Cina: il Plenum decide di accelerare le riforme per favorire la modernizzazione del Paese

Non ci sarà da aspettarsi un brusco cambiamento delle politiche economiche, si parla di misteriose “nuove forze produttive di qualità”

Xi Jinping

Si è concluso giovedì (18 luglio per chi legge) il Terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese. Il Terzo Plenum è il più importante perché è tradizionalmente quello dedicato all’economia. Nel corso della riunione, durata quattro giorni, i più importanti membri del partito hanno discusso soprattutto del come dare una spinta alla crescita economica: per la prima volta da decenni il Plenum si è svolto mentre l’economia cinese si trova in difficoltà. La pubblicazione delle statistiche economiche alla vigilia del Plenum ha indicato che la crescita economica del gigante asiatico nel secondo trimestre dell’anno è stata del 4,7% su base annuale, un dato ritenuto troppo basso per le necessità di sviluppo della Cina.

Il Plenum si è svolto a “porte chiuse”, mentre gli analisti e gli esperti hanno cercato di capire quali misure il presidente, Xi Jinping, e la leadership cinese hanno deciso di mettere in atto per far fronte al rallentamento dell’economia, e quali effetti il programma cinese potrebbe avere sul resto del mondo.

Il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha adottato una risoluzione volta ad “approfondire ulteriormente le riforme e accelerare il processo della modernizzazione del Paese”. Secondo l’agenzia ufficiale d’informazione cinese “Xinhua” la risoluzione del Plenum si basa sul rapporto, presentato dal presidente Xi Jinping sul lavoro del Bureau politico del partito, l’organismo supremo che si occupa della gestione corrente della vita politica, economica e sociale della Cina.

Gli obiettivi generali enunciati nel documento sono l’“ulteriore perfezionamento e lo sviluppo di un sistema socialista con le specifiche caratteristiche cinesi”, nonché la modernizzazione di governance della Cina”.

“Entro il 2035, avremo completato la costruzione di un’economia di mercato socialista di alto livello sotto tutti gli aspetti, migliorato ulteriormente il sistema del socialismo con caratteristiche cinesi, modernizzato il nostro sistema e la capacità di governance, e realizzato fondamentalmente la modernizzazione socialista”, si legge nel documento. Secondo la risoluzione “i compiti posti dal Plenum, dovranno essere realizzati e completati entro il 2029, quando la Repubblica Popolare Cinese celebrerà l’80mo anniversario della sua fondazione”.

A circa un anno e mezzo dall’abbandono delle politiche di durissimo lockdown che in Cina sono durate molto più a lungo che in Occidente, l’economia cinese non è riuscita a ripartire energicamente come tutti si aspettavano. Per il 2024 il Governo cinese si è posto davanti il compito di ottenere la crescita economica “intorno al 5% annuo”. I risultati economici deludenti del secondo trimestre hanno permesso di capire che sarà un’impresa ardua.

Come ricordano gli esperti internazionali la “Cina cresce a ritmi molto alti per gli standard occidentali, che tuttavia non sono sufficienti per un Paese che di fatto è ancora in via di sviluppo”. Secondo il Fondo monetario internazionali il PIL per persona della Cina è di 12.700 dollari, contro i 76.300 degli Stati Uniti.

Per passare dal modello di sviluppo vecchio, basato sugli investimenti, in cui lo Stato ha mobilitato tutte le forze economiche del Paese verso i settori-chiave come l’industria elettronica e hi tech, la manifattura, l’industria pesante, le esportazioni, la costruzione di grandi infrastrutture a quello nuovo, la Cina avrebbe bisogno di fare grandi e rischiose riforme di ampi settori della sua economia. In Occidente questo processo lo vedono così: la leadership cinese deve ora privilegiare un modello di sviluppo “basato sui consumi, in cui non sarà più lo Stato, o meglio dire il Partito comunista a indirizzare le risorse dell’economia con investimenti e sussidi, ma saranno le imprese private e la popolazione di 1,5 miliardi di persone a generare il grosso della ricchezza del Paese, come succede in tutte le economie mature”.

In questo contesto la risoluzione finale del Plenum ha ribadito la “necessità di proseguire con le riforme e l’apertura dell’economia cinese”. Leggendo tra le righe del documento, si capisce che i 376 membri del Comitato centrale del Partito comunista hanno votato a favore di una “via di mezzo” per la transizione economica, evitando a tutti i costi l’instabilità sociale e politica. E questo perché il documento cita la necessità di “prevenire e controllare i rischi alla sicurezza pubblica, salvaguardare la stabilità sociale ed evitare i rischi ideologici”. Il compromesso, raggiunto al Plenum, farà leva delle non meglio specificate “nuove forze produttive di qualità”, il che fa credere che non ci saranno bruschi cambiamenti nella politica economica statale.