Il prezzo del petrolio vola ancora ai massimi del 2023

Dopo aver limitato l’export petrolifero in sintonia con l’Arabia Saudita e alcuni altri Paesi dell’OPEC+, la Russia mette al bando l’export di benzina e diesel per soddisfare la domanda degli agricoltori, alle prese con un raccolto cerealicolo superiore a 130 milioni di tonnellate di grano.

Continua a salire il prezzo del petrolio, che anche giovedì 28 settembre è rimasto vicino ai livelli record del 2023. Le quotazioni di Brent, il greggio di riferimento del Mare del Nord, dove comincia lo sfruttamento industriale di un nuovo sito petrolifero Rosebank, dopo aver toccato quota 97,67 dollari al barile – il più alto livello mai registrato sin dall’estate del 2022 – è sceso a 95,80 dollari (-0,77%). Anche il West Texas Intermediate (WTI) ha ceduto l’1,2%, scendendo a 92,62 dollari al barile, dopo l’impennata del giorno precedente, che ha visto le quotazioni superare leggermente la quota “psicologica” di 95 dollari al barile.
Principalmente l’aumento è stato scaturito dalle preoccupazioni per le nuove restrizioni nell’offerta globale del greggio da parte dell’OPEC+. L’Arabia Saudita, la Russia e gli altri principali produttori di petrolio mantengono un controllo concordato e disciplinato sull’offerta, contribuendo a sostenere i prezzi elevati. Nel suo ultimo rapporto economico la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) ha scritto che l’attuale accelerazione dell’economia russa in tempo di guerra e di sanzioni “sarebbe stata favorita dagli alti prezzi del petrolio”.
Ma oltre a limitare il proprio export di greggio, Mosca ha anche vietato questo mese le esportazioni di derivati petroliferi come benzina e diesel, per soddisfare la crescente domanda interna, in primo luogo degli agricoltori che si approfittano di un periodo insolitamente caldo per mettere nei bunker i 130 milioni di tonnellate di grano prima dell’inizio delle lunghe piogge autunnali. In settembre a Mosca e San Pietroburgo la temperatura media diurna ha oscillato intorno ai 23-25 gradi centigradi, battendo alcuni record storici, risalenti ancora al 1937.
Ci si aspetta che entro la fine della settimana le quotazioni petrolifere potranno essere trainate ancora al rialzo dai dati sul calo delle scorte negli Stati Uniti, dove l’amministrazione del presidente Joe Biden sta mettendo le mani sulle riserve strategiche per cercare di frenare la corsa dei prezzi al consumo.
Per quel che riguarda i consumi negli anni a venire l’OPEC ha stimato che la domanda di petrolio debba raggiungere il suo punto più alto entro il 2045, con circa 109,8 milioni di barili consumati al giorno. Invece l’agenzia McKinsey ha detto di non essere d’accordo con le stime dell’OPEC: dopo oltre 30 anni di crescita stabile della domanda superiore all’1% annuo, hanno detto gli analisti di McKinsey, la domanda sta rallentando. McKinsey crede che il picco possa essere raggiunto già entro il 2029. Per l’agenzia Bloomberg il picco della domanda di petrolio avverrà ancor prima, entro il 2027. Vale a dire che con molta probabilità a cominciare dal 2030 le dinamiche della domanda e la logica dei prezzi saranno destinati a subire alcuni cambiamenti sostanziali.