Conflitto Armenia-Azerbaigian. Esodo senza fine dal Nagorno Karabakh

La strage: esplode un deposito di benzina. Tra i profughi ci sono almeno 20 morti e 290 feriti. Nella capitale Erevan centinaia di manifestanti chiedono le dimissione del primo ministro Nikol Pashinyan che il 5 ottobre prossimo dovrà incontrare a Granada, in Spagna, il presidente dell’Azerbaigian, Ilkham Aliyev.

Continua senza sosta un esodo biblico degli abitanti dal Nagorno Karabakh, l’enclave armena nel territorio dell’Azerbaigian. Il governo armeno ha dichiarato che la mattina del martedì 26 settembre “13.350 rifugiati del Nagorno-Karabakh sono giunti sul territorio armeno”. Per le autorità di Erevan si tratta di “persone sfollate con la forza dagli azeri”.
Le evacuazioni di massa erano scattate tra domenica e lunedì, in seguito a un’operazione militare, nel corso della quale l’esercito dell’Azerbaigian ha stabilito il controllo di quasi tutto il territorio del Nagorno Karabakh, abitato principalmente da persone di etnia armena. Il 20 settembre scorso in seguito ai feroci bombardamenti azeri, che sono costate la vita anche a sei peacekeeper dell’esercito russo, le milizie separatiste di questo territorio, riconosciuto dalla comunità internazionale come “facente parte dell’Azerbaijan”, sono state costrette a deporre le armi e ad arrendersi.
“Il Governo dell’Armenia, l’ex repubblica sovietica, situata nella regione montuosa del Caucaso, a cavallo tra Asia ed Europa, sta fornendo una sistemazione a tutti coloro che non hanno un posto dove vivere”, hanno dichiarato le autorità armene in un comunicato, aggiungendo che la registrazione dei rifugiati sta continuando e che non si vede la fine dell’esodo. In un’intervista all’agenzia stampa Reuters, il consigliere dell’ex Governo del Karabakh, David Babayan, ha dichiarato che “più di 120.000 abitanti della repubblica autoproclamata, ovvero praticamente l’intera popolazione, hanno manifestato la propria intenzione di abbandonare queste terre una volta per tutte e di trasferirsi in Armenia”.
Nel corso dell’esodo, mentre centinaia di auto erano in fila per fare benzina, distribuita gratis dalle autorità armene, una fortissima esplosione dalle cause ancora ignote ha raso al suolo un deposito che conteneva 100 tonnellate di carburante, uccidendo almeno 20 persone, mentre altre 290 sono state gravemente ustionate e ferite. Alcune decine di persone sono state ricoverate “in condizioni critiche” in un ospedale militare da campo, allestito vicino al luogo della strage dai militari russi.
Intanto a Erevan, la capitale armena, sono proseguite anche martedì le manifestazioni di protesta contro il primo ministro, Nikol Pashinyan, bollato dai manifestanti come “traditore degli interessi nazionali dell’Armenia”. Per il 5 di ottobre a Granada, in Spagna, è stato programmato un incontro al vertice, tra Pashinyan e il presidente dell’Azerbaigian, Ilkham Aliyev. Il summit verrà preparato da due gruppi di esperti armeni e azeri, che sono già arrivati a Bruxelles per le consultazioni, mediate delle autorità dell’Unione europea.