Cina, la legge anti spionaggio e l’incertezza per gli investitori

La nuova legge anti spionaggio adottata dal Governo cinese potrebbe ostacolare gli investimenti esteri nel Paese. La norma era stata approvata lo scorso aprile ed è entrata in vigore a luglio.

Si tratta di un ampio aggiornamento in senso restrittivo alla legislazione anti-spionaggio di Pechino che vieta il trasferimento di qualsiasi informazione relativa alla sicurezza nazionale e amplia la definizione di spionaggio.

Questa normativa è conforme alla politica più “severa” inaugurata negli anni del mandato di Xi Jinping che con questa legge equipara di fatto tutti i documenti, i dati, i materiali e gli oggetti relativi alla sicurezza e agli interessi nazionali ai segreti di stato. Seppur non definendo esattamente ciò che rientra nella “sicurezza nazionale”, permette alle autorità di ottenere l’accesso a dati, apparecchiature elettroniche e informazioni su beni personali.

Questo, insieme a una serie di leggi sempre più restrittive assunte nel corso degli anni da Pechino circa ciò che uno straniero può fare in Cina, sta rendendo sempre più problematico scegliere di investire nell’economia del Dragone. Fatto che si aggiunge alla tendenza globale a cercare di delocalizzare il meno possibile accorciando le catene di approvvigionamento. A questo si aggiunge il fatto che le relazioni diplomatiche tra la Cina e l’occidente sono sempre più problematiche. Il clima che si viene a creare potrebbe quindi scoraggiare gli investimenti perché aumenta l’incertezza.

In sostanza, la Cina ha una costante necessità di attrarre capitale e know how estero, anche per completare la ricercata indipendenza tecnologica dall’occidente. Dall’altra però vara una legge – vaga e quindi difficilmente definibile per chi investe – che estende le possibilità di controllo governativo aumentando l’incertezza per chi fa o vuole fare business a Pechino.