L’improvviso attacco del Governo di Rishi Sunak al nuovo progetto congiunto di British Petroleum e della norvegese Equinor: “Produrrà 20 milioni di tonnellate di CO2 all’anno”
Si tratta di una nuova mega centrale elettrica a gas, che il tandem composto della multinazionale British Petroleum (BP) e del monopolio norvegese per la produzione ed esportazione di gas naturale, Equinor (ex Statoil), vuole costruire nel nord-est dell’Inghilterra. Un nuovo studio, elaborato dal Governo britannico, e ripreso dal quotidiano “The Times”, contiene forti critiche del progetto, chiamato “Net Zero Teesside” (NZT Power), individuato da un gruppo di “esperti” non meglio nominati “come responsabile di oltre 20 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio l’anno”, nonostante le promesse di “utilizzare la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) per ridurre le emissioni”.
Gli esperti governativi hanno sottolineato che “questa cifra mette in discussione l’effettiva neutralità carbonica del progetto”, e ciò ha subito sollevato preoccupazioni tra gli ambientalisti, che da tempo chiedono al Governo britannico di revocare l’autorizzazione del progetto e hanno avviato azioni legali per richiedere una revisione della decisione.
Il rapporto governativo è saltato fuori proprio nel momento in cui il monopolio norvegese Equinor si è trovato al centro delle aspre critiche in Europa, me soprattutto oltre all’oceano, per la sua posizione dominante sul mercato del gas naturale del Vecchio Continente. Ieri (il 13 maggio, per chi legge) l’agenzia americana Bloomberg ha pubblicato un articolo inaspettatamente critico che accusa il gigante norvegese del gas di “aver sostituito Gazprom in Europa che di nuovo dipende da un solo fornitore”. Mentre Gazprom russo forniva il 35% di tutto il gas consumato in Europa, attualmente il 30% del mercato è stato conquistato dal monopolista norvegese di oil&gas. Secondo Bloomberg, nel 2023 la Norvegia ha venduto ai consumatori europei due terzi dei 109 miliardi di metri cubi di gas.
Secondo gli analisti, l’improvviso attacco del Governo di Sunak all’gigante norvegese e le aspre critiche di Bloomberg delle politiche di Bruxelles nel campo di approvvigionamenti di energia, siano legate al fatto che gli esportatori statunitensi di gas naturale liquefatto (GNL) stanno perdendo colpi nella competizione con Equinor per il controllo del mercato europeo del gas. Per ridurre gli appetiti di Equinor è stata – un must dei nostri tempi – usata l’agenda “verde”: due dei dieci principali investitori di Equinor sosterranno una risoluzione degli azionisti, che – guarda caso – sarà votata martedì 14 maggio in occasione dell’Assemblea generale annuale della società e che chiederà alla major petrolifera di “allineare la sua strategia agli obiettivi climatici globali”.
Presentata da un gruppo di investitori guidati da Sarasin & Partners, con sede nel Regno Unito, la risoluzione chiede al produttore norvegese di petrolio e gas di specificare in che modo i piani di sviluppo di nuove riserve di petrolio e gas siano coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Storebrand Asset Management e KLP – rispettivamente il 7° e l’8° maggiori azionisti di Equinor – hanno già dichiarato che voteranno a favore della mozione.
Si tratta di una serie di “campanelli d’allarme” per i vertici operativi di Equinor, dopo che gli investitori del più grande produttore di gas australiano, Woodside Energy, hanno respinto come “insufficiente” il piano climatico dell’azienda durante l’Assemblea generale di aprile, mentre gli azionisti di minoranza di Shell in vista dell’Assemblea generale in programma per il 21 maggio prossimo hanno presentato una risoluzione che “esorta l’azienda ad allineare i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio a medio termine con gli obiettivi di Parigi”.