al momento non è stato fissato un termine al divieto delle esportazioni.
Secondo quanto riporta Reuters, il provvedimento è particolarmente pesante per l’economia del Burkina Faso visto che l’attività estrattiva è una delle principali fonti di lavoro nel paese e l’oro rappresenta il 37% dell’export del Paese; si stima un’estrazione del prezioso minerale tra le 10 e le 30 tonnellate ogni anno, tutte estratte con metodi “artigianali” che coinvolgono circa 1 milione di persone su una popolazione di 22.
Questo tipo di estrazione porta benefici alle persone direttamente coinvolte ma ha anche effetti negativi legati all’ambiente (deforestazione, erosione, etc.). Secondo quanto si legge in un rapporto dell’ONG Crisis Group risalente al 2019 e citato dalla Rivista Africa nel Burkina Faso e in altri Stati del Sahel lo sviluppo di queste attività legate all’oro è fonte di “finanziamento e persino un terreno di reclutamento per vari gruppi terroristici armati” che, in particolare dove il controllo dello Stato è debole, si impadroniscono dei territori e delle attività per finanziarsi.