Egitto: zona economica speciale di Suez attira aziende e capitali cinesi

Produzione petrolifera: forte concorrenza tra i Paesi arabi. International Gas Union: nel 2023 la Russia è stata il maggiore Paese-esportatore di gas al mondo.

Walid Gamaleldin

Negli ultimi due anni, la Zona economica speciale del Canale di Suez (Suez Channel Zone, SCZone), creata dal Governo egiziano, ha attratto circa 6 miliardi di dollari di investimenti, di cui il 40% è capitale di origine cinese. Come ha dichiarato in un’intervista all’agenzia di stampa cinese “Xinhua” Walid Gamaleldin, capo dell’agenzia statale che gestisce le attività della zona di Suez, attualmente nella ScZone operano 160 aziende cinesi che producono tra l’altro “fibra di vetro, nuovi materiali da costruzione, attrezzature petrolifere, apparecchi e attrezzature elettriche ad alta e bassa tensione, macchinari tecnologici e altri prodotti molto richiesti nel Medio Oriente, in Africa e nel resto del mondo”.

La realizzazione del progetto della SCZone fu affidata nell’ormai lontano 2008 alla società cinese Teda che è riuscita a sviluppare una vasta area desertica vicino alla località di Ain Sokhna, nel governatorato di Suez, e ha istituito la “China-Egypt Teda Suez Economic and Trade Cooperation Zone”, dopodiché decine di aziende cinesi hanno lanciato le proprie attività produttive e commerciali in questa zona economica speciale.

Negli ultimi tempi i terreni cominciano a scarseggiare e le autorità egiziane hanno avviato un nuovo turno di trattative con la Teda per espandere il suo territorio di altri 3 chilometri quadrati per poter ospitare nuove industrie cinesi.

Osama Hammad

L’afflusso di capitali esteri in Egitto è favorito da una relativa stabilità politica, un fattore fondamentale che manca a molti altri Paesi nordafricani. In Libia la produzione petrolifera è scesa drasticamente, passando da 985.000 barili al giorno (26 agosto) a soli 591.000 barili il 28 agosto. Il calo così drammatico di estrazione di greggio è avvenuto dopo l’annuncio del Consiglio presidenziale riguardo alla decisione di destituire il governatore della Banca centrale libica, Siddiq Kabir, e dell’intero  consiglio di amministrazione. La decisione è stata respinta dallo stesso governatore, dal Parlamento e dall’Alto consiglio di Stato.

In risposta, il cosiddetto “Governo parallelo” con a capo Osama Hammad, che controlla i territori orientali della Libia, ha annunciato l’imposizione di uno stato di “forza maggiore” su tutti i giacimenti petroliferi, porti, istituzioni e strutture, nonché la cessazione momentanea della produzione e delle esportazioni di petrolio. I tre giorni di blocco sono venuti a costare alla Libia più di 120 milioni di dollari.

Come ha scritto l’agenzia statunitense “Oil Price” l’interruzione delle forniture di petrolio dalla Libia ha creato uno stato di incertezza sui mercati globali: dopo l’annuncio le quotazioni di petrolio Brent hanno superato all’inizio della settimana la quota psicologica di 81 dollari al barile, per ritornare venerdì 30 agosto nella fascia 78,9-79,0 dollari al barile.

Invece le esportazioni di petrolio dell’Iraq a luglio hanno superato i 108,05 milioni di barili. Secondo gli ultimi dati, publicati dal ministero delle Finanze iracheno i “proventi della vendita di petrolio nei primi cinque mesi dell’anno – dal gennaio al maggio 2024 –  sono stati pari a circa 41,3 miliardi di dollari. I guadagni dell’Iraq, provenienti dalle esportazioni di petrolio rappresentando quasi il 90% del bilancio di questo Paese arabo.

Infine per quanto riguarda la produzione e l’esportazione di gas naturale dai Paesi Nordafricani e del Medio oriente, nel 2023 l’Algeria si colloca al settimo posto dei maggiori produttori ed esportatori di gas. Come ha scritto nel suo ultimo rapporto l’Unione internazionale del gas (International Gas Union, IGU), intitolato “Global gas report 2024” (si può scaricare il PDF in inglese dal sito di Pluralia), redatto in collaborazione con la società italiana di infrastrutture energetiche Snam e la società indipendente di ricerca e monitoraggio energetico Rystad Energy, lo “scorso anno l’Algeria ha esportato complessivamente 18 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto e 34 miliardi di metri cubi di gas naturale attraverso gasdotti”.

Per quanto riguardo i veri “major” della produzione di gas la Russia si è classificata tradizionalmente prima al mondo, con 139 miliardi di metri cubi di gas esportati nel 2023, seguita dal Qatar (128 miliardi di metri cubi), dagli Stati Uniti (127 miliardi di metri cubi), dalla Norvegia (120 miliardi di metri cubi), dall’Australia (110 miliardi di metri cubi) e dal Canada (53 miliardi di metri cubi).

Per scaricare il rapporto “Global Gas Report 2024” dal sito di Pluralia (PDF in inglese) ecco il link