Dei cinque Paesi dell’Unione europea che hanno confini comuni con l’Ucraina, tre – Polonia, Ungheria e Slovacchia – hanno deciso di continuare a bloccare in maniera autonoma le importazioni di grano e di alcuni altri generi alimentari ucraini. La decisione, spiegata all’unisono dai tre Governi con la “necessità di proteggere gli interessi dei produttori agricoli locali”, va contro la risoluzione della Commissione europea che il 15 settembre scorso aveva deciso di revocare le restrizioni sulle importazioni di grano, mais, semi di colza e semi di girasole dall’Ucraina verso i territori di Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania.
In cambio della revoca, Kiev ha accettato di adottare misure volte a prevenire eventuali distorsioni del mercato nei Paesi membri confinanti, nei quali i produttori si erano trovati in difficoltà proprio per via della concorrenza dei prodotti ucraini, prodotti a costi minori e perciò più economici.
Ma queste promesse non sono state sufficienti per convincere Polonia, Ungheria e Slovacchia. Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha dichiarato all’emittente Polskie Radio 24: “Non ascolteremo quel che ci dicono da Bruxelles, né quel che ci dice il capo della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma agiremo esclusivamente nell’interesse del contadino polacco”. Anche il ministero dell’Agricoltura dell’Ungheria, István Nagy, ha dichiarato all’agenzia Balkan Insight: “Andremo avanti per conto nostro per proteggere gli agricoltori ungheresi”. Infine il ministro dell’Agricoltura slovacco, Iosef Biresh, ha dichiarato alla televisione locale Markiza TV che “l’embargo unilaterale entra in vigore nella notte del 16 settembre per non permettere che il grano ucraino ci inondi e colpisca gli interessi finanziari dell’agricoltura del Paese”.