Nella prima metà del 2023 gli investimenti diretti esteri cinesi nel mondo sono calati del 18% rispetto ai risultati registrati nel 2022 e del 25% rispetto a quelli del 2016.
La Cina investe sempre meno nelle società occidentali, spostando il flusso di capitali verso le industrie del sud-est asiatico, dell’America Latina e del Medio Oriente. Secondo un’analisi dell’Istituto di imprenditoria americano (American Enterprise Institute, Aei), citato del quotidiano Wall Street Journal, “il principale destinatario di investimenti cinesi quest’anno è stata l’Indonesia, dove Pechino da tempo sta adocchiando le immense risorse di nickel”.
“Nickel è un metallo chiave della produzione di molti tipi di batterie, cui utilizzo nelle autovetture a trazione elettrica cresce a ritmi vertiginosi. Il cambiamento dei flussi di investimento dimostra come la Cina stia reagendo al deterioramento delle relazioni politiche con l’Occidente collettivo, guidato dagli Stati Uniti, e come stia invece rafforzando i propri legami commerciali e finanziari con molte altre parti del mondo. Lo spostamento dei flussi del denaro cinese verso l’Est e verso il Sud globale minaccia una notevole riduzione dei posti di lavoro in alcuni Paesi occidentali. Inoltre si teme una riduzione degli investimenti cinesi nelle startup della Silicon Valley”, ha scritto il quotidiano di New York.
Secondo i dati dell’Aei “nella prima metà del 2023 gli investimenti diretti esteri cinesi (Ide) nel mondo sono calati del 18% rispetto ai risultati registrati nel 2022 e del 25% rispetto a quelli del 2016”. Come ha dichiarato a Wall Street Journal l’economista capo per i mercati asiatici presso S&P Global Ratings, Louis Kuijs, “nell’attuale situazione geopolitica diminuiscono le possibilità per la Cina di investire nelle economie dei Paesi sviluppati”. In particolare Pechino denuncia l’atteggiamento “ostile” in Occidente nei confronti di capitali cinesi.
In questo cotesto secondo Kuijs “sarà difficile, impossibile quasi, vedere una crescita sostanziosa degli investimenti esteri cinesi nei prossimi tre-cinque anni”. Secondo Wall Street Journal ne soffriranno più degli altri il Canada, l’Australia e l’Ungheria.
Intanto Washington – almeno a parole – cerca di attenuare le tensioni con Pechino. Domenica 23 luglio in un’intervista al canale televisivo Cnn il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha dichiarato che “gli Stati Uniti stanno lavorando intensamente per rendere più stabili i rapporti tra i due Paesi, per creare una solida base, destinata a non permettere alla rivalità di trasformarsi in un conflitto vero e proprio”. Secondo Blinken, che aveva visitato Pechino lo scorso giugno, Washington cerca di “rafforzare i canali di comunicazione” con la Cina. “Il conflitto non sarà negli interessi di nessuna delle parti”, ha aggiunto il capo della diplomazia statunitense.