Il Paese si ferma dopo l'uccisione di sei ostaggi nelle mani di Hamas dal 7 ottobre 2023, Usa, Egitto e Qatar parlano per un'ultima possibilità di tregua
Israele contro Benjamin Netanyahu: il Paese si ferma e monta la protesta che nelle ultime ore aumenta di intensità dopo che sono stati ritrovati i corpi di sei ostaggi uccisi da Hamas. L’opinione pubblica è sempre più scontenta della gestione della guerra da parte del governo.
Nel Paese è stato proclamato lo sciopero generale: i manifestanti, come riporta l’ANSA, hanno hanno bloccato Ibn Gvirol Street a Tel Aviv e altre vie di comunicazioni nel Paese: la richiesta è quella di chiudere un accordo che porti al rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas
Il sindacato Histadrut, uno dei più influenti in Israele, ha proclamato lo sciopero di un giorno che è iniziato all 6 (ora locale, GMT+3) del 2 settembre. Sono chiusi gli uffici del governo e delle amministrazioni locali, le scuole e anche molte aziende private hanno abbassato le saracinesche. E’ chiuso anche l’aeroporto internazionale Ben Gurion Tel Aviv.
Il 1 settembre nel Paese si erano svolte numerose manifestazioni che avevano portato all’aresto di almeno 30 persone e diversi feriti. I manifestanti, in seguito alle proteste lanciate dai familiari delle sei vittime avevano bloccato l’autostrada Ayalon a Tel Aviv.
Forte anche delle analisi scientifiche che hanno dimostrato che gli ostaggi uccisi erano vivi solo due giorni prima, l’opinione pubblica israeliana è convinta che la colpa sia del premier e dei ministri più estremisti che nel corso delle trattative non hanno ceduto su nulla nonostante ci sino ostaggi israeliani da portare a casa. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera “Hersh Goldberg-Polin, Carmel Gat, Eden Yerushalmi, erano nella lista dei primi a poter tornare a casa, i nomi indicati da Hamas già il 2 luglio”.
Hamas ha a sua volta sottolineato che i sei sono morti perché Netanyahu non ha accettato la tregua mentre il movimento islamista avrebbe dimostrato “flessibilità” come spiega Khalil al-Hayya, vicepresidente dell’Ufficio politico di Hamas, ad Al Jazeera. Il movimento ribadisce che senza il ritiro dai corridoi di Netzarim e Filadelfia non ci sarà un accordo.
Nel frattempo Stati uniti, Egitto e Qatar continuano a discutere per un accordo che, secondo quanto riportano i media internazionali sarà da “prendere o lasciare”.
Israele in ogni caso è diviso anche all’interno del gabinetto di emergenza, se il ministro della Difesa Yoah Gallant ha chiesto una riunione d’emergenza del governo per ribaltare la decisione presa venerdì “Gli altri possono essere ancora riportati a casa”, fino ad ora ha prevalso la linea dei falchi.