Elezioni in Iran, Pezeshkian e Jalili vanno al secondo turno

L'affluenza è stata bassa, al 40%, il 5 luglio la scelta tra il riformista e l'ultraconservatore

Il prossimo presidente dell’Iran sarà scelto tra il candidato riformista Massud Pezeshkian e l’ultraconservatore Said Jalili. Questo è quanto annunciato dal ministero dell’Interno di Teheran al termine delle votazioni che si sono tenute il 28 giugno.

“Nessuno dei candidati ha potuto ottenere la maggioranza assoluta dei voti di conseguenza il primo e secondo si sfideranno il 5 luglio”, ha detto il portavoce del servizio elettorale ministeriale. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Tasnim, vicina alle Guardie Rivoluzionarie, poco meno del 40% degli aventi diritto avrebbe effettivamente votato, si tratterebbe il risultato più basso di sempre in Iran. Alle legislative di marzo l’affluenza era stata del 41%, alle presidenziali del 2021, precedente record negativo, del 48%.

Pezeshkian ha ottenuto 10.415.991 voti, pari al 42,45% mentre Jalili, ha ottenuto il 38,61% dei voti con 9.473.298 preferenze, seguono Mohammad Baqer Qalibaf e Mostafa Pourmohammadi, con il 13,78% e lo 0,84% dei voti.

Le elezioni, inizialmente in programma nel 2025, si sono svolte con un anno di anticipo a causa della morte del Presidente Ebrahim Raisi che era deceduto a maggio in un incidente in elecottero mentre viaggiava sulle zone montuose al nord ovest del Paese. Con lui morì anche il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian e altre sei persone.

Ali Khamenei, la Guida Suprema, dopo aver votato in mattinata, aveva esortato ancora  la popolazione a recarsi in massa alle urne, un messaggio ribadito più volte nei giorni precedenti il voto.

Il presidente in Iran ha potere tutto sommato limitati, sostanzialmente applica gli indirizzi politici di massima stabiliti dalla guida suprema, che è il capo dello Stato. L’esito del voto non porterebbe quindi a cambiamenti sostanziali, anche se la vittoria del candidato “riformatore” potrebbe avere il significato di un sondaggio negativo nei confronti dell’attuale guida del Paese.