Domenica 15 ottobre in Polonia i 29 milioni degli aventi diritti al voto, di cui mezzo milione iscritti all’estero, sono stati chiamati alle urne per eleggere i 460 deputati del Parlamento (Sejm, in polacco) e i 100 senatori. La campagna elettorale, definita “apocalittica” dal quotidiano europeo Politico, ha messo sotto i riflettori il braccio di ferro tra il partito “Diritto e Giustizia” (PiS) di Jaroslaw Kaczynski attualmente al potere, e quello “Piattaforma Civica”, guidato da Donald Tusk, ex premier polacco e già presidente del Consiglio europeo.
Stando agli ultimi sondaggi d’opinione il partito “populista” di Kaczynski è in piccolo vantaggio e rischia di avere serie difficoltà a formare un Governo di coalizione, aprendo così la strada all’opposizione di Tusk. Attualmente il partito PiS controlla in Parlamento i 226 seggi.
Una vittoria del PiS potrebbe inasprire a dismisura le tensioni tra Varsavia e Bruxelles. Sia Kaczynski che il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, hanno criticato le politiche migratorie dell’Unione europea e si sono pronunciati a favore di una “considerevole riduzione” degli aiuti all’Ucraina. Dal canto suo la UE ha manifestato preoccupazione per le politiche interne polacche che riguardano la “controversa” riforma del sistema giudiziario e la tutela di una serie di diritti (donne, migranti, stampa).
La speranza di “Piattaforma Civica” di Tusk è quella di ottenere un pareggio con PiS per tentare l’alleanza con “Trzecia Droga” (Terza Via), la coalizione liberale che però rischia di non riuscire a conquistare nemmeno l’8% dei voti favorevoli, la soglia indispensabile per avere seggi in Parlamento. “È il giorno più importante della nostra storia democratica dal 1989”, ha dichiarato Tusk, secondo il quale il popolo polacco deve votare “affinché la Polonia, che è il cuore dell’Europa, rimanga nell’Unione europea”.