La Cina ha annunciato il totale divieto all’import di cibo proveniente da 10 prefetture giapponesi a causa del piano di Tokyo di scaricare nell’oceano le acque trattate dell’impianto nucleare di Fukushima.
Come ha dichiarato un portavoce delle Dogane cinesi, oltre al severo divieto di import, gli specialisti cinesi “passeranno al setaccio” anche i documenti sul cibo, in particolare quelli marini, provenienti da altre parti del Giappone.
Oltre alla Cina, il più grande acquirente di prodotti ittici del Giappone, anche le autorità sudcoreane hanno manifestato perplessità e preoccupazione per la decisione giapponese. Secondo le autorità di Seul “tutto il pesce importato in Corea del Sud da luglio a ottobre 2023 sarà rigorosamente ispezionato come mai prima d’ora per evitare danni alla salute dei cittadini”.
Malgrado le aspre proteste internazionali il piano di riversamento ha ottenuto il via libera dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) perché ritenuto “in linea con gli standard di sicurezza e conforme agli standard globali”.
Il direttore generale dell’Aiea, l’italiano Rafael Grossi, si era recato in Giappone per presentare di persona al primo ministro nipponico, Fumio Kishida, il report secondo il quale “lo scarico dell’acqua trattata avrebbe un impatto radiologico trascurabile sulle persone e sull’ambiente”, ponendo le basi affinché il Giappone prenda una decisione definitiva sul progetto.
Il ministero degli Esteri cinese ha affermato che il rapporto dell’Aiea non può essere utilizzato come “semaforo verde” per il piano di rilascio dell’acqua e ha avvertito di rischi sconosciuti per la salute umana.