L’ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, annuncia: ci sono oltre 1.400 morti e circa 4.000 feriti in Israele per l’attacco micidiale che Hamas ha lanciato il 7 ottobre scorso contro lo Stato ebraico. Le autorità palestinesi rispondono che il tragico bilancio a Gaza sarebbe ancora più pesante: nella Striscia i bombardamenti israeliani sarebbero costati la vita a 2.228 persone, mentre circa 9mila sarebbero state ferite.
Il Comitato di protezione dei giornalisti (CPJ), citato dal quotidiano israeliano Haaretz, ha fatto sapere che nei 9 giorni passati 12 giornalisti sono stati uccisi, mentre altri 2 sono attualmente considerati dispersi. “Il CPJ – ha detto Sherif Mansour coordinatore dell’organizzazione per il Medio Oriente e il Nord Africa – sottolinea che i giornalisti sono civili che fanno un lavoro importante durante tempi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in guerra”.
La situazione per la popolazione civile in Israele e in Palestina diventa sempre più tragica: mentre i missili di Hamas continuano a “bucare” la difesa antiaerea israeliana, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), tramite la sua responsabile delle comunicazioni, Juliette Touma, ha dichiarato che “un milione di persone sono state sfollate durante i primi sette giorni di guerra” tra Hamas (l’organizzazione islamista al potere a Gaza, N.d.R.) e Israele ed è “probabile che la cifra aumenti man mano che la gente continua a lasciare le proprie case”.
L’esercito israeliano ha esortato i residenti del nord del territorio palestinese assediato – circa 1,1 milioni di persone su una popolazione totale di circa 2,4 milioni – a fuggire verso sud, dove Israele ha riaperto domenica le condutture dell’acqua dopo un blocco durato quasi una settimana. L’artiglieria e l’aviazione militare dello Stato ebraico starebbe per colpire il nord di Gaza City per distruggere il centro operativo di Hamas.
Si moltiplicano gli sforzi internazionali per trovare il più presto possibile una soluzione pacifica del cruente conflitto, ma gli Stati Uniti ora dicono di temere un’escalation della guerra tra Israele e Hamas e la prospettiva di un coinvolgimento diretto dell’Iran.
Lo ha detto il Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, in un intervento alla televisione americana CBS, nel corso del quale ha evocato la possibilità di un nuovo fronte di battaglia sul confine tra Israele e Libano: “Non possiamo escludere che l’Iran scelga di impegnarsi direttamente in qualche modo. Dobbiamo prepararci per ogni possibile evenienza”, ha sottolineato Sullivan.
E mentre Israele ammassa le truppe al confine con la Striscia di Gaza, è infatti arrivato il monito anche dell’Iran: “Se i crimini di guerra e il genocidio dell’apartheid israeliano non verranno fermati immediatamente, la situazione potrebbe andare fuori controllo e ripercuotersi su conseguenze di vasta portata”. In un messaggio inviato dall’Iran all’ONU Teheran ha avvertito Israele che “risponderà se proseguirà la sua offensiva di terra nella Striscia di Gaza controllata da Hamas”. Un po’ più tardi le autorità iraniane hanno cambiato tono per annunciare che “l’Iran non entrerà nel conflitto se non sarà attaccato direttamente”.